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Riforme costituzionali e principi in tema di sfera pubblica e di interessi privati

di - 1 Agosto 2012
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Si tratta anche di vedere se è mutata la tecnica di scrittura delle disposizioni in tema di diritto costituzionale e se sia ancora possibile enunciare principi valutativi in grado di orientare l’interpretazione giuridica negli anni futuri proprio con riferimento al delicato sviluppo dell’economia e della libertà di iniziativa. Quel che è certo e che non sono più proponibili criteri rigorosamente imperativi adottati in altre epoche, quando si riteneva che bastasse prevedere organi di governo dell’economia che avrebbero consentito la progressiva diffusione della nuova etica sociale sotto la guida dei grandi partiti di massa. Questo non significa che nelle costituzioni contemporanee si possa scrivere che il valore nettamente prevalente sugli altri è ormai lo sviluppo delle banche, indipendenti rispetto a ogni potere statale e sovranazionale, e quello di un’illimitata libertà delle imprese private di fronte al potere politico. Si impone piuttosto l’esigenza di testimoniare valori costituzionali comuni, ricorrendo a clausole aperte, a enunciazioni di valore che presuppongono una sensibilità politica e giuridica dell’interprete fondata sull’esigenza di un impegno sociale comune degli Stati europei. L’affermazione che le costituzioni sono entità viventi create dagli uomini e mantenute da una serie di efficienti garanzie significa inoltre che è fondamentale per la loro sopravvivenza l’impegno di tutti i membri dell’ordine giuridico e non solo quello degli organi statali e internazionali.
Un noto giurista tedesco, Peter Häberle, ha ribadito che le enunciazioni contenute nei testi normativi rappresentano formulazioni che non sarebbero comprensibili senza far riferimento ad altri testi, non esclusivamente normativi, che ci aiutino a interpretare il significato dei grandi fenomeni giuridici e storici del nostro tempo, a cominciare dal processo di integrazione europea. Tale constatazione, che vale a smitizzare la concezione esclusivamente normativa del diritto costituzionale, può solo significare che le costituzioni sono espressione della cultura costituzionale e politica di un popolo e che anche la modificabilità dei testi costituzionali non può non incontrare dei limiti impliciti in questa cultura. Il successo avuto da questo Autore nella letteratura giuridica del nostro tempo, non solo nel suo Paese, sta a dimostrare come sia indispensabile oggi avere un’idea del diritto costituzionale più aperta, meno formalistica e meno condizionata dagli orientamenti dei governi, come da parte degli organismi sovranazionali.
Ciò che sembra affascinare i nostri politici, così come gli osservatori stranieri e le organizzazioni sovranazionali, per non parlare degli interessi privati che gestiscono il potere finanziario, è l’idea che la stessa norma costituzionale possa essere concepita come un comando che si imporrebbe a tutti i soggetti, ai privati come agli enti pubblici, agli operatori economici come alle autorità indipendenti, senza che siano rilevanti le loro convinzioni, e persino le idee politiche o le tradizioni nazionali. Il carattere cogente della norma costituzionale imporrebbe a tutti di allinearsi non solo alle decisioni degli organi europei, comprese quelle delle corti, ma agli orientamenti economici e finanziari che assicurano il rispetto dei diritti delle imprese multinazionali e del mercato globale. Contro questa vera e propria minaccia ai principi dello Stato democratico e costituzionale e dello Stato sociale, ai giuristi resta il compito di riaffermare una concezione sana e vitale del diritto costituzionale dei singoli Stati, meno formalistica, più attenta alle effettive esigenze di tutela dei cittadini, aperta ad uno sviluppo economico e sociale adeguato ai tempi e alle esigenze di tutela degli interessi privati e pubblici.
I dubbi maggiori riguardano proprio l’obiettivo contrasto tra la concezione valutativa che ispira le singole enunciazioni delle proposte di revisione costituzionale e quei principi che sono enunciati nella nostra Costituzione e che sembrano tuttora condivisi dalla maggioranza dei cittadini. Probabilmente durante questa legislatura, a prescindere dalla non secondaria riforma della disciplina costituzionale del bilancio dello Stato, non si parlerà più del disegno di legge n. 4144 presentato il 7 marzo 2011 alla Camera dei deputati, che riguarda principalmente la libertà di iniziativa economica privata e i rapporti delle imprese con le amministrazioni pubbliche, anche se assume una portata costituzionale molto più ampia. E’ comunque il caso di accennare ad alcuni dei problemi giuridici posti da quelle proposte di revisione costituzionale che avrebbero eventualmente potuto contribuire all’instaurarsi di una nuova “costituzione economica”, forse quella dell’auspicata “seconda repubblica”, ovvero, come afferma la relazione del Presidente del Consiglio dei Ministri allora in carica, condurre in porto una riforma costituzionale che “intende collocarsi nell’ambito dell’indirizzo culturale e legislativo già tracciato dal diritto dell’Unione europea“.
L’art. 81 della costituzione, nuova versione, sembra diretto ad stabilire che lo Stato, attraverso il bilancio, assicura “l’equilibrio tra le entrate e le spese tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico“, senza chiarire peraltro le conseguenza dell’eventuale mancato equilibrio, né gli strumenti di controllo e senza precisare chi possa comminare le relative sanzioni. Il comma 6 del nuovo articolo 81 rinvia oltretutto l’indicazione dei principi secondo cui sarà valutata la legge annua di approvazione del bilancio, che dovrà essere deliberata con la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna camera, ad una futura legge costituzionale. Anche con riferimento a tale innovazione restano da chiarire i rapporti tra i controlli interni di costituzionalità della legge di bilancio ed eventuali vincoli comunitari. L’art. 1 del disegno di legge 4144, che prevede poi la nuova formulazione dell’art. 41, fa riferimento sia all’iniziativa privata che all’insieme dell’attività economica imprenditoriale, con l’aggiunta di una nuova enunciazione, secondo cui quando si tratti di attività privata “è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge“, espressione quest’ultima che fa sorgere dei dubbi sui limiti della affermata preminenza degli interessi privati in campo economico rispetto ad ogni tipo di interesse pubblico, a cominciare da quelli della sicurezza e della salute pubblica, per non parlare dell’ambiente e del patrimonio culturale.

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