Imposta come home page     Aggiungi ai preferiti

 

Riforme costituzionali e principi in tema di sfera pubblica e di interessi privati

di - 1 Agosto 2012
      Stampa Stampa      

Il primo problema che pone tale complesso di interventi del legislatore costituzionale sul testo della Costituzione italiana riguarda l’ammissibilità di un progetto complessivo di ritocchi della Costituzione, tendente a raggiungere, con la tecnica del taglia e incolla, l’obiettivo di riscrivere i principi in tema di rapporti tra privato e pubblico in una prospettiva completamente diversa da quella contenuta nel testo di partenza. Il problema è di contenuti della potestà di revisione della costituzione, che da un lato viene utilizzata per riscrivere uno dei punti centrali e caratterizzanti di ogni ordine costituzionale, quello diretto a fissare la linea di confine tra pubblico e privato, dall’altro viene sottoposta a sollecitazioni, accelerazioni e talora persino contingentamento dei tempi, come se si trattasse di interventi soltanto tecnici sulla formulazione delle disposizioni costituzionali in tema di economia e di imprese. Si tratta invece di un progetto che, stabilendo una nuova gerarchia di valori costituzionali, incide sull’intera struttura della costituzione italiana, che, in linea di principio, legittima vari tipi di intervento pubblico in materia economica. Questo disegno investe lo stesso contenuto essenziale della Costituzione, quel nucleo centrale di valori che storicamente e teoricamente distingue la nostra Costituzione da gran parte delle costituzioni vigenti.
La materia dell’economia non può seguire percorsi nettamente separati dal resto della Costituzione, compresa quella parte che riguarda l’organizzazione politica, perché i principi dell’ordine costituzionale sono gli stessi per tutte le sue parti. La distinzione tra sfera pubblica e attività economica privata rappresenta il presupposto della concezione dello Stato sociale, del principio di solidarietà che regola la convivenza e che è avvertito dalla maggioranza dei cittadini come il perno intorno al quale ruota l’intero equilibrio costituzionale. Nel disegno che è alla base delle diverse proposte presentate dal governo si tratterebbe di testimoniare il trionfo del principio del libero mercato, rispetto a ogni tentativo di intervento dei poteri pubblici, dichiarando espressamente, attraverso la semplice revisione di alcuni articoli della Costituzione, che non é più consentito alcun intervento dei poteri dello Stato o degli enti pubblici al fine di porre dei limiti alle attività imprenditoriali. Si tratterebbe di sancire in forma solenne i limiti della politica rispetto alla libertà delle imprese e del libero mercato, constatando che le costituzioni moderne non sarebbero più in grado di dettare principi in tema di economia, ma solo di aprire le porte ad ogni forma di iniziativa privata da qualsiasi parte provenga. Codificando l’assenza di freni e congegni di intervento da parte dei poteri pubblici nei confronti delle imprese private, si proclamerebbe l’avvento di una nuova cultura del privato, che in realtà è ben lontana dall’aver assunto i contorni istituzionali affermati dalla relazione governativa che accompagna uno dei disegni di legge costituzionale e che insiste nel fare riferimento alla costituzione europea. Quella dell’economia sarebbe una materia talmente complessa e ribelle ad ogni regola giuridica da sconsigliare i poteri dello Stato e ogni ente pubblico dal porre dei limiti politici alle iniziative imprenditoriali. Va sottolineato in proposito che una presa di posizione così accentuatamente liberista è del tutto inadeguata alle esigenze costituzionali e di crescita del Paese, proprio in un momento di estrema incertezza del potere politico, che dovrebbe essere in grado di porre freno alla speculazione privata per arginare la crisi dell’economia europea.
Non sono mancate in passato in Europa costituzioni scritte che hanno affrontato i temi dell’economia, del lavoro e dello sviluppo sociale e che si sono proposte di indicare i principi costitutivi di un nuovo ordine costituzionale, dalle costituzioni ispirate ai principi del socialismo reale o a quelli della socialdemocrazia; merita in particolare di essere ricordata la sfortunata costituzione di Weimar, che pure ha rappresentato per il costituente italiano del 1946-47 un importante modello di riferimento sul modo in cui affrontare i temi dell’economia, del lavoro e dello sviluppo sociale. La costituzione repubblicana del nostro Paese ha enunciato obiettivi economici e stabilito principi di solidarietà sociale, fissando i compiti della Repubblica, che hanno trovato un limitato riscontro nella prassi e nella legislazione e un’eco nella giurisprudenza costituzionale.
E’ appena il caso di osservare in proposito che la scrittura dei testi costituzionali non si improvvisa, e che occorre una reale conoscenza dei problemi sociali, economici e tecnici, per dettare delle disposizioni costituzionali di principio in tema di economia e di lavoro. La cosiddetta “costituzione economica” si inserisce infatti nel quadro dei valori costitutivi dell’ordine giuridico esistente, rappresentando un insieme di orientamenti diretti a tradursi in disposizioni volte ad assicurare nuovi equilibri economici e finanziari, in vista delle esigenze di promovimento sociale e di effettiva eguaglianza tra i cittadini (Cfr. G. Bianco). Affermare espressamente perciò la preferenza per il privato o per un sistema finanziario che si fondi sulla moltiplicazione dei capitali, indipendentemente dalle dinamiche del lavoro e della produzione dei beni, esprime un tentativo di alterare il quadro dei valori costituzionali della Repubblica che contribuirebbe ad alimentare il grave disorientamento attualmente esistente in tema di rapporti tra sfera pubblica e diritti privati. Quello che occorre ribadire è che la Costituzione si fonda sul riconoscimento di valori costituzionali unitari prima di tutto da parte della collettività e sull’esigenza di garantire, attraverso la scrittura, il mantenimento di una cultura etica, giuridica e politica.
Più specifici interrogativi pongono le proposte di inserimento nel contesto delle costituzioni europee del secondo dopoguerra di clausole sull’integrazione sovranazionale e di nuove enunciazioni che tendono a ridurre gli interventi dei poteri pubblici nell’economia. Il processo di integrazione politica e economica europea potrebbe costituire in effetti un’occasione irripetibile per ciascuno Stato membro dell’Unione e per ciascuna collettività nazionale di interrogarsi sui principi supremi del proprio ordinamento, non soltanto per trarne l’affrettata conclusione che le esperienze costituzionali delle singole nazioni europee non possano reggere all’impatto dei nuovi principi costituzionali che animano le istituzioni europee e la giurisprudenza delle Corti europee. E’ anche il caso di pensare che le costituzioni europee possano richiedere in futuro adattamenti e revisioni che le pongano in linea con gli sviluppi del diritto costituzionale europeo; ma la dottrina costituzionale dei singoli Paesi non può esimersi dal denunciare le minacce al principio dello Stato di diritto, del principio democratico e dello Stato sociale: essa è chiamata piuttosto a interrogarsi con maggiore profondità su quanto è davvero venuto meno con riferimento ai massimi principi della tradizione democratica, sociale e liberale europea.

Pagine: 1 2 3 4 5 6 7 8


RICERCA

RICERCA AVANZATA


ApertaContrada.it Via Arenula, 29 – 00186 Roma – Tel: + 39 06 6990561 - Fax: +39 06 699191011 – Direttore Responsabile Filippo Satta - informativa privacy