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Prime note sulle misure di liberalizzazione introdotte dal decreto legge n. 1/2012 in tema di compenso delle professioni regolamentate

di - 16 Ottobre 2012
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Il giudice europeo rileva che le restrizioni alla libertà di stabilimento nonché alla libera prestazione di servizi, di cui rispettivamente agli artt. 43 CE e 49 CE, sono costituite da misure che vietano, ostacolano o scoraggiano l’esercizio di tali libertà [43]. La nozione di restrizione comprende le misure adottate da uno Stato membro che, per quanto indistintamente applicabili, pregiudichino l’accesso al mercato per gli operatori economici di altri Stati membri[44].
La Corte ritiene che l’esistenza di una restrizione non può essere desunta dal solo fatto che altri Stati applichino regole meno severe, nè dalla mera circostanza che gli avvocati stabiliti in altri Stati membri per il calcolo degli onorari per le prestazioni fornite in Italia debbano adeguarsi al sistema di tariffazione italiano, poichè una restrizione esiste “se detti avvocati sono privati della possibilità di penetrare nel mercato dello Stato membro ospitante in condizioni di concorrenza normali ed efficaci”. Alla luce di tali considerazioni, la Corte conclude per l’insussistenza della restrizione lamentata poiché tale effetto o scopo limitativo “non è stato dimostrato” nel caso concreto.
Infatti, la Commissione non è riuscita a dimostrare che la normativa in discussione è concepita in modo da pregiudicare l’accesso, in condizioni di concorrenza normali ed efficaci, al mercato italiano dei servizi professionali. I giudici europei ritengono la normativa italiana sugli onorari degli avvocati caratterizzata da una flessibilità tale da permettere un corretto compenso per qualsiasi tipo di prestazione. E sostengono tale conclusione argomentando che gli onorari possono essere aumentati fino al doppio delle tariffe massime applicabili, per cause di particolare importanza, complessità o difficoltà, o fino al quadruplo per quelle che rivestono una straordinaria importanza, o anche oltre in caso di sproporzione manifesta, alla luce delle circostanze nel caso di specie, tra le prestazioni dell’avvocato e le tariffe massime previste; in diverse situazioni, è consentito agli avvocati concludere un accordo speciale con il cliente al fine di fissare l’importo degli onorari.

7. L’asimmetria informativa e le ragioni di tutela del consumatore.
Nella sentenza in esame la Corte di Giustizia esclude che la disciplina dei compensi professionali (nel sistema riformato nel 2006) rappresenti una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi. Nella motivazione, pertanto, non emerge alcuna valutazione in ordine ai profili di eventuale giustificabilità[45] delle norme controverse, di cui, invece, si rinvengono tracce nell’iter del contenzioso.
Giova evidenziare che la Commissione nel corso della causa pone in risalto lo stretto collegamento tra previsione normativa dei limiti massimi degli onorari dei legali e le ragioni di protezione dei consumatori evidenziandone la fonte ispiratrice nei provvedimenti dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato italiana.
Anche l’Avvocato generale nelle sue conclusioni[46] rileva il ruolo moderatore che la tariffa può svolgere a tutela dei cittadini nell’impedire la fissazione di onorari eccessivi e consentire di conoscere in anticipo le spese legate ai servizi forniti dagli avvocati, tenuto conto, in particolare, dell’asimmetria di informazioni tra avvocati e clienti, caratteristica del mercato dei servizi professionali che, tra le altre, ha sorretto l’esigenza di una regolamentazione delle professioni.
Come illustrato già nella prima indagine conoscitiva sugli Ordini e Collegi professionali effettuata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato[47] nel 1997 il riferimento alle cc.dd. asimmetrie informative è utile ad evidenziare che il professionista conosce il valore delle proprie prestazioni che hanno una natura particolarmente tecnica; invece, in genere, il consumatore è incapace di valutarne l’adeguatezza rispetto alle proprie esigenze per difetto di informazioni e cognizioni. L’asimmetria informativa si verifica ex ante, nella fase di specificazione della domanda indirizzata al professionista, quando il cliente non riesce nemmeno a identificare con precisione il tipo di prestazione che lo spinge a rivolgersi al professionista nè, quindi, a misurare le possibili competenze dello stesso nella soluzione del problema sia ex-post, nella fase di valutazione della attività professionale, quando il cliente non è in grado di identificare le caratteristiche principali della prestazione in concreto ottenuta e la loro reale qualità[48].
Per il consumatore il rischio connesso a tale dislivello informativo e conoscitivo è quello di subire una “selezione avversa” tra servizi di differente qualità, aggravato dalla circostanza che le attività professionali producono un impatto su rilevanti beni giuridici come la salute, l’amministrazione della giustizia ecc.. Nella predetta indagine sul mercato dei servizi professionali a tal riguardo si rileva che l’erogazione delle prestazioni delle professioni liberali non esaurisce i suoi effetti tra i soggetti protagonisti del rapporto giuridico di volta in volta posto in essere ma produce “esternalità positive” che riguardano l’intera collettività (per esempio il medico cura il paziente ma presidia la tutela della salute, l’avvocato difende il proprio cliente ma contribuisce al funzionamento della giustizia ecc.) [49]. In tali casi gli interessi del cliente di ricevere un servizio di qualità adeguata e della collettività che subisce gli effetti esterni positivi di quella prestazione coincidono e contribuiscono entrambi a determinare il valore sociale della prestazione professionale. Da questo punto di vista, la regolamentazione (anche di stampo deontologico) gioca un ruolo essenziale in quanto è orientata affinchè le prestazioni professionali siano volte al perseguimento dell’interesse del cliente e, di conseguenza, per quanto già detto al benessere della collettività nel suo insieme. Tuttavia, sia a livello comunitario che nazionale si sottolinea che per colmare il “deficit conoscitivo” tra cliente e professionista risultano giustificate soltanto le regole deontologiche che tendono ad assicurare la qualità della prestazione professionale, ossia ad introdurre uno “standard” minimo, per cui non possa essere svolto un servizio di qualità inferiore a quello fissato, come la regola dell’esame di stato per selezionare in base alla capacità attitudinali e tecniche, gli aspiranti all’esercizio di una data professione e non altre, come quelle relative a prezzo e pubblicità, che invece sono considerate variabili a disposizione del cliente – consumatore per massimizzare le proprie utilità[50].

Note

43.  Cfr. Punto 46 della sentenza ove sono indicati i seguenti riferimenti giurisprudenziali:sentenze 15 gennaio 2002, causa C- 439/99, Commissione/Italia, Racc. pag. I-305, punto 22; 5 ottobre 2004, causa C- 442/02, CaixaBank France, Racc. pag. I- 8961, punto 11; 30 marzo 2006, causa C- 451/03, Servizi Ausiliari Dottori Commercialisti, Racc. pag. I-2941, punto 31, e 4 dicembre 2008, causa C-330/07, Jobra, Racc. pag. I-9099, punto 19. Sul tema cfr. Lazzara P., Concorrenza e Codici deontologici nel diritto comunitario, in Foro amm.: C.d.S., 2002.

44.  Cfr. in particolare, sentenze CaixaBank France, cit., punto 12, e 28 aprile 2009, causa C-518/06, Commissione/Italia, Racc. pag. I-3491, punto 64.

45.  Cfr. punto 35 sentenza della Corte 30 novembre 1995 – Gebhard contro consiglio dell’ordine degli avvocati e procuratori di Milano in cui si legge che l’accesso ad alcune attività autonome e il loro esercizio possono essere subordinati al rispetto di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative, giustificate dal pubblico interesse, come le norme in tema di organizzazione, di qualificazione di deontologia, di controllo e di responsabilità. Tali disposizioni possono prevedere, in particolare che l’esercizio di un’attività specifica sia riservato, a seconda dei casi, ai soggetti titolari di un diploma, certificato o altro titolo(…). Più in generale i provvedimenti nazionali che possono ostacolare o scoraggiare l’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal trattato sono quattro: essi devono applicarsi in modo non discriminatorio, essere giustificati da motivi imperativi di interesse pubblico, essere idonei a garantire il conseguimento dalla scopo perseguito e non andare oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo.(punto 37).

46.  Cfr. punto 34

47.  Cfr. AUTORITA GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO, IC 15, Provv. n. 5400 settore degli ordini e collegi professionali, 9 ottobre 1997, in part. Capitolo II. L’indagine ha al tempo stesso aperto la strada ad una stagione di cambiamenti nel mercato dei servizi professionali. Sulle ragioni della puntuale regolamentazione del settore professionale a livello comunitario cfr. PATERSON I., FINK M., OGUS A., ET AL., L’impatto economico della regolamentazione nel settore delle professioni liberali in diversi stati moderni. Studio realizzato per la commissione europea, DG Concorrenza, gennaio 2003.

48.  Cfr. Capitolo 2 “la regolamentazione dei servizi professionali- analisi economica”, 26 ss. In rapporto al grado di incertezza della domanda e dunque alla gravità dell’asimmetria informativa si delineano tre diverse categorie di servizi professionali: quando l’incertezza e massima e riguarda sia le competenze del professionista che l’identificazione della prestazione richiesta (credence goods); quando l’incertezza ex ante puo essere elevata ma il consumatore ex post puo realizzare una qualche forma di controllo facendo riferimento a precedenti esperienze di consumo o a servizi ricevuti da altri consumatori); quando l’incertezza del cliente consumatore e scarsa (search goods) e quindi e in grado valutare il mercato dei servizi professionali in cui opera. Gli stessi rilievi si rinvengono in COMMISSIONE DELLE COMUNITA’ EUROPEE, Comunicazione della Commissione Relazione sulla concorrenza nei servizi professionali, Bruxelles, 2004, COM (2004) 83 def., 10; e Comunicazione della Commissione – I servizi professionali, proseguire la riforma, Relazione sulla concorrenza nei servizi professionali, Bruxelles, 2005, COM (2005) 405 def.

49.  Tale aspetto emerge, tra l’altro, nella giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee che nel passato recente ha posto in evidenza le caratteristiche peculiari della professione di farmacista e la funzione delle regole deontologiche che giustificano le particolari restrizioni al regime di proprietà delle farmacie in ragione delle caratteristiche del prodotto “farmaco” e dello scopo perseguito ovvero l’approvvigionamento sicuro di medicinali a tutela della salute. Cfr. sentenza Corte di Giust. 29 maggio 2009 causa 531/06.

50.  Cfr. CARBONE S.M., MUNARI F., La tutela dell’Utente tra deontologia professionale e disciplina della concorrenza, in ZATTI P., Le fonti di autodisciplina. Tutela del consumatore, del risparmiatore, dell’utente, Cedam, Padova, 1996, 91 ss..Cfr. Indagine, cit., 31-32.Capitolo 2 e 48 e altresì Comunicazione 2004, cit. 10.

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