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L’incontro di ApertaContrada sull’Art. 41 Cost.

di - 14 Marzo 2012
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L’art. 41 Cost. appare oggi superato nella parte in cui si riferisce alla programmazione pubblica dell’economia allorché pone l’iniziativa pubblica sullo stesso piano di quella privata, in quanto oggi esse risultano complementari. Appare ancora configurabile un forte intervento pubblico a garanzia dei beni pubblici, ma come incentivo a mercato, non nel senso della gestione.
(segue) art. 41 e concorrenza. La tutela della concorrenza, assente nell’art. 41 Cost., è stata inserita in maniera indiretta nella Costituzione nel 2001, nell’art. 117: vi è chi ritiene che in tal modo essa sia diventata un obiettivo del governo dell’economia; vi è però anche chi invece sottolinea che essa rimanga solo una materia di ripartizione di competenze tra Stato e Regioni.
Il dibattito, più radicalmente, investe così la stessa importanza da attribuire alla concorrenza. Chi sostiene che la concorrenza non sia un obiettivo ma uno strumento (pur se da privilegiare), pone il quesito se essa sia sempre auspicabile, soprattutto in periodi di crisi.
Alcuni partecipanti alla tavola rotonda hanno ricordato come a volte, in passato, sia stata posta in dubbio l’idea che la concorrenza significhi sviluppo; le riforme dei diversi ordinamenti dell’ultimo ventennio lascerebbero perplessi circa i benefici conseguiti dal ricorso al mercato, mentre i “campioni nazionali”- ex monopolisti indicherebbero questi ultimi come maggiormente idonei a creare valore, politica industriale, capacità di operazione sui mercati. Questi rilievi sembrerebbero suggerire un approccio meno preconcetto, più pragmatico e disincantato rispetto al grande tema della scelta tra intervento pubblico e privato.
(segue) art. 41 tra nuove stesure e interpretazioni. In ogni caso l’art. 41 Cost. verosimilmente non verrebbe oggi riscritto nella stessa formulazione ereditata, e l’orientamento prevalente è a favore della conservazione dell’attuale testo. Tuttavia si è osservato da un lato come la norma abbia reso un buon servizio perché ha dato cittadinanza ad ogni posizione ideologica, dall’altro lato che sia stata inutile proprio perché non ha orientato chiaramente il rapporto tra diritto e economia. Nel dibattito è così stato da taluno espresso il desiderio di un valore precettivo del 41 Cost. che non consenta qualunque operazione, soprattutto in quanto norma di autorappresentazione di un popolo. Al tempo stesso è emerso come un’eventuale riforma costituzionale non riuscirebbe a comportare l’adesione e l’applicazione di un modello specifico, così che probabilmente si potrebbe raggiungere lo stesso risultato anche senza intervento sul testo. Del resto, anche la riforma dell’art. 81 Cost. introduce un principio che era già presente in una norma dal forte contenuto prescrittivo, che è stata interpretata in maniera molto flessibile, al di là dell’intenzione del legislatore.
Peraltro l’interpretazione della formulazione utilità sociale può essere la più ampia, così da farvi rientrare il benessere sociale, e il contrasto alle esternalità, dal punto di vista economico. Così come si è proposto di interpretare la promozione della concorrenza come valore sociale e tale operazione, nell’attuale art. 41 Cost., renderebbe ammissibili i programmi necessari per promuovere la tutela della concorrenza: l’iniziativa economica in ambito concorrenziale si svolgerebbe in armonia con l’utilità sociale, e la legge interverrebbe per armonizzazione.
Nell’attuale formulazione dell’art. 41 Cost. manca certamente la promozione della concorrenza, dal momento che libertà e competizione sono diverse, e che gli interventi legislativi potrebbero perseguire uno solo dei due obiettivi. E’ possibile ipotizzare almeno la modifica del comma 3, e introdurre il principio della concorrenza nell’art.41. Ma ci si è chiesti se sia accettato il valore sociale della concorrenza; inoltre ci si scontra con la difficoltà di trovare una nuova formulazione;  comunque qualsiasi progetto di riforma non dovrebbe dimenticare che nella costituzione economica sono presenti anche i diritti sociali.
Il ddl di riforma costituzionale dell’art. 41 Cost. è stato oggetto di critiche, sia di metodo (in quanto di iniziativa governativa, non opportuno dal momento che oggetto della modifica è la Costituzione stessa, e in quanto asseritamente espressione di una posizione ideologica), sia sotto il profilo formale (precisione, correttezza grammaticale) e contenutistico.
L’aspetto più delicato riguarda la clausola generale esclusiva, la cui approvazione – si è detto – condurrebbe a conseguenze aberranti: indurrebbe un peggioramento della concorrenza, vietando cittadinanza a orientamenti giurisprudenziali come quello sui poteri impliciti e si è ipotizzato che inciderebbe persino sul diritto privato, escludendo l’esercizio di una discrezionalità che nel diritto della concorrenza risulta indispensabile.

Un diritto per l’economia
Il dibattito organizzato dalla rivista sull’art. 41 Cost. ha la sua ratio nella preoccupazione per lo stato di grande sofferenza dell’economia italiana. Si è rilevato come anche l’esperienza giuridica abbia delle responsabilità e, di converso, come il diritto possa aiutare la crescita economica del paese.
Dal dibattito è emerso che riforme anche rilevanti del diritto e del processo civile o del diritto della concorrenza potrebbero avere luogo ad art. 41 Cost. invariato. Tuttavia, si deve anche fare i conti con una percezione generale di sfiducia verso il diritto, in particolare verso il diritto amministrativo,  percepito come uno strumento di ostacolo allo sviluppo.
Se l’art. 41 Cost. non è ritenuto fonte dell’attuale crisi economica, quantomeno però una responsabilità è attribuita alle leggi. A monte si è rilevata la difficoltà a varare delle riforme. A valle si assiste ad un caos normativo, dovuto alla quantità e qualità delle norme, che è fenomeno riscontrabile in tutti i paesi. E’ ardua l’identificazione del diritto vigente, e la pluralità di fonti normative e di amministrazioni è fonte di disorientamento e di conflitti. In tal senso il sistema multilivello originato dalla riforma del titolo V della Costituzione non sembra avere aiutato la crescita e la competitività. Le misure di semplificazione, tra le quali la conferenza di servizi, sono strumenti appropriati, ma non sono in grado di operare efficacemente di fronte a una tale molteplicità di soggetti, istituzionalmente posti in conflitto l’uno con l’altro. In tal senso si è ipotizzata la necessità di una valorizzazione del potere sostitutivo, che potrebbe operare al di là dell’angusto ambito degli atti obbligatori, nel vero spirito della sussidiarietà.
Si è rilevato come non sia d’aiuto la delegificazione, sia per la costante tendenza alla rilegificazione, sia per la complessità del procedimento di adozione dei regolamenti, né tantomeno il funzionamento del sistema giurisdizionale, in particolare civile.
Tale situazione impone di moltiplicare le occasioni di riflessione sul ruolo che il diritto può svolgere per migliorare la condizione dell’economia italiana.

Vai al Dossier “Riforma articolo 41 Cost.”

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