Convegno sulla liberalizzazione delle attività economiche – Relazione su servizi pubblici e trasporti*

*Rielaborazione dell’intervento svolto al convegno “La liberalizzazione delle attività economiche”, Università degli Studi Roma TRE – Facoltà di Economia “Federico Caffè”, 2 Marzo 2012.

È indubbia l’assoluta rilevanza del fenomeno “trasporto” nell’ambito della società civile: da qui l’altrettanto assoluta rilevanza della sua regolamentazione giuridica.
In tal senso e a mero titolo esemplificativo giova ricordare che la stessa Costituzione all’art. 16 fissa il principio della libertà di circolazione (prima parte della Costituzione e quindi diritti fondamentali del cittadino). Pertanto, l’organizzazione di mezzi e beni al fine di esercitare un’attività di trasporto di persone ha valenza costituzionale e assume una valenza profondamente collettiva.
In tale ottica, appare, ictu oculi, la rilevanza di quella forma di trasporto in cui si sostanzia la FERROVIA che da sempre ha svolto e continua a svolgere un ruolo fortemente sociale nel rendere quotidianamente possibile il collegamento tra diverse parti del Paese.
Passando quindi alla regolamentazione giuridica dell’attività di trasporto via ferrovia, assistiamo negli ultimi 15 anni – ma come vedremo a breve in misura determinante in questo ultimo periodo –  ad un profondo mutamento denso di significati:

– Processo di privatizzazione e di liberalizzazione che ha portato sia alla societarizzazione del soggetto erogatore del servizio di trasporto che all’apertura dei mercati ferroviari nazionali.

– Con la L. 32/92 la trasformazione dell’ente pubblico in SpA ma permane il regime concessorio con lo Stato in ragione di un’ancora asserita valenza di natura di servizio pubblico essenziale rivestita dal trasporto ferroviario annoverato dalla L. 146/90 tra quelli svolti in regime di concessione e con concorso economico dello Stato in quanto servizio diretto  a garantire il godimento dei diritti della persona costituzionalmente tutelati alla vita, alla salute, alla sicurezza ed alla libertà di circolazione.

– Con gli anni ‘90 e la riforma comunitaria del mercato ferroviario si à determinata una graduale apertura dei mercati nazionali ed è stato introdotto un regime concorrenziale. Ciò anche al fine (i) di favorire il trasporto su ferro per l’evidente minimo impatto ambientale, (ii) normalizzare i rapporti con lo Stato introducendo forme trasparenti di finanziamento degli obblighi di servizio pubblico, (iii) conseguire l’autonomia gestionale delle IF dai pubblici poteri e (iv) realizzare la separazione tra il gestore della rete e le IF. In tal senso, la direttiva 91/440 (D.P.R. 277/98) e le direttive 18 e 19 del 1995 (D.P.R. 146/99) attraverso le quali si passa da un regime di natura “concessorio”ad un vero e proprio regime concorrenziale ed aperto sul mercato ovverosia un regime “autorizzatorio” per quanto riguarda il mercato internazionale: 2 titoli abilitativi per esercitare il ruolo di IF nell’ambito degli Stati membri (i) il possesso di una licenza ferroviaria che ciascun stato membro deve rilasciare al richiedente sulla base della dimostrazione del possesso dei requisiti (onorabilità, professionalità, capacità finanziaria, copertura assicurativa, materiale rotabile) e (ii) l’acquisto di una quota di capacità infrastrutturale.

– Con le direttive 12, 13 e 14 del 2001 (poi attuate con il d.lgs. 188/03 in Italia) è stato esteso il regime di licenza ferroviaria anche ai servizi ferroviari nazionali ed è stato previsto il principio dell’accesso equo e non discriminatorio per l’accesso alla rete. Con l’art. 5 della D.L. 70/2000 la licenza anche per il nazionale, così abrogando il regime concessorio di cui al D.L. 333/92. È quindi del 23 maggio 2000 la licenza che il MIT rilascia alla neocostituita Trenitalia S.p.A. Con l’art. 131 della L. 388/2000 viene introdotto il principio di reciprocità. Rimane fuori dagli obblighi comunitari la liberalizzazione del trasporto regionale e locale. Con il d.lgs. 422/97 lo Stato ha trasferito alle Regioni la competenza ad affidare in regime di concessione il servizio previo espletamento di procedura ad evidenza pubblica (c.d. concorrenza per il mercato).

Appare quindi evidente che il su richiamato excursus normativo che ha portato nell’arco di un breve periodo – specie se si pensa alla più che secolare storia delle FS – ad un profondo e radicale cambiamento ha visto la società Trenitalia S.p.A. repentinamente scendere nell’arena del mercato per affrontare la concorrenza: lo Stato passa da gestore a soggetto che effettua meri controlli e interviene per regolamentare ovvero anche per gestire laddove solo si ritiene che sussistano alcuni servizi ancora rispondenti alla logica del “servizio pubblico”: in tal caso lo Stato interviene perfezionando un c.d. Contratto di Servizio con l’impresa di trasporto ferroviario che riceve – i.e., dovrebbe ricevere – una compensazione dallo Stato per l’espletamento dei c.d. obblighi di servizio pubblico.
Venendo ai giorni nostri, assistiamo ad una decisa ed incalzante ripresa del processo di liberalizzazione in questa prima fase (i c.d. primi 100 giorni) del governo Monti. Ciò costituisce motivo di fiducia affinché si venga a creare un contesto di effettiva sana, equa, equilibrata ed efficiente competizione.
Il c.d. decreto liberalizzazioni (Decreto Legge 24 gennaio 2012, n. 1) attualmente in fase di conversione, contiene misure volte, da un lato, a creare i migliori presupposti per un contesto competitivo attraverso la prossima costituzione della c.d. Authority dei Trasporti[1] che dovrà sovrintendere e vigilare proprio al fine di far sì che la concorrenza nel settore dei trasporti si sviluppi in modo equo, non discriminatorio e, dunque, corretto; dall’altro, detto decreto apparentemente apre alla concorrenza (ancorché c.d. per il mercato e non nel mercato) il settore c.d. del T.P.L. (trasporto pubblico locale) fissando il principio delle gare per l’affidamento dei relativi servizi ed introducendo anche un incentivo di natura apparentemente economica per quelle Regioni che dovessero accelerare detto processo di apertura ad un potenziale mercato.

Ebbene, senza voler entrare, in questa sede, nel merito delle iniziative adottate dal Governo, l’auspicio è che la prosecuzione del processo di liberalizzazione possa sempre di più essere accompagnato anche da un parallelo processo di assimilazione dell’impresa a capitale pubblico (i.e., Trenitalia del Gruppo FSI) all’impresa a capitale privato: infatti solo permettendo all’impresa pubblica di competere ad armi pari si sarà effettivamente creato un contesto di vera, sana ed utile concorrenza.
Al riguardo, si intende fare esplicito riferimento a quello statuto speciale della società a capitale pubblico e che, come noto, si declina in una serie di obblighi e di lacci e lacciuoli che, non v’è chi non veda, nuocciono proprio alla formazione di quel tanto agognato sviluppo di contesto competitivo: in particolare, ma non solo: (i) l’obbligo di soggiacere al codice dei contratti pubblici (gare) [la ratio della norma comunitaria che assoggetta all’obbligo di gara le imprese pubbliche nei settori speciali è da ravvisare nel fatto che si tratta storicamente di (ex) monopolisti nello specifico settore. Pertanto rispetto a quei settori la necessità di tutelare la concorrenza nasce dalla circostanza che gli appaltatori possono (o meglio potevano) “lavorare” solo con quei monopolisti e non con altri]; (ii) l’assoggettamento – ancorché apparentemente in via di parziale superamento – alla giurisdizione della Corte dei Conti; (iii) l’assoggettamento alla vigilanza dell’AVCP; (iv) le speciali procedure per la ricapitalizzazione anche quando l’intervento volto a dotare la società di nuova liquidità sia dettato esclusivamente dall’esigenza di avviare nuovi investimenti con capacità di generare ritorno e valore per la società; (v) la miglior visione di asset allocation all’interno del Gruppo rispetto alla tematica relativa all’esatta perimetrazione delle c.d. essential facilities ; (vi) la gestione del servizio c.d. universale laddove le autorità sia nazionali che comunitarie spesso intravedono rischi di c.d. cross subsidy, ancorché a ben guardare la vera storia del Gruppo FS è, al contrario, caratterizzata dal servizio a mercato che, di fatto, finanzia il claudicante servizio Universale.
Ebbene, soprattutto quando un soggetto (o meglio un’impresa) pubblica opera in un contesto pienamente concorrenziale (come per esempio in questa fase storica, nell’ambito del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, è Trenitalia) la libertà di impresa (valore espressamente sancito dalla Costituzione) è la migliore garanzia della tutela dell’erario in termini di gestione efficiente, efficace e adeguatamente remunerativa delle risorse pubbliche.
Ed infatti solo permettendo all’impresa pubblica di operare ad armi pari con i diretti competitors privati se ne consente la sopravvivenza sul mercato e, quindi, il mantenimento di un valore economico che fa capo all’intera collettività; anzi, così ragionando e operando, si infonde nell’impresa pubblica quella carica che, per diverse e antiche anche se deprecabili ragioni, è stata sempre o quasi appannaggio di un certo modo di fare impresa privata.
Peraltro, una pregiudiziale negativa sulla libertà di impresa delle imprese pubbliche è del tutto sconosciuta al diritto comunitario.
Intanto perché – come sembra emergere anche dalla recente sentenza dell’Adunanza Plenaria, la n. 16/2011[2], che ha ritenuto “estraneo” al Codice dei Contratti Pubblici l’appalto affidato da ENI S.p.A. per la vigilanza dei propri uffici – la ratio della norma comunitaria che assoggetta all’obbligo di gara le imprese pubbliche nei settori speciali è, come ricordato, da ravvisare nel fatto che si tratta storicamente di (ex) monopolisti nello specifico settore.
Ne consegue che, laddove l’appalto non sia strumentale al settore in cui l’impresa pubblica esercita il proprio monopolio, non c’è necessità di tutelare la concorrenza (e non c’è obbligo di gara), o, per meglio dire, tale necessità è ampiamente superata dal “mercato”, perché l’appaltatore ha di fronte a sé una molteplicità di potenziali committenti che rendono quanto meno superfluo (per non dire dannoso laddove riferito ad uno solo dei competitor sul mercato) l’obbligo di gara.
Così, utilizzando l’esempio di ENI, laddove l’appalto non riguardi l’attività di prospezione ed estrazione di petrolio, ma la vigilanza o, potremmo dire, la pubblicità, la cartoleria ecc. non c’è un mercato chiuso cui imporre l’apertura alla concorrenza mediante l’obbligo di gara.
Che sia questa la ratio dell’obbligo di gara per le imprese pubbliche operanti nei settori speciali è soprattutto dimostrato dalla previsione dell’art. 30 della Direttiva 17/2004/CE (art. 219 del d.lgs. 163/2006), che declina le modalità di esenzione dalla disciplina dei pubblici appalti a fronte dell’affermarsi di un mercato liberamente accessibile ed esposto alla concorrenza.
Da un’attenta analisi relativa all’andamento dei principali mercati su cui opera Trenitalia, risulta che, sia il trasporto merci che il trasporto passeggeri a media e lunga percorrenza, siano attualmente caratterizzati dall’esistenza di una vivace concorrenza intermodale, oltre che dalla presenza di nuovi e qualificati operatori concorrenti, sia attuali che potenziali.
In punto di fatto, vale osservare che sono, ad oggi, numerosi gli operatori di trasporto ferroviario merci alternativi a Trenitalia: ben 25 imprese ferroviarie concorrenti, alcune delle quali collegate ad importanti gruppi riconducibili ad incumbent di altri paesi europei, quali la tedesca Deutsche Bahn (Nord Cargo e Railion) o la francese SNCF. Sul fronte del trasporto passeggeri a media e lunga percorrenza, sono già attivi operatori controllati da incumbent di altri paesi (DB-OBB) ed un nuovo operatore – partecipato dalla francese SNCF – entrerà a brevissimo sull’appetibile mercato dell’alta velocità.
Pertanto, sussistendo i presupposti previsti dal menzionato art. 30 per richiedere ed ottenere l’esonero dall’applicazione delle disposizioni europee e nazionali in materia di contratti pubblici, Trenitalia ha avviato tutte attività prodromiche necessarie per l’invio di una richiesta di esonero alla Commissione europea ai sensi dell’art. 30, par. 1, della direttiva 2004/17/CE.

I riscontri sino ad ora ottenuti dagli stakeholders istituzionali a livello nazionale (AGCM, AVCP e URSF[3]) offrono positivi segnali di apertura sul fronte del buon esito dell’iniziativa, considerati i corposi e rilevanti elementi fattuali portati al vaglio delle autorità interessate.
Peraltro, nel contesto sopra delineato, il conseguimento dell’obiettivo di superare la rigida applicazione della normativa in materia di appalti pubblici, ponendo – in tal senso – Trenitalia al medesimo livello competitivo degli operatori concorrenti (sulle tratte maggiormente remunerative), comporterebbe senza dubbio una spinta positiva per il settore interessato e per il relativo indotto, senza in alcun modo gravare sul bilancio dello Stato, bensì “autofinanziandosi” grazie ad una sana, competitiva ed efficiente gestione dell’impresa pubblica. La maggiore flessibilità nell’approvvigionamento sui mercati non può, infatti, che costituire un’occasione di crescita per i soggetti coinvolti così dando un contributo di rilievo ad un recupero di produttività e ad un rilancio della crescita economica del Paese ancorché in un contesto generale critico.
Si pensi, ad es., all’approvvigionamento dei servizi di ristorazione a bordo treno piuttosto che ai servizi di pulizia ovvero anche al tema dei temi, ovvero l’acquisto dei treni ad alta velocità.
Si tratta di esigenze primarie che l’imprenditore del trasporto ferroviario deve poter soddisfare nel migliore dei modi e nei tempi più ristretti possibili.
Bene, non v’è chi non veda come l’imporre ad un solo competitor (Trenitalia) il rispetto di determinate regole e di determinati vincoli lasciando, al contempo, ampia manovra d’azione ad altri competitor (i privati) produce inammissibili asimmetrie a discapito dell’operatore pubblico, con l’ulteriore effetto discorsivo ed irresponsabile di un uso inefficiente delle risorse pubbliche.
Vale la pena, al riguardo, ricordare il caso della gara per l’acquisto di 50 convogli AV che, a seguito di regolare espletamento di procedura ad evidenza pubblica, ha generato da parte dell’operatore economico secondo classificato una reazione giudiziale durata oltre un anno con forte aggravio di costi e di ritardi nell’esecuzione della commessa, ritardi a totale ed esclusivo e inammissibile (ma tant’è!) vantaggio del competitor privato.
Peraltro, come verificabile anche nell’ambito del c.d. libro Verde in materia di appalti pubblici, i costi di gara sono elevati e, pertanto, laddove la stessa non necessita, per ragioni di mercato aperto alla concorrenza e liberamente accessibile, si tratterebbe di maggiori costi da iscriversi esclusivamente nell’alveo di una, di nuovo, inammissibile asimmetria a discapito del settore pubblico: quanto di più errato specie in un momento storico caratterizzato dalla impellente necessità di rilanciare l’economia e con essa il settore pubblico?
In un contesto finanziario ed economico, oltre che sociale, fortemente caratterizzato da una non più sostenibile stasi e stagnazione produttiva, è dunque arrivato il momento di dare un impulso ad un uso sempre più imprenditorialmente orientato delle (ancorché scarse) risorse pubbliche a disposizione; la vera sfida, oggi che il settore è pienamente liberalizzato (servizio passeggeri internazionale, servizio passeggeri nazionale M/L e, con le ultime novità del c.d. decreto liberalizzazioni, anche il servizio locale) è vedere in che misura venga effettivamente reso appetibile e dunque anche contendibile il c.d. servizio universale: infatti, ad oggi, il mercato del trasporto ferroviario in Italia è, di fatto, stato sfruttato solo nella remunerativa fascia dell’AV ed in certe fasce del trasporto merci (il c.d. deprecabile cherry picking). Mentre il Regolamento O.S.P. (Obblighi di Servizio Pubblico)  (1370/2007) chiaramente definisce tali obblighi quali quelli che un imprenditore ordinario non gestirebbe laddove avesse a riferimento – come deve avere una SpA – il perseguimento del solo profitto, non si comprende per quale (distorta e scellerata) ragione detti obblighi di servizio pubblico non debbano trovare anche essi una modalità di gestione più “equa” (ad es. si potrebbe pensare all’introduzione di un contributo a carico dell’operatore di trasporto che svolge solo il servizio AV e che sia da destinare allo Stato al fine di finanziare il Servizio Universale ovvero, come accade in Inghilterra, l’introduzione della previsione che contempla l’obbligo, per  l’operatore che valuta di gestire tratte remunerative, di gestire anche le tratte meno remunerative che insistono nella medesima area regionale).
Tali considerazioni assumono ancor più rilievo alla luce della norma introdotta dall’art. 59 della L. 99/2009 che prevede che “Lo svolgimento di servizi ferroviari passeggeri in ambito nazionale, ivi compresa la parte di servizi internazionali svolta sul territorio italiano, può essere soggetto a limitazioni nel diritto di far salire e scendere passeggeri in stazioni situate lungo il percorso del servizio, nei casi in cui il loro esercizio possa compromettere l’equilibrio economico di un contratto di servizio pubblico in termini di redditività”. Dunque, viene affermato il principio della tutela del servizio pubblico (i.e. suo equilibrio economico e finanziario) che va a contemperare il principio dell’apertura del mercato del trasporto ferroviario.
Da ultimo, è bene fare un accenno al tema della separazione della Rete rispetto al resto del Gruppo FSI. Al riguardo, le esperienze visibili e giudicabili ad oggi sono eloquenti: basti osservare quanto accaduto sia in Inghilterra che in Svezia dove non solo il servizio è complessivamente peggiorato in termini qualitativi e si sono impennati i costi sia di gestione che, ovviamente, per il consumatore, ma, inoltre, sono di fatto anche scomparsi anche i c.d. campioni nazionali nel settore della produzione del material rotabile. Insomma, il modello tedesco (i.e., il modello del c.d. “Gruppo Integrato”) pare essere quello più solido. Inoltre con un Authority di regolazione del settore effettivamente tale e di imminente operatività, non si intravedono rischi di sorta alcuna. Peraltro, ad oggi, è stato raggiunto un livello di separazione della Rete che si attesta al terzo (su quattro) livello: (i)separazione contabile, (ii) separazione societaria e (iii) separazione della funzione sensibile della rete rispetto alla attività di direzione e coordinamento non esercitabile dall’azionista FSI.

Note

1.  I cui principali compiti paiono, allo stato, essere quelli di:
a) garantire l’accesso equo e non discriminatorio alle infrastrutture e alle reti autostradali, ferroviarie, aeroportuali, portuali e alla mobilità urbana collegata a stazioni, aeroporti e porti;
b) definire, se ritenuto necessario in relazione alle condizioni di concorrenza esistenti nei singoli mercati dei servizi di trasporto nazionali e locali, i criteri per la fissazione da parte dei oggetti competenti delle tariffe, dei canoni e dei pedaggi;
c) stabilire le condizioni minime di qualità dei servizi di trasporto sovvenzionati o soggetti ad oneri di servizio pubblico;
d) definire il contenuto minimo dei diritti, anche di natura risarcitoria, che gli utenti possono esigere nei confronti dei gestori dei servizi e dell’infrastruttura;
e) definire gli schemi di bandi di gara per l’assegnazione dei servizi di trasporto in esclusiva e delle convenzioni da inserire nei capitolati delle gare. Per il trasporto ferroviario regionale l’Autorità verifica che la disponibilità del materiale rotabile non costituisca un requisito per la partecipazione o fattore di discriminazione tra i partecipanti. L’impresa ha diciotto mesi di tempo dall’aggiudicazione per l’acquisizione del materiale rotabile necessario per lo svolgimento del servizio;
f) definire, nei confronti dell’infrastruttura ferroviaria, i criteri per la determinazione dei pedaggi e i criteri di assegnazione delle tracce e vigila sulla loro corretta applicazione da parte del gestore dell’infrastruttura;
g) per il settore del trasporto ferroviario definisce, sentiti il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, le Regioni e gli Enti locali gli ambiti del servizio pubblico e le modalità di finanziamento. L’Autorità, inoltre, trascorso un congruo periodo di tempo redige una relazione per il Governo ed il Parlamento sull’efficienza del grado di separazione tra impresa e gestore dell’infrastruttura.

2.  Gli appalti c.d. estranei quali quegli appalti aggiudicati dagli enti aggiudicatori dei settori speciali per fini diversi dall’esercizio delle attività nei settori speciali (art. 20 direttiva 17 del 2004): cfr pag. 28 dell’Ad Plen del Cons. St. richiamata: in tal caso non trova applicazione neanche l’art. 27 del codice degli appalti

3.  In particolare, l’AGCM con parere reso al MIT ha evidenziato quanto segue: da un punto di vista normativo il settore del trasporto ferroviario è stato oggetto di una normativa comunitaria complessa ed articolata “per pacchetti”  e recepita, quanto al primo pacchetto, sin dal d.p.r. 277/98 e in particolare col D.Lgs 188/2003 e smi. Inoltre la l. 59/99 attraverso la quale è stato recepito il principio della liberalizzazione del trasporto passeggeri internazionale (mentre il trasporto passeggeri nazionale ed il trasporto merci da tempo godono di un regime di pieno e libero accesso, fatto salvo per il trasporto regionale per il quale è prevista la possibilità di affidamento diretto alla impresa Trenitalia). Per quanto riguarda il requisito dell’attività esposta alla concorrenza l’AGCM evidenzia come nel settore merci sussistano 25 imprese e che le stesse sono talora collegate a incumbent europei, oltre a dover considerare la concorrenza intermodale del trasporto su gomme: quanto al trasporto passeggeri sulla Roma/Milano esiste la pressione competitiva esercitata dal trasporto aereo  e nella media e lunga percorrenza, esistono diversi competitor sia attuali che prospettici (NTV). L’AVCP conferma che si tratta di un mercato liberamente accessibile (ad esclusione di quello relativo al TPL). Sul fronte del trasporto merci l’AVCP afferma che “la richiesta dell’istante appare supportata da un effettivo grado di diretta esposizione alla concorrenza e da un mercato liberamente accessibile”. Anche nel settore del trasporto passeggeri esiste l’apertura ancorché, fuori dall’AV, esiste il tema della interferenza con i CdS con le Regioni. In ogni caso laddove detti CdS prevedano sistemi di separazione contabile, gli stessi non dovrebbero essere di impedimento all’istanza ex art. 30. L’URSF ha avuto modo di affermare che “i servizi di trasporto ferroviario sono effettivamente – e non solo potenzialmente – esposti alla concorrenza e che il mercato è liberamente accessibile alle IF”. Conclude l’URSF affermando che “sembra pertanto opportuno consentire parità di pratiche a tutti gli operatori, compreso l’incumbent Trenitalia il quale, potendo seguire le medesime regole privatistiche dei suoi competitor eviterebbe pregiudizievoli e ingiustificate asimmetrie operative, che rendono l’attività dell’IF stessa meno efficiente, con ricadute positive per il bilancio pubblico”.