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Un moderno oracolo di Delfi per i beni culturali: tempo di bilanci

di - 25 Luglio 2011
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A partire dalla legge Ronchey del 14 gennaio 1993 si sono susseguiti vari interventi legislativi con i quali si è cercato di incentivare il ruolo del privato nello svolgimento di compiti che il pubblico avrebbe svolto in maniera più onerosa. Nel 2000 con l’articolo 38 della legge n. 342 che integra l’articolo 100 comma 2 del d.p.r. 917/86 del TUIR, è stata fissata in maniera più organica una normativa di riferimento. In seguito, con il D.M. del 3 ottobre 2002 e il D.M. del 15 novembre 2002 è stata ampliata la categoria dei beneficiari e si è stabilito che i soggetti destinatari di erogazioni liberali non devono perseguire fini di lucro oltre a tutta una serie di prescrizioni. Si è così arrivati all’attivazione di un processo di avvicinamento e coinvolgimento del privato che tra il 2001 e il 2008 ha portato le erogazioni rivolte verso il settore “Spettacolo” e “Beni culturali” a crescere da € 16.063.602 a € 31.646.293.
Ma due sono le principali criticità sottese a questi dati, seppure incoraggianti. In primo luogo segnalano quanto sia indifferibile la semplificazione e l’ampliamento dello strumento fiscale. Mentre all’estero, in USA soprattutto, l’80.6% delle donazioni è erogato dalle persone fisiche, in Italia la situazione è completamente rovesciata.
In secondo luogo i dati relativi alla crescita delle erogazioni liberali mettono ancora una volta in evidenza gli effetti e la tangibilità di una “base antropologica” alternativa al paradigma del mero homo oeconomicus su cui è possibile lavorare. Esiste cioè un potenziale di disponibilità a donare fortemente sottoutilizzato. Se gli incentivi fiscali agiscono per ridurre il costo opportunità dell’elargizione e sono utili per promuovere l’iniziativa volontaria a sostegno della cultura, le compensazioni monetarie non sono esenti da effetti perversi e dovrebbero essere integrate da altre forme di remunerazione in grado di agire a livello di motivazioni intrinseche. In base a una indagine promossa nel 2009 dall’Associazione Civita, dal Comitato tecnico-scientifico per l’economia della cultura e dall’Ufficio studi del Ministero per i beni e le attività culturali è emerso infatti che un italiano su tre del campione intervistato, si dichiara disponibile a donare in favore dei musei. Sempre secondo questa indagine, attraverso l’introduzione di meccanismi atti a stimolare manifestazioni di altruismo fondate sull’interesse personale e atte a rafforzare positivamente la propria reputazione, il 20% del degli intervistati incrementerebbe la propria donazione ipotetica base di 34 euro di oltre il 66% portandola a 118 euro.
Certamente la fattispecie del dono soggetto a incentivi fiscali opererebbe una sorta di quadratura del cerchio. Si salverebbe sia l’impostazione del bene scambiato secondo la logica mercantile del cash nexus, sia la visione di una società retta da logiche non strettamente economiche, interna a quelle economie fondate su reciprocità e redistribuzione che Polanyi definisce “embedded”, ossia incorporate nella sfera dei processi e dei legami comunitari. Il guadagno, il ritorno, esisterebbero nella veste di tax expenditure fatta salva la componente elargitoria del dono. Si tratta di un caso di “scambio culturale” difforme, sghembo rispetto alla definizione standard di “scambio di doni” vista in termini di contrapposizione allo “scambio strumentale” nel quale ciascuna parte si propone di ottenere qualcosa di più utile di ciò con cui ha iniziato l’interazione. Secondo Mark Blaug gli “scambi sociali” rappresentano una categoria esclusa dalle modalità dello scambio economico. Viceversa, nella fattispecie della concessione di sgravi fiscali sia a privati sia a imprese come premio per l’elargizione di contributi e donazioni si apre uno scenario in cui si coniugano altruismo e remunerazione con una legislazione ad hoc che fungerebbe in sostanza da sprone al donare. Tuttavia non vi è la certezza assoluta che un sistema di agevolazioni fiscali da solo possa indirizzare efficacemente verso la cultura flussi consistenti di elargizioni. Ѐ cioè opportuno puntare a una migliore efficacia operativa degli incentivi fiscali, senza dimenticare però che lo sviluppo della cultura civica è stato storicamente la principale spinta alle donazioni. In epoca feudale, per esempio, la logica del dono si radica profondamente nei comportamenti del signore perché corrisponde perfettamente al valore simbolico della ostentazione del lusso. Successivamente, dal XII secolo in poi molti, scambi di opere d’arte non passano per il mercato, ma si ancorano ai meccanismi giuridici dei lasciti ereditari e delle donazioni. Naturalmente in parallelo si delineano anche altre dinamiche. Come la volontà di rendere accessibile a tutti l’opera d’arte sottraendola alla proprietà privata e all’allocazione di mercato per consegnarla al mondo della proprietà pubblica. Di nuovo però sono le ragioni reputazionali a sviluppare l’idea del dono che contribuisce al patrimonio culturale nazionale, inteso come bene collettivo.
Calati nella dimensione di un tempo ancor più profondo tali profili istituzionali rimandano all’oracolo di Delfi che nella Grecia del VII e del VI secolo a. C. spronava l’aristocrazia a investire ricchezza in modo tale che essa tornasse utile per la comunità. Per esempio fondando templi ed edifici pubblici, così come finanziando attività artistiche in senso lato, vigente un sistema fiscale che non prevedeva, se non in via eccezionale, imposte gravose e che così facendo contribuiva alla coesione sociale e alla fioritura culturale della città. Parte dello splendore di Atene dipese da queste sovvenzioni volontarie o leitourgiai. Era infatti fonte di onore assumersi l’onere di sovvenzionare l’allestimento dei cori, le manifestazioni teatrali fino alla manutenzione della flotta. Così i dignitari del tempo apparivano inorgogliti nel veder crescer il prestigio della loro città e l’esempio dei loro pari fungeva da stimolo a donare contributi sempre più generosi[2].

Note

2.  Sull’istituzione delle leitourgiai vedasi in particolare: R. Lane Fox, Il mondo classico. Storia epica di Grecia e Roma, Torino, 2007.

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