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Il problema della responsabilità politica nelle ‘reti di regolatori’ indipendenti del mercato

di - 9 Novembre 2012
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Ma, come è stato osservato, il modello regolativo basato sulle autorità indipendenti non esclude a priori che le decisioni assunte da tali autorità siano neutrali sotto il profilo politico[35]. Riprendendo un’affermazione di Schmitt, tratta da “Le categorie del politico”, potremmo dire che “la tecnica è sempre e soltanto strumento ed arma e proprio per il fatto che serve a tutti non è neutrale”[36]. Non solo, ma ripensando alle riflessioni di Marver H. Bernstein formulate in un suo scritto del 1955, “Regulating Business by Independent Commissions”, laddove cita “Policy and Administration” di Paul H. Appleby, “tenere fuori le cose dalla politica significa tenerle fuori dal controllo popolare. Questo è uno strumento usato di frequente dai gruppi che sono portatori di interessi speciali per condizionare il trasferimento del potere esecutivo portandolo lontano dal grande pubblico e vicino al più piccolo pubblico dei soggetti interessati”[37]. Le affermazioni di Schmitt e di Bernstein sollecitano, nel tempo, una ‘libera’ riflessione sulla responsabilità politica delle a.i.r.[38] La questione della responsabilità politica delle autorità, anche alla luce dei recenti accadimenti, non pare più liquidabile e/o riducibile alla sola regolamentazione giuridica del procedimento deliberativo adottabile dalle a.i.r.[39]
Le trasformazioni sociali ed economiche avvenute nell’ultimo decennio, nonché il ruolo assunto dalle a.i.r. all’interno e all’esterno degli ordinamenti statuali, svelano, se mai fosse stato celato, che il problema della responsabilità politica delle a.i.r. è strettamente legato alla declinazione della sovranità. Negli ordinamenti democratici la responsabilità politica rinvia al luogo in cui la sovranità è mediata, vale a dire al Parlamento e al Governo, nella misura stabilita dalla forma di governo adottata. Ma, comunque, ad organi che rispondono ad una concezione della sovranità ancora formalmente inquadrata nel ‘principio democratico’.
Viene da chiedersi, allora, se l’assenza di responsabilità politica nell’operato delle a.i.r., pur potendo tali organi esercitare anche poteri sostanzialmente politici, possa essere colmata con il loro inquadramento tra le ‘autorità amministrative’, il formale rispetto del principio di legalità, la sindacabilità degli atti adottati. La realtà dei fatti pone non pochi dubbi in merito.

4.    Frammentazione della sovranità, unificazione del mercato: l’istituzione delle ‘reti di regolatori’ indipendenti
Il problema, si potrebbe obiettare, è più ampio e riguarda, più in generale, l’effettività del diritto anche in ambiti non presidiati dalle a.i.r. Un problema, quello dell’effettività, legato alla trasformazione della sovranità statale che, per effetto di esigenze primariamente economiche, di unificazione del mercato, si frammenta, a vari livelli, in organi di natura più o meno tecnica, più o meno politica, più o meno istituzionali, fino ad arrivare a riemergere in forma di governance piuttosto che di government. Ma, per dirla alla Bernstein, le decisioni delle autorità di regolazione ricadono quasi sempre non soltanto sul gruppo più piccolo, quello legato agli interessi speciali, ma anche sull’intera comunità dei cittadini di uno Stato o di un metastato, come nel caso dell’Unione europea. E quando tali decisioni non tutelano efficacemente quegli interessi costituzionali che giustificano l’esercizio dei poteri regolativi, cosa accade? Interviene il government, vale a dire i Governi nazionali e, per mezzo di essi, i poteri politici che sono legittimati ad intervenire dalle rispettive Costituzioni statali. E gli effetti dei provvedimenti adottati legittimamente da quegli organi ricadono su tutti i cittadini.
Un’ultima riflessione riguarda l’oggetto della regolazione. Nel modello tedesco la regolazione è, per così dire, ‘orizzontale’ o ‘trasversale’ concepita in funzione del ‘mercato’, eccetto che per la Bundesbank. Nell’ordinamento nazionale, invece, la regolazione è tendenzialmente ‘settoriale’ o ‘verticale’. Le a.i.r. sono distinte in base al settore di competenza esclusa, evidentemente, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato e, forse, anche la neonata, ma non ancora operativa, Autorità dei trasporti.
In entrambi i casi, tuttavia, non vi è omogeneità funzionale tra i settori oggetto di regolazione poiché la dimensione dei poteri di regolazione si modificano in relazione alla declinazione della sovranità. Ad esempio, la ‘cessione’ della sovranità monetaria ha inciso sulle funzioni esercitate dalla Banca d’Italia in relazione alla politica monetaria e ne ha modificato l’assetto istituzionale in qualità di organo di vigilanza del sistema bancario e finanziario nazionale. In altri settori, in cui tale cessione non è – ancora – avvenuta, come, ad esempio, nel caso della vigilanza del mercato finanziario, i poteri e i compiti dell’autorità si sono estesi con l’accadere di crisi finanziarie in seguito alle quali sia il legislatore nazionale sia il legislatore europeo sono intervenuti sugli assetti istituzionali della vigilanza prima rafforzando la cooperazione tra le autorità di vigilanza nazionali e, poi, istituendo, come noto, dal 1° gennaio 2011, un Sistema europeo di vigilanza finanziaria[40]. Il modello delle ‘reti di regolatori’ è stato adottato anche in altri settori come è, ad esempio, per il Body of European Regulators for Electronic Communications (Berec) e l’Agency for the Cooperation of Energy Regulators (Acer)[41]. Network di regolatori diversi per inquadramento giuridico, poteri, funzioni. C’è chi intravede nella costruzione di una rete di a.i.r. un segno di debole ‘statualità’ del diritto; chi, invece, una proiezione delle autorità statali di regolazione nell’ordinamento comunitario[42]. L’adozione dell’uno o dell’altro modello dipenderà molto da come le autorità di regolazione europee useranno i poteri e perseguiranno i compiti ad esse affidati dal legislatore europeo. Certo è che in una dimensione metastatale, come quella europea, si fa ancora più rilevante la questione della responsabilità politica delle a.i.r.
Se già nell’ordinamento nazionale, la rinuncia alla legittimazione democratica poteva dar adito a dubbi di costituzionalità sull’istituzione di a.i.r.[43], la creazione di ‘reti di a.i.r.’ pone l’accento sul potenziale definitivo distacco tra ordine dei fini/mezzi, bisogni della persona umana e organizzazione del mercato. Come suggerisce Supiot, in suo recente libro[44], occorrerebbe ritornare allo spirito della Dichiarazione di Filadelfia del 1944, in cui il mercato è al servizio dei principi di dignità umana e di giustizia sociale. Principi sui quali è fondata anche la nostra Carta costituzionale.

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Testo, parzialmente riveduto, con l’aggiunta di minimi riferimenti bibliografici, della relazione tenuta il 29 maggio 2012 nel Seminario su “La regolazione del mercato” presso l’Università degli Studi di Firenze

Note

35.  Cfr. G. C. Pinelli, in Forum di Quaderni Costituzionali: “La domanda autorevolmente posta da G. U. Rescigno circa l’effettivo esercizio o meno da parte delle Autorità indipendenti di poteri oggettivamente politici (ancorché formalmente non qualificati come tali) non può che trovare, almeno per il caso in questione, una risposta affermativa”.

36.  V., C. Schmitt, 1972, p. 178.

37.  V., M. H. Bernstein, 1955, p. 73.

38.  Per un approfondimento sui vari significati che possono essere dati al concetto di “responsabilità politica” si v., ancora, diffusamente, G. C. Pinelli che segnala come opera di riferimento sulla responsabilità politica G. U. Rescigno, La responsabilità politica, Milano, Giuffrè, 1967, pp. 45 e ss.

39.  V., A. Police, 2009, specie il § 5: “Generalmente si ritiene che, tutto sommato, queste particolari figure non pongano seri problemi di legittimità costituzionale, proprio perché il deficit democratico che le caratterizza verrebbe “compensato” dal procedimento amministrativo. Si afferma, infatti, che i procedimenti di loro competenza, essendo caratterizzati da una accentuata articolazione, dalla garanzia del pieno contraddittorio, scritto ed orale, con i soggetti interessati e da una forte esaltazione del principio di difesa (spesso sulla base di moduli così detti paragiurisdizionali), sopperiscono alla assenza di legittimazione democratica delle Autorità medesime. Ebbene, una tale giustificazione non appare affatto condivisibile, né dal punto di vista teorico né dal punto di vista degli effetti pratici che produce”.

40.  Per questi aspetti mi si consenta di rinviare a F. Zatti, 2012.

41.  Si rinvia per un approfondimento a P. Bilancia, 2012.

42.  Cfr. L. Torchia, 2012.

43.  V., tra gli altri, G. De Minico, 2012; G. Grasso, 2006; M. Cuniberti, 2002.

44.  Cfr. A. Supiot, 2011.

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