La liberalizzazione delle attività economiche*

*Osservazioni a conclusione delle Giornate di studio su “La liberalizzazione delle attività economiche”, Università degli Studi Roma TRE – Facoltà di Economia “Federico Caffè”, 24 febbraio – 2 marzo 2012

Le giornate di studio hanno offerto spunti convergenti ed omogenei sul tema anche se, al contempo, sono state sollevate numerose e complesse questioni, non sempre di facile coordinamento. L’idea di svolgere questi approfondimenti si deve al Prof. Alberto Romano che da tempo ha chiesto al nostro gruppo di lavoro uno studio su questi argomenti, a partire dalla direttiva sui servizi nel mercato interno (2006/123 CE). La convergenza su questi temi da parte del Master sulla tutela dei consumatori e della Direttrice, Prof.ssa Rossi Carleo, ha dato un ulteriore spinta all’iniziativa.

1. È risultata evidente l’idea di liberalizzazione: il cittadino, vissuto in contesti di protezione amministrativa (di “cittadinanza amministrativa”) è spinto, sempre più, verso il “mercato”, anche nell’ambito di quelle attività tradizionalmente soggette a regolazione e vigilanza amministrativa o rispetto ai servizi di interesse economico generale; deve fare ricorso sempre di più alle facoltà ed alle possibilità che attengono alla sfera dell’autonomia privata ed alle relazioni negoziali, piuttosto che “cullarsi” dietro la sua cittadinanza con la connessa protezione pubblicistico-sociale. Si può rimarcare quindi che il processo di liberalizzazione, complessivamente considerato, spinge verso la riduzione (drastica) dell’ordinamento amministrativo, con riferimento a tutte le sue componenti soggettive ed oggettive e muta la posizione dell’utente da cittadino a consumatore o cliente.
Preoccupa, in questo senso, la perdita delle garanzie e delle prestazioni amministrative che sebbene poco efficienti o di qualità non sempre elevata, appaiono confortanti rispetto alla gestione completamente privata o privatistica, per la naturale propensione di quest’ultima alla realizzazione del massimo profitto. Corrispondentemente sono accresciute le garanzie dell’ordinamento generale fondate su diritti e obblighi di matrice prevalentemente privatistico-contrattuale (si pensi alle c.d. class action); le liberalizzazioni determinano perciò lo spostamento sul piano dell’ordinamento civile di rapporti precedentemente articolati nell’ambito amministrativo; l’esempio delle tariffe è emblematico: aboliti i corrispettivi minimi inderogabili, il legislatore impone maggiore informazione negoziale e maggiore trasparenza nelle trattative, con l’obbligo di fornire al cliente un preventivo. È chiaro che venendo meno il riferimento confortante alla gestione amministrativa o al regime amministrato (si pensi alle concessioni per le farmacie) nasce l’esigenza di un rafforzamento del piano delle garanzie contrattuali. Questo processo, a cui assistiamo da più di vent’anni, di riduzione dell’ordinamento amministrativo a favore dell’ordinamento generale, si traduce in grossa parte nel portato della disciplina civilistica sulla tutela del consumatore, sulla qualità nei servizi pubblici e nei servizi professionali.
Liberalizzare e semplificare significa quindi ridimensionare fortemente il ruolo della pubblica amministrazione (in senso soggettivo ed oggettivo), con tutto il fascio di interessi che ad essa sono affidati; ma qui sta il punto: il timore che interessi pubblici ed indifferenziati possano subire grave pregiudizio nelle dinamiche della concorrenza e nell’ambito dell’ordinamento generale. Le preoccupazioni del passaggio dal sistema delle regole e delle garanzie di tipo amministrativo alle logiche del contratto e del mercato caratterizzano questa legislazione non priva, perciò, di ambiguità, contraddizioni e repentine retromarce; l’esempio dei farmaci è emblematico della difficoltà di segnare un confine tra le medicine liberamente commerciabili e quelle ancora sottratte a questo regime. Tale sorta di schizofrenia legislativa non soltanto tradisce la preoccupazione per alcuni interessi pubblici particolarmente “sensibili” e rilevanti (salute, ambiente, ordine pubblico, ecc.), ma si lega anche alla circostanza che lo stesso ordinamento generale non di rado presuppone, richiama ed utilizza i sistemi degli ordinamenti amministrativi c.d. “sezionali” (si pensi al regime della professione ed alle relative particolari responsabilità, alle regole del commercio e delle attività economiche in genere). In questo senso la scomposizione del sistema è particolarmente difficile dal momento che la legislazione ora avversa soluzioni amministrative e non concorrenziali, ora presuppone lo stesso sistema della regolazione amministrativa.

2. Sul piano degli equilibri istituzionali il processo di liberalizzazione determina una marcata riduzione delle autonomie ad opera della legge; sono interessate le autonomie c.d. funzionali, come ad esempio gli ordini professionali, le autonomie territoriali che si vedono ridotta significativamente la competenza sulla regolazione delle relative attività, sempre in virtù della competenza statale sulla “tutela della concorrenza”.
L’autonomia privata, parimenti, è significativamente interessata da questo processo, nel senso che il legislatore interviene sull’assetto contrattuale attraverso regole cogenti, imponendo, generalmente, un più elevato livello di informazione nelle trattative e nel contratto, accresciute responsabilità rispetto al cliente consumatore, azioni giurisdizionali particolarmente agevoli e sistemi semplificati di reclamo. La regola della concorrenza, in tal caso, comporta la correzione dell’autonomia contrattuale, in una logica antitrust che viene però imposta per legge. Gli interventi legislativi intervengono in tal caso sulle spontanee dinamiche di mercato incidendo sui rapporti di forza contrattuale, nell’ambito delle relazioni negoziali non paritarie (ad es. nella vendita dei giornali, dei carburanti, nei contratti assicurativi, nell’autotrasporto, nelle clausole vessatore, ecc.).

3. Notevole è il ruolo assegnato al Governo nei processi di smantellamento dell’ordinamento amministrativo.
Il meccanismo prioritariamente richiamato è quello del regolamento di delegificazione. L’effetto abrogativo delle limitazioni all’accesso alle attività economiche è demandato ad un regolamento governativo: va rimarcata, al riguardo, la consapevolezza in ordine alla necessità di puntuale e specifica individuazione dei requisiti e delle condizioni abrogate non potendo le clausole generali di legge, accompagnate peraltro da un’ampia serie di materie escluse, sortire alcun effetto immediatamente precettivo.
Ruolo centrale è attribuito al Governo anche in chiave di poteri sostitutivi ex art. 120 Cost. Ciò presuppone – è bene sottolinearlo – che il dovere di liberalizzare gli ambiti amministrativi spetta in prima battuta alle Istituzioni competenti, sotto minaccia di sostituzione governativa. Con riferimento agli atti non statali il testo originario del D.L. 1/2012 attribuiva al Governo la titolarità del potere sostitutivo, previo procedimento di infrazione, nei confronti delle regioni e degli enti locali che dovessero mantenere in vita o adottare normative in contrasto con il principio della libertà di iniziativa economica. In sede di conversione la disposizione è stata in parte ridimensionata; si attribuisce adesso al Governo il compito di raccogliere le segnalazioni con cui le autorità indipendenti denunciano restrizioni alla concorrenza e impedimenti al corretto funzionamento dei mercati, in modo da predisporre iniziative di coordinamento amministrativo e normativo, in attuazione degli articoli 41, 117, 120 e 127 della Costituzione. Il permanente richiamo all’articolo 120 Cost. sembra confermare la possibilità di sostituzione del Governo agli enti territoriali inadempienti.

4. Questo particolare ruolo affidato al Governo è sorretto dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato che svolge, da questo punto di vista, compiti istruttori e di sollecitazione. La stessa autorità antitrust è legittimata ad impugnare tutti gli atti amministrativi lesivi delle regole di concorrenza; ciò significa che rispetto ai poteri del governo l’Antitrust è organo propulsivo e strumentale laddove, invece, con riferimento agli atti amministrativi l’Autorità stessa, in virtù della legittimazione straordinaria, può esercitare azioni di impugnazione e di annullamento.
Dal primo punto di vista si può richiamare il parere obbligatorio da rendere sui regolamenti di delegificazione del Governo; l’Autorità suggerisce così i contenuti delle disposizioni abrogative, ponendosi al centro del processo di riforma, nella prospettiva della liberalizzazione.
Meritevole di menzione è poi la previsione che affida all’Autorità garante della concorrenza e del mercato la competenza in materia di clausole vessatorie; spetta ad essa dichiarare, su denuncia degli interessati, il carattere vessatorio di una clausola contenuta in un contratto dei consumatori.

5. Non mancano nelle recenti manovre interventi sui beni pubblici mossi dall’esigenza di restituire al mercato e alle transazioni economiche determinati asset precedentemente considerati di interesse pubblico. In particolare, si spinge verso lo scorporo di alcune grandi reti di trasporto dell’energia dalla proprietà del soggetto (ex monopolista pubblico) gestore. Questa attenzione verso i beni non sorprende affatto essendo il patrimonio immobiliare pubblico (o quasi-pubblico) da sempre considerato come fonte per il reperimento delle risorse finanziarie dello Stato così come entità bisognosa di entrare nel circuito economico-produttivo.

6. Ritengo, in conclusione, che le ultime manovre abbiano compiuto un significativo salto di qualità nella “tecnica” legislativa di “liberalizzazione” delle attività economiche. Non soltanto esse spingono verso la semplificazione dell’azione amministrativa, ma incidono, esplicitamente, sulle condizioni sostanziali che regolano l’accesso e lo svolgimento delle attività economiche di interesse generale. La legislazione incide direttamente sull’autonomia privata, sugli ambiti delle autonomie territoriali e funzionali in virtù della corrispondente estensione della “tutela della concorrenza”. A ciò si collega il ruolo centrale affidato al Governo incaricato di modificare il quadro legislativo attraverso regolamenti di delegificazione e di intervenire nei confronti degli enti autonomi che non dovessero adeguarsi alle linee della riforma. Meccanismo che si completa con la possibilità di attivare i poteri sostitutivi di quell’articolo 120 della Costituzione, sia a danno degli enti pubblici territoriali sia a danno degli ordini professionali e di altri enti autonomi. I meccanismi prefigurati mirano ad un radicale mutamento del rapporto autorità-libertà nell’ambito delle attività economiche di interesse generale e prevedono articolati sistemi di enforcement volti, prima ancora che ad attuare le riforme, a modificare il quadro normativo di livello primario e secondario.