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Per una macrostoria del diritto

di - 2 Luglio 2011
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3. – Gli antropologi ci insegnano a distinguere, nell’ambito delle culture senza scrittura, una società a potere centralizzato, e una società a potere diffuso[3]. In sede di macrostoria del diritto la contrapposizione in esame merita di essere utilizzata per tratteggiare una distinzione di fondo, con cui inquadrare l’universo delle esperienze giuridiche.
Là dove il potere politico fa funzionare un sistema di difesa collettiva, corti giudiziarie, ministeri, un sistema fiscale, opere pubbliche, una trasmissione del sapere, questi indici provano l’esistenza di poteri sociali sovraordinati ai singoli e ai gruppi piccoli. Tutti i popoli a cultura affine alla nostra conoscono il potere sociale sovraordinato e centralizzato. E taluni dei popoli a cultura più tradizionale sono anch’essi retti da embrionali strutture stabili sovraordinate (monarchi, oligarchie, assemblee). Ma queste strutture non esistono ovunque – e, soprattutto, non sono esistite sempre e ovunque –; e anche là dove esistono esse possono avere una capacità di incidere nella vita sociale più limitata o più ampia; talune entrano in attività solo in casi speciali (ad es., in caso di guerra), altre invece operano ininterrottamente, e possono dedicarsi anche alla composizione dei conflitti interni.
Là dove il potere è diffuso ogni soggetto si trova membro di un piccolo gruppo (nel caso più semplice da analizzare, una famiglia o un clan), il quale, in caso di conflitto, si autotutela. Per chi fosse poco familiare al meccanismo dell’autotutela, ricorderemo che fino a tutto il XIX secolo e oltre l’unica applicazione coattiva del diritto internazionale era affidata all’autotutela. I paesi in conflitto componevano o guerreggiavano; la guerra, se non poneva fine all’esistenza del soggetto soccombente, culminava con una composizione (trattato di pace). Una serie di misure politico-giuridiche (alleanze, arbitrati obbligatori, patti di non aggressione, protettorati) riducevano i rischi connessi con la mancanza di una garanzia proveniente da un potere sovraordinato.
Il potere sovraordinato – là dove esso esiste, è stabile, opera a mezzo di organi specializzati e tecnicamente competenti – è lo Stato. Lo Stato non è sempre esistito. Esso ha incominciato ad esistere quando un potere sovrano ha preso ad operare in modo coerente e sistematico al di sopra della società. Sebbene non sia lecito affermare che lo Stato si manifesti sempre con il fiorire della cultura del bronzo, tuttavia nel supercontinente asiatico-africano-europeo l’avvento del periodo del bronzo si può collegare in modo persuasivo con i vantaggi che offre il potere centralizzato. La produzione del bronzo (reperimento, estrazione, trasporto del rame e dello stagno, lavorazione del metallo) distrae dalla produzione del cibo importanti categorie di persone, il cui mantenimento graverà sugli agricoltori e sugli allevatori. Di qui la necessità di un fiscalismo che a sua volta per funzionare ha bisogno di catasto e di scrittura, affidati a specialisti il cui mantenimento graverà anche esso sulle classi produttrici di alimenti. Il riparto del prodotto agricolo-pastorale fra il produttore e gli altri consumatori postula soluzioni non consensuali, e ciò chiama in causa l’opera di armati professionisti. La società che descriviamo non può funzionare solo in base a un libero scambio di beni e prestazioni, ed è destinata a decomporsi se non si afferma un potere centralizzato, ubbidito da tutti: l’ubbidienza postulerà una garanzia, che motivi i cittadini all’obbedienza, mediante una opportuna persuasione: i maghi, gli stregoni, gli indovini – che in questo contesto diventeranno veri sapienti, ossia sacerdoti – saranno chiamati  suffragare, mediante l’intervento di qualche forza soprannaturale, la legittimazione del capo[4].
La situazione ora accennata si ritrova – per parlare degli esempii più familiari a chi si è formato nei licei – nell’Egitto faraonico e  nell’impero mesopotamico, specialmente dopo il periodo sumero. Ma si ritrova anche, senza che la produzione del bronzo vi abbia giocato un ruolo, negli imperi inca e maya. Rispondono a questo schema (e qui la funzione catalizzatrice della produzione del bronzo torna ad essere verosimile) anche gli imperi indiano e cinese, che prendono a funzionare un millennio e mezzo dopo la nascita dell’impero egiziano.
Con gli imperi che, nel vecchio continente, fioriscono nel periodo del bronzo nasce l’autorità dello Stato, e per la prima volta la sapienza (volta soprattutto al soprannaturale) prende ad interessarsi ai problemi del potere politico; per la prima volta si distingue un diritto costituzionale diversificato dai diritti del singolo; e insieme nasce una burocrazia, dando vita ad un diritto amministrativo; nasce un diritto penale diverso dalla responsabilità civilistica estesa alla pena (privata); nasce il potere giurisprudenziale, che opererà in conformità di regole procedurali[5].
Il potere centralizzato ebbe a diffondersi dalla Mesopotania al mondo ellenistico, da questo a Roma. Un confronto-conflitto durato millecinquecento anni permise poi al sistema romano di alternarsi e integrarsi con il sistema germanico, le cui istituzioni entrarono in urto con il mondo romano ben prima di essere state piallate dal rullo compressore del potere centralizzato.
In breve: prima del 3500 avanti Cristo il potere centralizzato non esisteva, e tuttavia esisteva – ed era rigoglioso – il diritto.
I giuristi italiani che, come professori dell’Università nazionale somala, hanno visto da vicino le sopravvissute epifanie del diritto tradizionale somalo – lo xeer, praticato in modo incontrastato nella boscaglia – hanno conosciuto un diritto efficiente e rigoglioso, capace di operare, come il diritto di ogni società a potere diffuso, senza legislatore, senza giurista, senza Stato e senza potere centralizzato. Le faide e i guidrigildi costituiscono l’abc di questi sistemi giuridici – di quello somalo e di quello amazigh (fino a poco fa dicevamo: berbero)[6], come di quello germanico del periodo delle grandi migrazioni –.

Note

3.  È fondamentale, in merito, la celebre ricerca di FORTES e EVANS-PRITCHARD, African Political System, London, 1940. Osservazioni sul tema in SACCO, Introduzione, cit., p. 192 ss.; ID., Antropologia, cit., p. 100 ss.

4.  I varii elementi che intervengono in questa dinamica sono tratteggiati superbamente dal grande preistorico V. GORDON, What happened in History, tr. it. RUATA, Il progresso nel mondo antico, Torino, 1963 (si veda anche, dello stesso autore, The Prehistory of European Society, tr. it., LE DIVELEC, Preistoria della società europea, Firenze, 1958).

5.  SACCO, locc. ultt. citt.

6.  SACCO, Di alcune singolari convergenze fra il diritto ancestrale dei Berberi e quello dei Somali, in Scritti in onore di Angelo Falzea, IV, Milano, 1991, p. 395 ss.

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