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La salute del Servizio Sanitario Nazionale: ApertaContrada intervista Claudio De Vincenti alla ricerca dei sintomi, della diagnosi e delle possibili terapie

di - 28 Ottobre 2011
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Lei mi chiede quale è il ruolo che la regolazione dei prezzi può giocare nel promuovere l’innovazione, ovvero quei farmaci innovativi che diano un contributo di innovazione terapeutica, nell’incentivare l’impresa verso la ricerca e nel garantire il governo dei conti pubblici. Io direi che dobbiamo partire dalla constatazione che nel nostro paese abbiamo una struttura dei prezzi dei farmaci ancora squilibrata, ossia abbiamo, nel confronto con i nostri partner europei, prezzi dei farmaci innovativi comparativamente più bassi, prezzi dei farmaci maturi in patent (cioè ancora sotto brevetto) più alti e prezzi dei farmaci off patent (fuori brevetto) relativamente alti. Ciò che finora è mancata è un’operazione di riequilibrio nella struttura dei prezzi. Quella attuale è una struttura che non premia l’innovazione, ma premia il marketing. Lei parla di una tensione dell’industria farmaceutica ai facili profitti; tuttavia, esiste una normale tensione dell’industria, in generale, a fare profitti e questo lo trovo fisiologico. Naturalmente, l’investimento in ricerca è altamente rischioso nel settore farmaceutico. Sappiamo che sul complesso delle molecole che vengono sottoposte a processi di ricerca per nuove terapie solo una percentuale molto bassa arriva poi a diventare un farmaco: c’è un elevato rischio di insuccesso a fronte di costi di ricerca elevati. E’ chiaro che l’industria tende, dove non c’è un adeguato premio per il prodotto innovativo, a tentare di sviluppare attraverso il marketing la vendita di prodotti già sperimentati. Ecco che si rende necessario riequilibrare la struttura dei prezzi. La riforma del 2007 va in questa direzione, fondamentalmente, attraverso due strumenti: il primo consiste nel dare vita a un fondo specifico, all’interno del tetto della spesa farmaceutica, specificatamente dedicato ad attribuire prezzi remunerativi per i farmaci nuovi, o meglio, contenenti innovazione; l’altra operazione è quella di utilizzare almeno una parte dei risparmi di spesa derivanti dalle uscite di brevetto dei farmaci maturi per alimentare questo fondo. Si tratta di un meccanismo logico che ha già in parte funzionato. Tuttavia, di fatto, abbiamo constatato che i farmaci presentati in questi tre anni per l’AIC, aventi un grado di innovazione significativo, sono stati pochi. Quindi, il fondo risulta ancora sottoutilizzato. Quali sono le ragioni di questa sottoutilizzazione? Direi che Il fenomeno dipende da due questioni. La prima è, in realtà, indipendente dalla riforma e legata, piuttosto, a una tendenza di lungo periodo riguardante il processo di innovazione farmaceutica: assistiamo, infatti, da anni, a una flessione della produttività della ricerca; in altri termini, il numero dei farmaci innovativi presentati negli ultimi anni per l’AIC è andato in tutto il mondo via via riducendosi e, parallelamente, la spesa per ogni farmaco nuovo, la spesa sostenuta in R&S dalle imprese, è andata aumentando. Si assiste, quindi, rispetto alle ondate di innovazioni farmaceutiche dei decenni trascorsi, a una flessione della produttività della ricerca. Ciò dipende da molte cose che, chiaramente, vanno anche al di là della struttura di mercato. C’è, però, un altro elemento che occorre tenere in considerazione: la riforma varata nell’autunno del 2007 ricavava il fondo all’interno del tetto sulla spesa territoriale, cioè quella che passa per le farmacie e per la cosiddetta distribuzione diretta ospedaliera (in parte i farmaci di fascia A[1] sono, infatti, forniti direttamente dagli ospedali agli assistiti). L’innovazione va, però, ormai da qualche anno orientandosi soprattutto sui farmaci di tipo H, cioè per uso ospedaliero e non territoriale. Questo shift è uno dei motivi per cui la spesa farmaceutica ospedaliera è cresciuta di più in questi anni rispetto alla spesa farmaceutica territoriale. Occorre, quindi, pensare a un miglioramento della riforma del 2007 in modo da governare meglio la spesa farmaceutica ospedaliera destinata ai farmaci innovativi, creare qui uno spazio, contenere anche a livello ospedaliero la spesa per i farmaci maturi e per i farmaci off patent e dare maggiore spazio in quell’ambito alla spesa per i farmaci innovativi. Va aggiunto che il riequilibrio della struttura dei prezzi è ormai in corso: l’AIFA sta ricontrattando i prezzi dei farmaci maturi e ha di recente ridotto in misura consistente i prezzi dei farmaci off patent. Attualmente, possiamo vantare un livello dei prezzi dei farmaci off patent in linea con la media europea, se non al di sotto di questa: quindi, la situazione è cambiata rispetto a qualche anno fa. Per i farmaci maturi in patent bisogna cercare di realizzare, alla stregua di altri paesi, una sorta di ciclo del prezzo del prodotto dove i prezzi sono più elevati al momento dell’immissione in commercio, per poi progressivamente ridursi via via che il farmaco, pur rimanendo in patent, invecchia.
Il ricorso a farmaci generici fuori brevetto copia di off patent dipende non solo dalla metodologia di prezzo, ma anche dal comportamento dei medici di medicina generale che dovrebbero rendere i cittadini più consapevoli dell’equivalenza terapeutica tra il generico e il cosiddetto originator, cioè il farmaco che aveva per la prima volta introdotto quel principio attivo. Lo spostamento verso i generici dipende, poi, molto dall’assetto della distribuzione farmaceutica, tema al quale viene dedicato nel volume molta attenzione: la distribuzione farmaceutica, cioè l’assetto di mercato delle farmacie, è, infatti, parecchio arretrata. E’ vero che tale inadeguatezza non riguarda solo il nostro paese, ma è altrettanto vero che si tratta di un aspetto che pone molte criticità e che richiede un intervento regolativo urgente: non solo la struttura dei margini a favore delle farmacie non incentiva il farmacista a vendere il generico in sostituzione del farmaco a prezzo più alto, essendo in realtà i margini non sufficientemente regressivi rispetto al prezzo, ma non si può sottovalutare il dato di fatto della scarsa concorrenza di questo segmento della filiera (ci sono una serie di note barriere all’entrata che tutelano fortemente i farmacisti e consentono loro di tenere alti i margini). Però questo è un discorso che va un po’ al di là del pricing. Sul pricing il punto chiave è questo processo di riequilibrio dei prezzi, il quale è in corso e che è stato aiutato dalla riforma. E’ su questo punto che la riforma dovrà essere migliorata per consentire, soprattutto dal lato del governo della spesa ospedaliera, di avere a disposizione strumenti che permettano di dare adeguati premi di prezzo sull’innovazione.

Note

1.  I medicinali di fascia A sono quelli a carico del SSN; alcuni di essi lo sono solo in ambito ospedaliero (fascia A, H)

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