L’incontro di ApertaContrada sull’Art. 41 Cost.

Il 28 febbraio, presso la sede della rivista ApertaContrada, si è svolto un incontro informale con liberi interventi di giuristi, economisti e personalità del mondo economico sull’art. 41 della Costituzione, sulla scia del dibattito pubblicato che ha avuto luogo sulla rivista.
E’ bene che si discuta di diritto per i problemi italiani. Si è scelto l‘art. 41 perché costituisce l’articolo fondante del rapporto tra diritto ed economia; ci siamo quindi interrogati se costituisca un limite, un ostacolo, uno stimolo allo sviluppo.
Pubblichiamo il resoconto dell’incontro redatto da Fulvio Costantino.

Il dibattito ha seguito tre percorsi di riflessione: il ruolo dell’art. 41 Cost. nel contesto europeo; un’indagine sulla sua importanza e attualità; la sua riforma nel quadro delle riforme per lo sviluppo dell’economia.

L’art. 41 nella prospettiva europea: l’art.41 Cost. va letto oggi alla luce del diritto europeo. E’ evidenziabile un contrasto di prospettiva tra l’ordinamento nazionale e quello sovranazionale. L’aggregazione europea federale ha il proprio fondamento nel mercato, nella concorrenza e più in particolare nella correzione del mercato in funzione della concorrenza, così che la regolazione e le autorità amministrative indipendenti sono funzionali a questi obiettivi; con una diversa scelta, nella redazione dell’art. 41 il legislatore costituente italiano. ha concentrato la sua attenzione sull’ipotesi della pianificazione economica. Secondo altra prospettiva, al modello dirigistico nazionale si contrappone invece un modello europeo di economia sociale di mercato, la cui base è nell’economia di mercato, ma in cui l’azione pubblica deve supplire alle insufficienze del mercato.
Sembrerebbe possibile quindi un ambito di applicazione autonomo dell’art. 41 Cost. solo negli interstizi lasciati liberi dall’applicazione del diritto federale europeo, come in ogni ordinamento federale. Quindi l’articolo, secondo questa prospettiva, andrebbe più che modificato, interpretato.
Il diritto europeo non ha sinora richiesto una riforma dell’art. 41 Cost. Anche in altri ordinamenti è avvenuto lo stesso: ad esempio in Germania, dove pure si sono succedute diverse riforme costituzionali, ed egualmente incide il diritto europeo, non vi è stata modifica della Costituzione economica.
Un’analisi di dettaglio del diritto europeo evidenzia che in quell’ordinamento, orientato a realizzare un sistema di libero scambio, il principio di concorrenza è stato introdotto di recente e applicato con grande prudenza (prima di Nizza non vi era riferimento, ed era enunciato solo per il riparto delle competenze), anzitutto dalla giurisprudenza europea per difendere l’ordinamento dalla possibilità di sindacati esterni da parte delle corti costituzionali statali che fossero state intenzionate a far valere la libertà d’impresa nella sua valenza di diritto fondamentale. Se si è ammesso il sindacato sulla base del principio di concorrenza, esso non ha condotto all’annullamento di atti comunitari.
Anche il tentativo di introdurre il principio della libera iniziativa economica negli anni ottanta e novanta è fallito a causa del révirement della giurisprudenza inizialmente favorevole alla sua attuazione e a causa della sua applicazione molto prudente.
Da ultimo, l’ordinamento europeo non indirizza così chiaramente, come si suol credere, il pendolo pubblico/privato verso il versante privato.
Il richiamo effettuato all’ordinamento comunitario come vincolo esterno risulta in conclusione rischioso, sotto diversi profili. Esso viene  usato pretestuosamente, per ragioni di comodo,  ma soprattutto pone un problema di garanzia del sistema costituzionale, in quanto nei settori regolamentati operano Autorità indipendenti provviste di poteri decisori e normativi, che agiscono in network sulla base dei principi comunitari sotto il controllo della  Commissione. L’interlocuzione è puramente amministrativa, e atti amministrativi hanno un ruolo di normazione. Questo processo decisionale è fuori dalle garanzie dei sistemi costituzionali, e attualmente sottoposto al solo controllo di legittimità del giudice

L’importanza e l’attualità dell’articolo 41:
Evoluzione. Nel nostro ordinamento, a differenza di altri, la libertà economica non è un diritto fondamentale, e l’art. 41 Cost. non enuncia la concorrenza.
In sede di lavori preparatori non c’è stata una convergenza sul valore della concorrenza; al contrario, emerge una sostanziale sfiducia, che ha condotto ad immaginare un modello di economia mista, ma al tempo stesso ha anche impedito l’intervento statale totale.
L’art. 41 Cost. non ha costituito un ostacolo alle riforme, anche di segno opposto. Non ad una prospettiva di efficienza dinamica della concorrenza, dal momento che, come nell’ art. 101 Trattato, sono stati ritenuti leciti accordi con l’autorità pubblica lesivi della concorrenza, sia nell’ordinamento europeo che italiano. L’art. 41 Cost. non ha creato alcun ostacolo alle liberalizzazioni, ai monopoli fiscali (sono giustificati paradossalmente nel diritto europeo), alle autorizzazioni discrezionali.
La formulazione fino agli anni ottanta non è stata contestata: successivamente è cambiato il rapporto tra mercato e intervento pubblico, a causa della crisi dello Stato fiscale e del debito pubblico, ma anche dell’innovazione tecnologica, con il passaggio da uno Stato gestore a Stato regolatore, e ci si è interrogati sulla adeguatezza della formulazione.
Al di là della vulgata però, la stessa giurisprudenza costituzionale, richiamandosi all’art. 41, anche alla fine degli anni ‘80 ha preparato la legge istitutiva dell’AGCM così dimostrando come l’articolo 41 Cost. abbia costituito il fondamento anche degli interventi statali di indirizzo regolatorio. Non è un caso che la l. 287/1990 sia stata adottata in dichiarata attuazione proprio dell’art. 41 Cost.

L’art. 41 Cost. appare oggi superato nella parte in cui si riferisce alla programmazione pubblica dell’economia allorché pone l’iniziativa pubblica sullo stesso piano di quella privata, in quanto oggi esse risultano complementari. Appare ancora configurabile un forte intervento pubblico a garanzia dei beni pubblici, ma come incentivo a mercato, non nel senso della gestione.
(segue) art. 41 e concorrenza. La tutela della concorrenza, assente nell’art. 41 Cost., è stata inserita in maniera indiretta nella Costituzione nel 2001, nell’art. 117: vi è chi ritiene che in tal modo essa sia diventata un obiettivo del governo dell’economia; vi è però anche chi invece sottolinea che essa rimanga solo una materia di ripartizione di competenze tra Stato e Regioni.
Il dibattito, più radicalmente, investe così la stessa importanza da attribuire alla concorrenza. Chi sostiene che la concorrenza non sia un obiettivo ma uno strumento (pur se da privilegiare), pone il quesito se essa sia sempre auspicabile, soprattutto in periodi di crisi.
Alcuni partecipanti alla tavola rotonda hanno ricordato come a volte, in passato, sia stata posta in dubbio l’idea che la concorrenza significhi sviluppo; le riforme dei diversi ordinamenti dell’ultimo ventennio lascerebbero perplessi circa i benefici conseguiti dal ricorso al mercato, mentre i “campioni nazionali”- ex monopolisti indicherebbero questi ultimi come maggiormente idonei a creare valore, politica industriale, capacità di operazione sui mercati. Questi rilievi sembrerebbero suggerire un approccio meno preconcetto, più pragmatico e disincantato rispetto al grande tema della scelta tra intervento pubblico e privato.
(segue) art. 41 tra nuove stesure e interpretazioni. In ogni caso l’art. 41 Cost. verosimilmente non verrebbe oggi riscritto nella stessa formulazione ereditata, e l’orientamento prevalente è a favore della conservazione dell’attuale testo. Tuttavia si è osservato da un lato come la norma abbia reso un buon servizio perché ha dato cittadinanza ad ogni posizione ideologica, dall’altro lato che sia stata inutile proprio perché non ha orientato chiaramente il rapporto tra diritto e economia. Nel dibattito è così stato da taluno espresso il desiderio di un valore precettivo del 41 Cost. che non consenta qualunque operazione, soprattutto in quanto norma di autorappresentazione di un popolo. Al tempo stesso è emerso come un’eventuale riforma costituzionale non riuscirebbe a comportare l’adesione e l’applicazione di un modello specifico, così che probabilmente si potrebbe raggiungere lo stesso risultato anche senza intervento sul testo. Del resto, anche la riforma dell’art. 81 Cost. introduce un principio che era già presente in una norma dal forte contenuto prescrittivo, che è stata interpretata in maniera molto flessibile, al di là dell’intenzione del legislatore.
Peraltro l’interpretazione della formulazione utilità sociale può essere la più ampia, così da farvi rientrare il benessere sociale, e il contrasto alle esternalità, dal punto di vista economico. Così come si è proposto di interpretare la promozione della concorrenza come valore sociale e tale operazione, nell’attuale art. 41 Cost., renderebbe ammissibili i programmi necessari per promuovere la tutela della concorrenza: l’iniziativa economica in ambito concorrenziale si svolgerebbe in armonia con l’utilità sociale, e la legge interverrebbe per armonizzazione.
Nell’attuale formulazione dell’art. 41 Cost. manca certamente la promozione della concorrenza, dal momento che libertà e competizione sono diverse, e che gli interventi legislativi potrebbero perseguire uno solo dei due obiettivi. E’ possibile ipotizzare almeno la modifica del comma 3, e introdurre il principio della concorrenza nell’art.41. Ma ci si è chiesti se sia accettato il valore sociale della concorrenza; inoltre ci si scontra con la difficoltà di trovare una nuova formulazione;  comunque qualsiasi progetto di riforma non dovrebbe dimenticare che nella costituzione economica sono presenti anche i diritti sociali.
Il ddl di riforma costituzionale dell’art. 41 Cost. è stato oggetto di critiche, sia di metodo (in quanto di iniziativa governativa, non opportuno dal momento che oggetto della modifica è la Costituzione stessa, e in quanto asseritamente espressione di una posizione ideologica), sia sotto il profilo formale (precisione, correttezza grammaticale) e contenutistico.
L’aspetto più delicato riguarda la clausola generale esclusiva, la cui approvazione – si è detto – condurrebbe a conseguenze aberranti: indurrebbe un peggioramento della concorrenza, vietando cittadinanza a orientamenti giurisprudenziali come quello sui poteri impliciti e si è ipotizzato che inciderebbe persino sul diritto privato, escludendo l’esercizio di una discrezionalità che nel diritto della concorrenza risulta indispensabile.

Un diritto per l’economia
Il dibattito organizzato dalla rivista sull’art. 41 Cost. ha la sua ratio nella preoccupazione per lo stato di grande sofferenza dell’economia italiana. Si è rilevato come anche l’esperienza giuridica abbia delle responsabilità e, di converso, come il diritto possa aiutare la crescita economica del paese.
Dal dibattito è emerso che riforme anche rilevanti del diritto e del processo civile o del diritto della concorrenza potrebbero avere luogo ad art. 41 Cost. invariato. Tuttavia, si deve anche fare i conti con una percezione generale di sfiducia verso il diritto, in particolare verso il diritto amministrativo,  percepito come uno strumento di ostacolo allo sviluppo.
Se l’art. 41 Cost. non è ritenuto fonte dell’attuale crisi economica, quantomeno però una responsabilità è attribuita alle leggi. A monte si è rilevata la difficoltà a varare delle riforme. A valle si assiste ad un caos normativo, dovuto alla quantità e qualità delle norme, che è fenomeno riscontrabile in tutti i paesi. E’ ardua l’identificazione del diritto vigente, e la pluralità di fonti normative e di amministrazioni è fonte di disorientamento e di conflitti. In tal senso il sistema multilivello originato dalla riforma del titolo V della Costituzione non sembra avere aiutato la crescita e la competitività. Le misure di semplificazione, tra le quali la conferenza di servizi, sono strumenti appropriati, ma non sono in grado di operare efficacemente di fronte a una tale molteplicità di soggetti, istituzionalmente posti in conflitto l’uno con l’altro. In tal senso si è ipotizzata la necessità di una valorizzazione del potere sostitutivo, che potrebbe operare al di là dell’angusto ambito degli atti obbligatori, nel vero spirito della sussidiarietà.
Si è rilevato come non sia d’aiuto la delegificazione, sia per la costante tendenza alla rilegificazione, sia per la complessità del procedimento di adozione dei regolamenti, né tantomeno il funzionamento del sistema giurisdizionale, in particolare civile.
Tale situazione impone di moltiplicare le occasioni di riflessione sul ruolo che il diritto può svolgere per migliorare la condizione dell’economia italiana.

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