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Energia elettricaCorte Costituzionale, sentenza 12 maggio 2011, n. 165

di Osservatorio Energia - 12 Maggio 2011
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Il Giudice delle Leggi è tornato a pronunciarsi sulle norme inerenti “Misure urgenti in materia di energia”, di cui all’art. 1, co. 1, del decreto legge 8 luglio 2010 n. 105, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, co. 1, della legge 13 agosto 2010, n. 129, introdotto a seguito ed in esecuzione della sentenza della Corte Costituzionale 17 giugno 2010, n. 215, che aveva dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 4, commi da 1 a 4, del decreto legge 1 luglio 2009, n. 78, riferito a “interventi urgenti ed indifferibili, connessi alla trasmissione, alla distribuzione e alla produzione dell’energia e delle fonti energetiche che rivestono carattere strategico nazionale”.

La nuova formulazione dell’art. 4 del d.l. 78/2009 citato è stata dichiarata incostituzionale con riferimento ai commi 2 e 4.

Il comma 2 dell’art. 4 è stato censurato limitatamente al terzo periodo, in cui prevede, per il caso d’inerzia delle Regioni e degli enti locali che non abbiano rispettato i termini fissati dalla legge o dallo stesso Commissario occorrenti all’autorizzazione e all’effettiva realizzazione degli interventi, una forma di potere sostitutivo del Commissario del Governo che non risponde ai requisiti richiesti dall’art. 120 Cost. e dall’art. 8 legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), in quanto non contempla i presupposti sostanziali richiesti dalla norma costituzionale e non rispetta le procedure previste. E’ stato infatti attribuito un potere sostitutivo direttamente ad un organo amministrativo, mentre l’art. 120 Cost. prevede che sia il Governo ad esercitare tale potere, sia pure nominando, ma solo per il singolo caso specifico e non in generale, un Commissario.

Inoltre la norma censurata ha previsto un potere sostitutivo esercitabile per la semplice inerzia degli enti competenti, senza che ricorrano le gravi ed eccezionali ipotesi di cui al secondo comma dell’art. 120 Cost. e senza alcuna limitazione procedurale alla loro sostituzione.

Sul punto, la Corte ricorda come abbia escluso che il potere sostitutivo possa essere previsto nei casi in cui vi sia uno spostamento di competenze amministrative, a seguito di attrazione in sussidiarietà, “dovendosi ritenere che la leale collaborazione, necessaria in tale evenienza, non possa essere sostituita, puramente e semplicemente, da un atto unilaterale dello Stato (sentenza n. 383 del 2005)”.

Il comma 4 dell’art. 4 d.l. 78/2009 citato è stato dichiarato incostituzionale laddove prevede un potere sostitutivo del Governo in caso di mancato raggiungimento dell’intesa, esercitabile “decorsi trenta giorni dalla convocazione del primo incontro tra il Governo e la regione o la provincia autonoma interessata”. La Corte rammenta di aver affermato, con giurisprudenza costante, che “nei casi di attrazione in sussidiarietà di funzioni relative a materie rientranti nella competenza concorrente di Stato e Regioni, è necessario, per garantire il coinvolgimento delle Regioni interessate, il raggiungimento di un’intesa, in modo da contemperare le ragioni dell’esercizio unitario di date competenze e la garanzia delle funzioni costituzionalmente attribuite alle Regioni (ex plurimis, sentenze n. 383 del 2005 e n. 6 del 2004)”. La Corte considera dunque le intese tra Stato e Regioni su tali materie come intese forti, che necessitano, in caso di dissenso, d’ “idonee procedure per consentire reiterate trattative volte a superare le divergenze (ex plurimis, sentenze n. 121 del 2010, n. 24 del 2007, n. 339 del 2005). Solo nell’ipotesi di un ulteriore esito negativo di tali procedure mirate all’accordo, può essere rimessa al Governo una decisione unilaterale (sentenza n. 33 del 2011)”. Il superamento unilaterale dell’intesa, configurato dalla norma censurata, e l’assoluta mancanza di previsione di alcuna articolazione procedurale per consentire il superamento del dissenso, ha fatto ritenere la norma impugnata non idonea ad assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione, particolarmente in rilievo nelle ipotesi di attrazione in sussidiarietà.

***

SENTENZA N. 165

ANNO 2011

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Paolo MADDALENA; Giudici : Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, del decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105 (Misure urgenti in materia di energia), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 13 agosto 2010, n. 129, promossi dalla Regione Toscana, dalla Provincia autonoma di Trento e dalla Regione Puglia con ricorsi notificati il 13, il 18 e il 15 ottobre 2010, depositati in cancelleria il 15, il 20 ed il 22 ottobre 2010 ed iscritti rispettivamente ai nn. 109, 112 e 115 del registro ricorsi 2010.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 19 aprile 2011 il Giudice relatore Gaetano Silvestri;

uditi gli avvocati Lucia Bora per la Regione Toscana, Marcello Cecchetti per la Regione Puglia, Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma di Trento e l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 13 ottobre 2010 e depositato il successivo 15 ottobre (reg. ric. n. 109 del 2010), la Regione Toscana ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, del decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105 (Misure urgenti in materia di energia), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 13 agosto 2010, n. 129, nella parte in cui introduce i commi 3 e 4 dell’art. 4 del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 102.

Le questioni sono prospettate per violazione degli artt. 117, 118 e 120 della Costituzione e del principio di leale collaborazione.

1.1. – La disposizione censurata, nel testo risultante dalla conversione del decreto in legge, stabilisce: «A seguito ed in esecuzione della sentenza della Corte costituzionale 17 giugno 2010, n. 215, i primi quattro commi dell’articolo 4 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, sono sostituiti dai seguenti:

“1. Su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro per la semplificazione normativa, il Consiglio dei Ministri individua, d’intesa con le regioni e le province autonome interessate, gli interventi urgenti ed indifferibili, connessi alla trasmissione, alla distribuzione e alla produzione dell’energia e delle fonti energetiche che rivestono carattere strategico nazionale, anche in relazione alla possibile insorgenza di situazioni di emergenza, ovvero per i quali ricorrono particolari ragioni di urgenza in riferimento allo sviluppo socio-economico, e che devono pertanto essere effettuati con mezzi e poteri straordinari.

2. Gli interventi di cui al comma 1 sono realizzati in regime di cooperazione funzionale ed organizzativa tra commissari straordinari del Governo, nominati ai sensi del comma 3, e le regioni e province autonome interessate. Con le intese di cui al comma 1, sono definiti i criteri per l’esercizio della cooperazione funzionale ed organizzativa tra commissari straordinari, regioni e province autonome per l’esercizio dei compiti di cui al presente articolo; tali criteri possono contemplare anche il coinvolgimento di soggetti privati nell’attuazione degli interventi e nel relativo finanziamento, purché ne siano assicurate l’effettività e l’entità. Ciascun commissario, sentiti gli enti locali interessati, emana gli atti e i provvedimenti, nonché cura tutte le attività, di competenza delle amministrazioni pubbliche che non abbiano rispettato i termini previsti dalla legge o quelli più brevi, comunque non inferiori alla metà, eventualmente fissati in deroga dallo stesso commissario, occorrenti all’autorizzazione e all’effettiva realizzazione degli interventi, nel rispetto delle disposizioni comunitarie.

3. Per la realizzazione degli interventi ai sensi del comma 2, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sono nominati uno o più commissari straordinari del Governo. Il medesimo decreto determina i compiti del commissario e i poteri di controllo e di vigilanza del Ministro per la semplificazione normativa e degli altri Ministri competenti. Lo stesso decreto, senza che ciò comporti nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, individua altresì le dotazioni di mezzi e di personale, nonché le strutture anche di concessionari di cui può avvalersi il commissario, cui si applica l’articolo 2-quinquies del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 2010, n. 41, anche ai fini dei relativi oneri. L’incarico è conferito per il tempo indicato nel decreto di nomina, salvo proroga o revoca. Le nomine di cui al presente comma sono considerate a ogni effetto cariche presso istituzioni che svolgono compiti di alta amministrazione e del conferimento dell’incarico è data notizia nella Gazzetta Ufficiale.

4. In caso di mancato raggiungimento dell’intesa di cui al comma 1, decorsi trenta giorni dalla convocazione del primo incontro tra il Governo e la regione o la provincia autonoma interessata per il raggiungimento dell’intesa, il Governo può individuare gli interventi di cui al comma 1, dichiararne l’urgenza e l’indifferibilità nonché definire i criteri di cui al secondo periodo del comma 2, anche a prescindere dall’intesa, con deliberazione motivata del Consiglio dei Ministri cui sia stato invitato a partecipare il Presidente della regione o della provincia autonoma interessata. In tal caso il commissario del Governo, nominato con le procedure di cui al comma 3, dà impulso agli interventi, se indispensabile, avvalendosi, oltre che delle procedure di cui al terzo periodo del comma 2, di:

a) poteri straordinari di sostituzione e di deroga di cui all’articolo 20, comma 4, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2;

b) mezzi e risorse finanziarie pubbliche già previste a legislazione vigente; in ogni caso l’apporto finanziario dei soggetti privati deve essere proporzionato alle risorse pubbliche utilizzate”».

1.2. – Preliminarmente, la ricorrente sottolinea come la disposizione impugnata intervenga nella materia della produzione, trasmissione e distribuzione dell’energia, anche sulla base di quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 215 del 2010, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale del precedente testo dell’art. 4, commi 1, 2, 3 e 4, del d.l. n. 78 del 2009.

La Regione Toscana ricorda altresì che siffatta materia è rimessa alla competenza legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni e che quindi lo Stato può allocare a sé la titolarità di funzioni amministrative, ai sensi dell’art. 118 Cost., dettando pure la relativa disciplina legislativa, solo a condizione di prevedere un’intesa con le Regioni, a salvaguardia delle loro attribuzioni.

Ad avviso della difesa regionale, la nuova formulazione dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, operata dall’impugnato art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010, risulta maggiormente lesiva delle competenze regionali rispetto a quella originaria, già dichiarata illegittima con la sentenza citata.

1.3. – Quanto alle singole censure, la ricorrente ritiene che il nuovo comma 3 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009 violi gli artt. 117 e 118 Cost., ed il principio di leale collaborazione.

In particolare, è contestata la previsione secondo cui i compiti del commissario straordinario del Governo sono stabiliti con il decreto di nomina dello stesso commissario. In questo modo, il Governo sarebbe autorizzato a predeterminare, in via unilaterale, i compiti del commissario e quindi, almeno in parte, il contenuto dell’intesa con le Regioni interessate, così svuotando di significato l’intesa medesima.

1.4. – La ricorrente impugna anche il nuovo comma 4 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost., ed al principio di leale collaborazione.

1.4.1. – La Regione Toscana evidenzia come la norma impugnata consenta al Governo – in caso di mancato raggiungimento dell’intesa entro il termine di trenta giorni dalla convocazione del primo incontro – di agire in via unilaterale.

Al riguardo, la difesa regionale rileva innanzitutto l’assoluta illegittimità della previsione del termine indicato. In particolare, l’individuazione del dies a quo nella data di convocazione della riunione, anziché in quella di effettivo svolgimento della stessa, renderebbe pressoché impossibile il raggiungimento dell’intesa nei trenta giorni stabiliti. L’entità del periodo intercorrente tra la convocazione dell’incontro ed il relativo svolgimento potrebbe infatti determinare una riduzione, anche notevole, dei tempi che consentono ad ogni singola Regione di partecipare in modo consapevole alla trattativa.

1.4.2. – Peraltro, il nuovo comma 4 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009 – nella parte in cui consente, in caso di mancato raggiungimento dell’intesa, l’azione unilaterale del Governo sia per l’individuazione degli interventi da realizzare, sia per la determinazione dei criteri disciplinanti la cooperazione fra il commissario straordinario e la Regione interessata – finirebbe per vanificare il carattere “forte” dell’intesa, rendendola soltanto eventuale e, comunque, sminuendo il potere decisionale della Regione stessa.

In proposito, la ricorrente richiama la sentenza n. 6 del 2004 della Corte costituzionale, con la quale, proprio in riferimento alla materia dell’energia, è stata riconosciuta la natura “forte” dell’intesa con le Regioni, stante l’indubbio impatto che un impianto energetico provoca su molteplici ambiti materiali rimessi alla competenza, concorrente o residuale, delle Regioni medesime, fra i quali la tutela della salute, il governo del territorio, il turismo e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali (sono richiamate le sentenze n. 383 del 2005 e n. 303 del 2003).

1.4.3. – Il comma 4 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, come riformulato dall’art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010, è impugnato dalla Regione Toscana, rispetto agli stessi parametri costituzionali, anche per un ulteriore profilo.

La ricorrente contesta la previsione secondo cui, in caso di mancato raggiungimento dell’intesa, l’azione del commissario straordinario del Governo si svolge in base alle «procedure di cui al terzo periodo del comma 2», in virtù del quale «Ciascun commissario, sentiti gli enti locali interessati, emana gli atti e i provvedimenti, nonché cura tutte le attività, di competenza delle amministrazioni pubbliche che non abbiano rispettato i termini previsti dalla legge o quelli più brevi, comunque non inferiori alla metà, eventualmente fissati in deroga dallo stesso commissario, occorrenti all’autorizzazione e all’effettiva realizzazione degli interventi, nel rispetto delle disposizioni comunitarie».

Secondo la difesa regionale, la norma impugnata consentirebbe un’azione governativa unilaterale senza alcun coinvolgimento delle Regioni. A ciò va aggiunto che lo stesso comma 4 dell’art. 4 autorizza anche l’esercizio, da parte del commissario del Governo, dei poteri straordinari di sostituzione e deroga di cui all’articolo 20, comma 4, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 28 gennaio 2009, n. 2.

Da quest’ultimo inciso deriverebbe un ulteriore profilo di illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010, nella parte in cui modifica il comma 4 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost., e del principio di leale collaborazione.

1.4.4. – Infine, la ricorrente impugna il nuovo comma 4 dell’art. 4 per violazione dell’art. 120 Cost., in quanto sarebbe previsto un potere sostitutivo straordinario del Governo al di fuori dei limiti indicati dall’art. 120 Cost., in base al quale è necessario il previo verificarsi di un inadempimento dell’ente sostituito rispetto ad un’attività ad esso imposta come obbligatoria. Tale, però, non potrebbe essere considerato il raggiungimento dell’intesa prevista per l’esercizio di una funzione amministrativa da parte dello Stato, a seguito di “chiamata in sussidiarietà”. È richiamata in proposito la sentenza n. 278 del 2010 della Corte costituzionale.

2. – Con ricorso notificato il 18 ottobre 2010 e depositato il successivo 20 ottobre (reg. ric. n. 112 del 2010), la Provincia autonoma di Trento ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 129 del 2010, nella parte in cui introduce i commi 2, 3 e 4 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 102 del 2009.

Le questioni sono prospettate per violazione degli artt. 8, numeri 1), 5), 6), 13), 17), 19) e 22), 9, numeri 9) e 10), 14, primo comma, e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige); delle relative norme di attuazione recate dal d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche), e dal d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di energia); degli artt. 97, 117, 118 e 120 Cost., in relazione all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione); del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), ed in particolare degli artt. 2 e 4; dei principi di leale collaborazione, di ragionevolezza e di adeguatezza.

2.1. – Preliminarmente, la difesa provinciale ricorda come l’odierna impugnazione costituisca il seguito di quella proposta dalla medesima Provincia avverso il testo originario dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, nei confronti del quale erano state prospettate plurime censure di incostituzionalità. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 215 del 2010, ha ritenuto che le norme impugnate violassero i canoni di pertinenza e proporzionalità, richiesti al fine di consentire l’attrazione allo Stato di funzioni di competenza delle Regioni, ed ha pertanto dichiarato assorbite le ulteriori censure.

Ad avviso della Provincia ricorrente, l’art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010, pur recando in premessa la formula «a seguito ed in esecuzione della sentenza della Corte costituzionale 17 giugno 2010, n. 215», riprodurrebbe sotto diversi profili i medesimi vizi di legittimità costituzionale della precedente disciplina, aggiungendone, anzi, altri.

La stessa Provincia ritiene, in particolare, che soltanto il nuovo testo del comma 1 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009 sia «migliorativo» rispetto al precedente. La norma de qua richiede, infatti, l’intesa con le Regioni e le Province autonome anche per gli interventi connessi alla trasmissione ed alla distribuzione dell’energia, anziché solo per quelli relativi alla produzione, come era stabilito nel testo dichiarato illegittimo con la sentenza n. 215 del 2010; inoltre, il detto comma 1 restringe il proprio ambito di operatività agli interventi «urgenti ed indifferibili» e che abbiano «carattere strategico nazionale».

In relazione alla disposizione appena citata, la ricorrente precisa che gli interventi ivi previsti devono ritenersi diversi rispetto a quelli che rientrano nella propria competenza statutaria, come definita dal d.P.R. n. 235 del 1977. Solo in riferimento a questi ulteriori interventi si estenderebbe la competenza legislativa concorrente in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» (art. 117, terzo comma, Cost.), in quanto recante competenze maggiori rispetto a quelle già attribuite dallo statuto speciale. Così inteso, il nuovo comma 1 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009 non forma oggetto della impugnazione provinciale.

La ricorrente illustra poi il contenuto delle disposizioni di cui ai commi 2, 3 e 4 del nuovo art. 4, svolgendo sintetiche considerazioni su ciascuna di esse.

In particolare, il comma 2 attribuirebbe direttamente ad organi statali – a prescindere dall’intesa prevista dal comma 1 per l’individuazione degli interventi – compiti e funzioni in materie di competenza provinciale; inoltre, introdurrebbe un potere sostitutivo dei commissari straordinari del Governo, i quali possono emanare gli atti e i provvedimenti, nonché curare tutte le attività di competenza delle amministrazioni pubbliche che non abbiano rispettato i termini previsti dalla legge o quelli più brevi, eventualmente fissati in deroga dallo stesso commissario.

Anche il comma 3 sarebbe lesivo delle competenze della ricorrente in quanto attribuirebbe ai commissari compiti amministrativi in materie provinciali.

Infine, il nuovo comma 4 – il cui contenuto non trova corrispondenza nelle norme dichiarate illegittime con la sentenza n. 215 del 2010 – costituirebbe una «ulteriore e gravissima invasione» delle prerogative costituzionali della Provincia autonoma, poiché vanificherebbe sostanzialmente la necessità dell’intesa prevista dal comma 1.

2.2. – La difesa provinciale si sofferma quindi sulle competenze statutarie che sarebbero violate.

2.2.1. – La ricorrente sottolinea come lo statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol (d.P.R. n. 670 del 1972) attribuisca alle Province autonome la potestà legislativa esclusiva – e la correlata potestà amministrativa (art. 16) – in materia di «ordinamento degli uffici provinciali» (art. 8, n. 1), di «urbanistica e piani regolatori» (art. 8, n. 5), di «tutela del paesaggio» (art. 8, n. 6), di «opere di prevenzione e di pronto soccorso per calamità pubbliche» (art. 8, n. 13), di «lavori pubblici di interesse provinciale» (art. 8, n. 17), di «assunzione diretta di servizi pubblici» (art. 8, n. 19), di «espropriazione per pubblica utilità» (art. 8, n. 22).

Inoltre, l’art. 9, n. 9), dello statuto speciale attribuisce alle Province autonome la competenza legislativa concorrente in materia di «utilizzazione delle acque pubbliche, escluse le grandi derivazioni a scopo idroelettrico»; ed ancora, l’art. 14, primo comma, prevede il parere obbligatorio della Provincia «per le concessioni in materia di comunicazioni e trasporti riguardanti linee che attraversano il territorio provinciale».

2.2.2. – L’assetto statutario delle competenze è ulteriormente definito dalle relative norme di attuazione, fra le quali la ricorrente richiama il d.P.R. n. 381 del 1974, in materia di urbanistica e di opere pubbliche, ed il d.P.R. n. 235 del 1977, in materia di energia.

In particolare, la difesa provinciale evidenzia come l’art. 01 di quest’ultimo decreto disponga il trasferimento alle Province autonome delle «funzioni in materia di energia esercitate sia direttamente dagli organi centrali e periferici dello Stato sia per il tramite di enti e istituti pubblici a carattere nazionale o sovraprovinciale»; lo stesso articolo, al comma 2, precisa che «le funzioni relative alla materia “energia” di cui al comma 1 concernono le attività di ricerca, produzione, stoccaggio, conservazione, trasporto e distribuzione di qualunque forma di energia».

Il comma 3 del citato art. 01 elenca una serie di funzioni e di compiti riservati allo Stato, tra i quali rilevano «la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti convenzionali di potenza superiore a 300 MW termici nonché le reti per il trasporto dell’energia elettrica costituenti la rete di trasmissione nazionale con tensione superiore a 150 KV, l’emanazione delle relative norme tecniche e le reti di livello nazionale di gasdotti con pressione di esercizio superiore a 40 bar e oleodotti» (lettera c).

Il comma 4 prevede poi il parere obbligatorio della Provincia autonoma (ex art. 14, primo comma, dello statuto speciale) per gli interventi relativi alle funzioni di cui alla lettera c) del comma 3, «anche con riferimento alla rete di trasmissione nazionale dell’energia elettrica».

Il parere obbligatorio di cui sopra è richiamato anche dall’art. 9 del d.P.R. n. 235 del 1977, «per quanto concerne il territorio delle province autonome riguardo lo sviluppo della rete di trasmissione nazionale».

Inoltre, l’art. 1-bis, comma 1, del d.P.R. n. 235 del 1977 attribuisce alla Province autonome «l’esercizio delle funzioni già esercitate dallo Stato in materia di grandi derivazioni a scopo idroelettrico». Il successivo comma 2, in relazione alla disposizione appena citata, stabilisce che «con legge provinciale, nel rispetto degli obblighi derivanti dall’ordinamento comunitario e degli accordi internazionali, dell’articolo 117, secondo comma, della Costituzione, nonché dei principi fondamentali delle leggi dello Stato, sono disciplinate le grandi derivazioni di acque pubbliche a scopo idroelettrico».

Infine, la difesa provinciale richiama il contenuto dell’art. 15 del d.P.R. n. 235 del 1977, secondo cui «non si applicano nel territorio delle province di Trento e di Bolzano le disposizioni di legge incompatibili con quanto disposto dal presente decreto».

2.2.3. – La ricorrente sottolinea altresì come l’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992 escluda la diretta applicazione della normativa statale nelle materie di competenza provinciale. A sua volta, l’art. 4 del medesimo decreto stabilisce che «nelle materie di competenza propria della regione o delle province autonome la legge non può attribuire agli organi statali funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative, diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale e le relative norme di attuazione».

2.2.4. – Da ultimo, la difesa provinciale richiama la competenza legislativa concorrente in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., applicabile alla Provincia autonoma solo per le parti in cui prevede «forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite» (art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001). Al riguardo, è richiamata la sentenza della Corte costituzionale n. 383 del 2005, secondo cui la Provincia autonoma, dopo la riforma costituzionale del 2001, è titolare, nell’ambito de quo, di competenze legislative ed amministrative più ampie di quelle già assicurate dallo statuto speciale.

La difesa provinciale conclude sul punto rilevando l’esistenza, nella materia dell’energia, di «un doppio strato o livello» di competenze della Provincia autonoma: da un lato, quelle statutarie, dall’altro, le competenze nuove ed aggiuntive previste nel Titolo V della Parte seconda della Costituzione, come modificato dalla legge cost. n. 3 del 2001.

2.3. – Nel merito, la Provincia autonoma di Trento impugna anzitutto il primo periodo del nuovo comma 2 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, introdotto dall’art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010.

2.3.1. – Qualora la disposizione censurata venga riferita anche alle funzioni spettanti alla Provincia in base allo statuto speciale ed all’art. 01 del d.P.R. n. 235 del 1977, la ricorrente ne sostiene l’illegittimità costituzionale nella parte in cui prevede che gli interventi indicati al comma 1 «sono realizzati in regime di cooperazione funzionale ed organizzativa» tra commissari straordinari del Governo, Regioni e Province autonome interessate.

La difesa provinciale precisa come non sia preclusa una diversa interpretazione della disposizione censurata, volta a fare salvo quanto previsto dallo statuto e dalle relative norme di attuazione; se però così non fosse, secondo la ricorrente il comma 2 sarebbe illegittimo per violazione degli artt. 8, numeri 5), 6), 17), 19) e 22), e 16 dello statuto speciale.

La norma impugnata violerebbe inoltre l’art. 01 del d.P.R. n. 235 del 1977, che prevede la competenza statale solo per certi impianti e reti, e l’art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 266 del 1992.

Ad avviso della Provincia autonoma, la competenza statale non potrebbe giustificarsi in virtù del richiamo alle «particolari ragioni di urgenza in riferimento allo sviluppo socio-economico» o alla «possibile insorgenza di situazioni di emergenza» o, ancora, al fatto che siffatti interventi devono essere effettuati «con mezzi e poteri straordinari».

Inoltre, le disposizioni introdotte dall’art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010 non sono accompagnate dalla previsione di alcun finanziamento che renda possibili le opere, per la cui realizzazione le uniche risorse disponibili sono quelle già previste dalle leggi vigenti (art. 4, comma 4, del d.l. n. 78 del 2009).

Per questo verso, la norma impugnata incorrerebbe negli stessi vizi per i quali è stato dichiarato incostituzionale il precedente testo dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009. Secondo la difesa provinciale, infatti, anche nel testo vigente, oggetto dell’odierna impugnazione, il finanziamento delle opere in esame continuerebbe a dipendere dalla disponibilità di risorse private (per definizione, non garantita), con la conseguenza di smentire l’asserita urgenza degli interventi previsti.

2.3.2. – Ad avviso della ricorrente, la norma di cui al comma 2 del nuovo art. 4 del d.l. n. 78 del 2009 sarebbe illegittima anche se riferita a funzioni diverse da quelle trasferite alla Provincia dall’art. 01 del d.P.R. n. 235 del 1977. In ogni caso – si sottolinea – resterebbe fermo il parere obbligatorio della Provincia autonoma su queste opere, ai sensi dell’art. 14, primo comma, dello statuto speciale.

L’illegittimità costituzionale della norma impugnata discenderebbe dall’asserita attribuzione ad organi statali di compiti amministrativi in materie di competenza concorrente. La Provincia autonoma non contesta, invero, che le opere strategiche, in virtù del principio di sussidiarietà, siano individuate dallo Stato d’intesa con le Regioni e le Province interessate, ma ritiene che da ciò non possa derivare «la cogestione con organismi statali che non esprimono affatto – come è proprio delle funzioni attratte in sussidiarietà – un livello territoriale superiore e più comprensivo».

Pertanto, la prevista «cooperazione funzionale ed organizzativa» si tradurrebbe in un meccanismo di interferenza, tanto più grave in quanto i compiti assegnati al commissario del Governo sono unilateralmente decisi dal Consiglio dei ministri.

La difesa provinciale osserva altresì che il principio di sussidiarietà ha già trovato applicazione nella materia dell’energia, giustificando l’attribuzione ad organi statali di determinate funzioni amministrative, in virtù di esigenze di carattere unitario. Ciò sarebbe avvenuto con l’art. 29 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), e con la legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia).

La norma impugnata, pertanto, violerebbe gli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost.

Sarebbe inoltre violato il principio di buon andamento previsto dall’art. 97, primo comma, Cost., in quanto il «meccanismo di interferenza» costituirebbe «un fattore di incertezza nella imputazione delle funzioni e delle connesse responsabilità».

Secondo la Provincia autonoma, la portata lesiva della norma censurata non verrebbe meno per la previsione, recata dal secondo periodo del comma 2 dell’art. 4, in virtù della quale i criteri per l’esercizio della cooperazione funzionale ed organizzativa sono definiti dalle intese di cui al comma 1 dello stesso art. 4. Infatti, la definizione con un’intesa dei criteri indicati non eliminerebbe quella cogestione, prevista nel comma 2, che sarebbe priva di «una giustificazione costituzionale»; inoltre, la stessa necessità dell’intesa sarebbe vanificata da quanto stabilito nel successivo comma 4.

2.4. – La ricorrente censura anche il terzo periodo del nuovo comma 2 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, introdotto dall’art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010, in quanto sarebbe previsto un potere sostitutivo statale riguardante tutti gli atti, di competenza della Provincia e degli enti locali, occorrenti all’autorizzazione e all’effettiva realizzazione degli interventi.

2.4.1. – In particolare, la difesa provinciale ritiene che la norma impugnata – qualora si riferisca anche alle competenze statutarie della Provincia autonoma – sia illegittima perché attributiva di un potere sostitutivo statale al di fuori dei casi in cui esso è previsto dalle norme statutarie e di attuazione (artt. 5 e 8 del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526 – Estensione alla regione Trentino-Alto Adige ed alle province autonome di Trento e Bolzano delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616), con conseguente lesione delle competenze provinciali e degli enti locali nelle materie dell’energia, della sanità e dell’urbanistica (artt. 8, numeri 5, 6, 13, 17, 19 e 22, 9, numeri 9 e 10, e 16 del d.P.R. n. 670 del 1972, e delle relative norme di attuazione, fra le quali, l’art. 4 del d.lgs. n. 266 del 1992).

2.4.2. – La norma di cui al terzo periodo del nuovo comma 2 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009 sarebbe illegittima anche se riferita alle sole funzioni acquisite dalla Provincia in virtù del nuovo Titolo V della Parte seconda della Costituzione, in quanto sarebbe previsto un potere sostitutivo statale al di fuori dei casi in cui esso è esercitabile ai sensi del dettato costituzionale.

In proposito, la ricorrente sostiene che la norma denunciata (recante, a suo dire, una sostituzione “ordinaria”, diversa da quella di cui all’art. 120 Cost.) non soddisfi «ben tre dei quattro requisiti» individuati dalla Corte costituzionale, a partire dalla sentenza n. 43 del 2004.

In primo luogo, la competenza sostitutiva non sarebbe attribuita ad un organo politico di livello superiore, ma ad uno meramente tecnico, costituito ad hoc e non legittimato a sostituirsi agli organi titolari delle competenze, né a valutare le ragioni di un possibile ritardo, la necessità e l’opportunità dell’atto da compiere. Al riguardo, non varrebbe eccepire che il commissario è nominato dal Governo; non si tratta, infatti, di un commissario ad acta nominato a fronte di una specifica inerzia regionale o provinciale, ma di un organo avente competenza generale, abilitato a svolgere le valutazioni riservate alla sede politica.

In secondo luogo, la sostituzione non sarebbe limitata agli atti obbligatori, i soli per i quali è possibile la sostituzione ordinaria.

Infine, non sarebbero previste idonee garanzie procedimentali né per le Regioni e per le Province autonome, né per gli enti locali. Di qui la violazione degli artt. 117, terzo comma, 118 e 120 Cost.

2.4.2.1. – La norma impugnata risulterebbe illegittima anche con riferimento al principio di leale collaborazione, poiché non prevede l’intesa con la Provincia autonoma per l’assunzione dei provvedimenti relativi all’autorizzazione e alla realizzazione degli interventi di cui al comma 1 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009. Sul punto, la ricorrente ritiene incomprensibili le ragioni per le quali il periodo impugnato prevede il coinvolgimento degli enti locali e non quello delle Regioni, titolari di competenze legislative e amministrative nelle materie dell’energia e del governo del territorio, e interessate alla realizzazione di interventi che prescindono dall’ambito comunale.

2.4.3. – Infine, la Provincia autonoma censura il terzo periodo del citato comma 2 dell’art. 4, nella parte in cui consente al commissario di abbreviare i termini previsti dalla legge, che devono essere rispettati dalle amministrazioni pubbliche, «per violazione delle norme statutarie, di attuazione e del Titolo V sopra citate». Secondo la ricorrente, il periodo impugnato inciderebbe «potenzialmente su leggi provinciali» e pregiudicherebbe «la possibilità di esercizio della funzione amministrativa della stessa Provincia o dei Comuni», con conseguente lesione delle competenze legislative provinciali in materia di energia, di sanità e di urbanistica.

2.5. – La Provincia autonoma di Trento impugna, inoltre, il nuovo comma 3 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, introdotto dall’art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010.

2.5.1. – La disposizione impugnata – qualora dovesse riferirsi anche alle competenze provinciali statutarie – violerebbe, alla stregua del già esaminato comma 2, l’art. 16 dello statuto speciale, l’art. 4 del d.lgs. n. 266 del 1992 ed il d.P.R. n. 235 del 1977. Si tratterebbe, infatti, di una «illegittima intestazione ad organi statali di poteri amministrativi in materia di competenza provinciale, al di fuori delle ipotesi previste dallo statuto e dalle norme di attuazione».

2.5.2. – La stessa disposizione sarebbe illegittima pure nell’ipotesi in cui si ritenesse che la nomina dei commissari si riferisca solo alle maggiori funzioni spettanti nella materia della produzione, distribuzione e trasporto dell’energia, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost. In tal caso, infatti – pur ammettendo che la dimensione strategica ed il carattere urgente degli interventi giustifichino l’individuazione al livello statale – non sarebbe comprensibile la ragione per cui la realizzazione delle opere di cui al comma 1 debba essere affidata ad organi statali.

In proposito, la ricorrente ritiene che valgano gli stessi argomenti già esposti in riferimento al regime di forzosa cogestione degli interventi, stabilito dal comma 2. Sarebbero pertanto illegittimi gli ulteriori poteri amministrativi statali, previsti dalla norma impugnata, in materia di competenza regionale (energia e governo del territorio), per violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, Cost.

2.5.3. – In subordine, qualora la Corte costituzionale dovesse escludere l’illegittimità della norma relativa alla nomina dei commissari, «in forza di una inedita accezione del principio di sussidiarietà», permarrebbe in ogni caso l’incostituzionalità della norma in esame, dato che la stessa non prevede l’intesa con la Regione o Provincia autonoma interessata per la nomina dei commissari e per la definizione dei loro compiti.

La ricorrente ritiene che la nuova disposizione sia sul punto «peggiorativa» rispetto al testo caducato con la sentenza n. 215 del 2010. Secondo quest’ultimo (comma 2 del previgente art. 4), infatti, la nomina dei commissari era deliberata dal Consiglio dei ministri «con le stesse modalità di cui al comma 1 del presente articolo», cioè d’intesa con le Regioni o con le Province autonome, sia pure limitatamente alla produzione di energia.

La necessità dell’intesa emergerebbe chiaramente dall’esame della giurisprudenza costituzionale, la quale, a partire dalla sentenza n. 303 del 2003, ha affermato che il principio di sussidiarietà consente alla legge statale di intervenire in materie di competenza regionale solo a condizione che l’alterazione del riparto ordinario di competenze sia accompagnata dalla previsione di un’intesa tra lo Stato e la Regione o Provincia autonoma interessata per la gestione amministrativa degli interventi territorialmente localizzati.

Alla luce di quanto detto la norma di cui al comma 3 sarebbe illegittima per violazione del principio di leale collaborazione, «collegato al riparto» di cui agli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost.

2.6. – È, inoltre, censurato il primo periodo del nuovo comma 4 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, introdotto dall’art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010.

2.6.1. – Nel merito, la ricorrente sottolinea come la formulazione della disposizione impugnata renda evidente il carattere debole, anzi «debolissimo» dell’intesa prevista dal comma 1 del medesimo art. 4, in quanto l’intervento statale potrebbe prescindere dal concreto svolgimento di una trattativa fra Stato e Provincia; da ciò deriverebbe la palese incostituzionalità della norma impugnata per violazione del principio di leale collaborazione.

2.6.2. – La difesa provinciale ritiene, però, che il «vizio maggiore» stia «a monte» e consista nella possibilità per lo Stato di procedere unilateralmente. Tale previsione sarebbe, infatti, lesiva delle competenze provinciali indicate in precedenza (artt. 8, 9, 14, primo comma, e 16 dello statuto speciale e relative norme di attuazione; artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., in combinato disposto con l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001) e del principio di leale collaborazione.

In proposito, la ricorrente rileva come la «stessa logica del nuovo Titolo V» della Parte seconda della Costituzione (che, comunque, non potrebbe valere per le funzioni previste dallo statuto speciale) imponga un’intesa “forte” con la Regione o Provincia autonoma interessata, nel caso in cui la legge statale attribuisca, per ragioni di esercizio unitario, ad un organo dello Stato una funzione amministrativa in una materia di competenza regionale o provinciale (sono richiamate le sentenze della Corte costituzionale n. 121 del 2010, n. 24 del 2007, n. 383 e n. 62 del 2005, n. 6 del 2004, n. 303 del 2003). Né la mancata previsione di un’intesa “forte” potrebbe essere surrogata dalla partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate alla seduta del Consiglio dei ministri.

La difesa provinciale esclude, altresì, che il censurato comma 4 possa “giustificarsi” per l’urgenza degli interventi o per il loro carattere strategico nazionale. Al riguardo, sono nuovamente richiamate le sentenze n. 383 del 2005 e n. 6 del 2004, nelle quali la Corte costituzionale, affermando la necessità di rispettare il principio di leale collaborazione, avrebbe precisato come non assuma rilievo la dimensione nazionale degli interventi da realizzare, dato l’esplicito riferimento alla stessa dimensione, contenuto nella denominazione della materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.

2.6.3. – Anche con riguardo alle funzioni aventi fondamento statutario (previste dal d.P.R. n. 235 del 1977), la norma impugnata sarebbe illegittima, per violazione dell’art. 2, comma 5, del d.lgs. n. 266 del 1992, il quale stabilisce le modalità con cui lo Stato può intervenire per fronteggiare situazioni di urgenza.

2.7. – La Provincia autonoma di Trento impugna, inoltre, il secondo periodo del nuovo comma 4 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, per contrasto con il principio di leale collaborazione, poiché l’intesa rappresenta «un atto ad alta discrezionalità», che non può essere «coartato» minacciando l’applicazione di norme che prevedono poteri straordinari del commissario del Governo. La legge statale può prevedere conseguenze qualora l’intesa non venga raggiunta ma sempre nel rispetto dei principi di ragionevolezza e leale collaborazione. Nel caso di specie, questi principi sarebbero violati, con conseguente lesione delle competenze provinciali nella materia dell’energia. Infatti, aggiunge la ricorrente, i poteri sostitutivi e quelli di deroga del commissario devono essere previsti – nel rispetto delle norme costituzionali e di attuazione – nella misura in cui siano necessari; ma la valutazione di siffatta necessità non può dipendere dalla maggiore o minore acquiescenza delle Regioni o delle Province autonome ad una scelta statale unilaterale. Pertanto, secondo la difesa provinciale, la previsione dei poteri straordinari del commissari costituirebbe «una pura coazione all’intesa, non ragionevolmente collegata all’oggetto di essa».

2.7.1. – Il secondo periodo del nuovo comma 4 risulterebbe comunque «autonomamente lesivo delle prerogative costituzionali della Provincia» nelle materie dell’energia, della sanità e dell’urbanistica.

In primo luogo, esso sarebbe illegittimo – per le stesse ragioni già indicate con riferimento all’ultimo periodo del comma 2 – nella parte in cui prevede un potere sostitutivo del commissario, peraltro non condizionato da un ritardo delle amministrazioni competenti.

In secondo luogo, la violazione delle competenze provinciali deriverebbe dal conferimento al commissario del potere di derogare alle norme vigenti. In proposito, la ricorrente sottolinea come – trattandosi di interventi relativi alla trasmissione, alla distribuzione e alla produzione dell’energia – non sia costituzionalmente ammissibile che presunte ragioni di urgenza legittimino l’attribuzione ad un commissario del potere di “espropriare” le competenze amministrative della Provincia e degli enti locali in materia di energia, di governo del territorio e di tutela della salute (quest’ultima, in particolare, sarebbe messa a repentaglio dalla possibilità di derogare, per gli impianti in questione, alle norme provinciali poste a difesa della salute dei cittadini).

In definitiva, sarebbero violate le competenze della Provincia e degli enti locali di cui agli artt. 8, numeri 5), 6), 13), 17), 19) e 22), 9, numeri 9) e 10), e 16 dello statuto speciale, alle relative norme di attuazione, ed agli artt. 117, terzo comma, 118, primo e secondo comma, e 120 Cost.

2.8. – Da ultimo, la Provincia autonoma di Trento rileva l’ulteriore illegittimità costituzionale dei commi 2, 3 e 4 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, introdotti dall’art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010, in quanto ripristinerebbero un sistema a finanziamento incerto e sostanzialmente condizionato dalle risorse private.

La ricorrente sottolinea come non siano affatto individuate le modalità di finanziamento pubblico delle opere in questione; anzi, al contrario, il nuovo comma 3 dell’art. 4 precisa che l’organizzazione delle strutture amministrative di supporto ai commissari debba avvenire «senza che ciò comporti nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica», e per la stessa ipotesi di realizzazione commissariale in deroga, prevista dall’ultimo periodo del comma 4, si prescrive il ricorso a «mezzi e risorse finanziarie pubbliche già previste a legislazione vigente».

Da quanto appena detto la Provincia autonoma deduce l’incostituzionalità delle norme impugnate per gli stessi vizi (violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, Cost.) già riscontrati nel testo originario dei commi 1, 2, 3 e 4 dell’art. 4, dalla sentenza n. 215 del 2010.

3. – Con ricorso notificato il 15 ottobre 2010 e depositato il successivo 22 ottobre (reg. ric. n. 115 del 2010), la Regione Puglia ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 129 del 2010, nella parte in cui introduce i commi 2, 3 e 4 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 102 del 2009.

Le questioni sono prospettate per violazione degli artt. 70, 76, 77, 117, 118 e 120 Cost., nonché del principio di leale collaborazione.

3.1. – Preliminarmente, la difesa regionale riassume le vicende che hanno preceduto l’adozione del vigente testo dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, soffermandosi sulla sentenza n. 215 del 2010 con la quale la Corte costituzionale ha rilevato il mancato rispetto – nel testo originario dei primi quattro commi dell’art. 4 – dei «canoni di pertinenza e proporzionalità», cui devono conformarsi le previsioni legislative che attraggano in capo allo Stato funzioni di competenza delle Regioni. In particolare, la ricorrente sottolinea come la Corte costituzionale sia pervenuta a questa conclusione sulla base della natura aleatoria del finanziamento delle opere in questione, rimesso interamente o prevalentemente a capitali privati.

La Regione Puglia precisa altresì di non contestare la legittimità costituzionale del nuovo comma 1 dell’art. 4, poiché l’esplicita previsione dell’intesa con le Regioni interessate, quale presupposto per l’attrazione in sussidiarietà allo Stato della funzione amministrativa di individuazione degli interventi urgenti ed indifferibili, costituisce di per sé garanzia adeguata del rispetto dell’autonomia regionale costituzionalmente garantita.

3.2. – La prima norma impugnata, sotto diversi profili, è l’ultimo periodo del nuovo comma 2 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009.

3.2.1. – La Regione prospetta, innanzitutto, la violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, Cost.

La ricorrente – muovendo dall’assunto che la normativa impugnata sia riconducibile alla materia di potestà legislativa concorrente della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» – rileva come lo Stato possa intervenire con una disciplina di dettaglio, rigorosamente proporzionata alle esigenze unitarie cui si intende far fronte, solo nel rispetto dei principi di sussidiarietà e leale collaborazione (sono richiamate le sentenze della Corte costituzionale n. 278 e n. 215 del 2010, n. 383 del 2005, n. 6 del 2004).

La norma in esame, invece, disporrebbe un intervento statale assolutamente sproporzionato rispetto all’esigenza unitaria presa in considerazione. La difesa regionale non contesta che la «individuazione» degli «interventi urgenti ed indifferibili, connessi alla trasmissione, alla distribuzione e alla produzione dell’energia e delle fonti energetiche che rivestono carattere strategico nazionale, anche in relazione alla possibile insorgenza di situazioni di emergenza, ovvero per i quali ricorrono particolari ragioni di urgenza in riferimento allo sviluppo socio-economico», comporti un ambito valutativo più ampio rispetto a quello disponibile per la Regione. Infatti, al fine di adottare scelte amministrative concernenti la politica energetica complessiva è necessario tener conto di interessi e situazioni localizzati in territori differenti da quelli di ciascuna Regione.

La Regione Puglia contesta piuttosto che esigenze unitarie, analoghe a quelle ritenute sussistenti per la funzione di «individuazione» degli interventi, permangano anche nella successiva attività di “realizzazione in concreto” degli stessi interventi. In sostanza, una volta individuato l’intervento da realizzare, la sua concreta attuazione implicherebbe valutazioni legate essenzialmente al territorio interessato, per le quali è certamente adeguato il livello regionale di governo.

La ricorrente osserva, in particolare, che il principio di proporzionalità, il cui rispetto legittima la cosiddetta attrazione in sussidiarietà, è violato non solo quando la normativa pregiudizievole per l’interesse concorrente non riesca a raggiungere gli obiettivi prefissati – come è accaduto nel giudizio definito con la sentenza n. 215 del 2010 – ma anche quando le norme considerate, pur risultando idonee, non superino il test di necessità, il quale richiede che non sia possibile raggiungere i medesimi risultati con minor sacrificio dell’interesse concorrente. Nel presente caso, la norma impugnata non superebbe il test di necessità e quindi non rispetterebbe il principio di proporzionalità.

3.2.2. – In subordine, la Regione Puglia impugna l’ultimo periodo del nuovo comma 2 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009 per violazione degli artt. 118, primo comma, e 120, secondo comma, Cost.

A parere della difesa regionale la norma impugnata avrebbe previsto un potere sostitutivo statale nei confronti di Regioni ed enti locali, senza rispettare alcuno dei modelli di potere sostitutivo previsti dalla Costituzione: né quello ordinario, riconducibile al principio di sussidiarietà di cui all’art. 118 Cost., né quello straordinario, disciplinato dall’art. 120, secondo comma, Cost.

La norma in esame è dunque censurata sotto due diversi profili. In primo luogo, la Regione prospetta una questione interpretativa, in quanto l’ultimo periodo del comma 2 risulterebbe lesivo delle competenze regionali solo qualora l’espressione «enti locali interessati» fosse ritenuta comprensiva anche delle Regioni. In caso contrario, la censura proposta non avrebbe ragion d’essere.

Sotto un secondo profilo, la censura in esame conserverebbe fondamento quand’anche l’espressione «enti locali interessati» fosse riferita unicamente ad enti territoriali sub-regionali. La difesa regionale richiama in proposito le decisioni con le quali la Corte costituzionale ha ritenuto le Regioni legittimate a sollevare in via principale questioni di legittimità costituzionale avverso una legge statale, evocando a parametro norme costituzionali poste a presidio delle competenze degli enti locali.

Nel presente giudizio sarebbe evidente la «stretta connessione» tra competenze regionali e locali, richiesta dalla Corte costituzionale per valutare la sussistenza della legittimazione regionale ad agire.

Quanto al merito, la ricorrente richiama le sentenze n. 43 del 2004 e n. 313 del 2003 con le quali la Corte costituzionale ha ritenuto ammissibile, anche dopo la riforma costituzionale del 2001, la previsione di poteri sostitutivi nei confronti degli enti territoriali ad autonomia costituzionalmente garantita, pur al di fuori dei casi contemplati negli artt. 117, quinto comma, e 120, secondo comma, Cost.

La Regione Puglia precisa altresì che la previsione di ulteriori ipotesi di poteri sostitutivi deve rispettare alcune condizioni inestricabilmente connesse, secondo la sentenza n. 43 del 2004, con la posizione di autonomia costituzionalmente garantita dell’ente sostituendo.

Nel caso di specie, la norma impugnata non rispetterebbe almeno due di queste condizioni; in particolare, il potere sostitutivo non sarebbe affidato ad un organo politico e non sarebbe previsto, per il suo esercizio, un procedimento che rispetti il principio di leale collaborazione e che garantisca all’ente sostituito la possibilità di interloquire e di evitare la sostituzione attraverso l’autonomo adempimento.

In riferimento al primo requisito, la Regione esclude che il commissario possa far parte del Governo e che sia chiamato solo a dare esecuzione ad una decisione governativa. In relazione alla seconda condizione, la difesa regionale ritiene che l’ente sostituendo dovrebbe essere, quanto meno, diffidato ad adempiere prima dell’effettivo attivarsi dei poteri sostitutivi.

Per queste ragioni l’art. 4, comma 2, ultimo periodo, violerebbe l’art. 118 Cost., sempre che si riconduca la fattispecie presa in esame all’ambito del potere sostitutivo ordinario.

Qualora, invece, si dovesse ritenere che il legislatore statale abbia voluto individuare una fattispecie di potere sostitutivo straordinario, l’incostituzionalità della norma impugnata deriverebbe dal contrasto con l’art. 120, secondo comma, Cost., in quanto la stessa non sarebbe rispettosa dei vincoli posti dal citato parametro.

Innanzitutto, non ricorrerebbe in concreto il pericolo della lesione di alcuno degli interessi indicati dall’art. 120 Cost. In secondo luogo, il potere sostitutivo sarebbe affidato ad un commissario straordinario e non al Governo. Infine, il procedimento disciplinato dalla norma censurata non rispetterebbe il principio di leale collaborazione.

Una conferma dell’assenza di quest’ultimo requisito si ricaverebbe dall’art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), che ha attuato in via generale l’art. 120, secondo comma, Cost., predisponendo a tal fine un procedimento «ben più partecipato», nel quale, tra l’altro, l’ente sostituendo viene messo in condizioni di adempiere autonomamente mediante il meccanismo della preventiva diffida.

Per le ragioni anzidette, l’art. 4, comma 2, ultimo periodo, del d.l. n. 78 del 2009, nell’ipotesi che vi si voglia rinvenire una ipotesi di potere sostitutivo straordinario, sarebbe costituzionalmente illegittimo per contrasto con l’art. 120, secondo comma, Cost.

3.2.3. – La Regione Puglia ritiene che l’ultimo periodo del nuovo comma 2 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009 sia illegittimo per violazione dell’art. 118, primo comma, Cost. – anche a prescindere dai motivi di censura di cui ai punti 3.2.1. e 3.2.2. – nella parte in cui prevede che il potere sostitutivo statale nei confronti degli enti territoriali sub-regionali venga esercitato senza alcun coinvolgimento della Regione interessata.

La difesa regionale richiama, in proposito, la sentenza n. 278 del 2010, nella quale la Corte costituzionale ha interpretato una disposizione che prevedeva un potere sostitutivo dello Stato nei confronti degli enti locali, nel senso di ritenere necessario il coinvolgimento della Regione interessata.

3.2.4. – L’ultimo periodo del nuovo comma 2 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009 è oggetto di specifiche censure anche nella parte in cui prevede che i commissari straordinari possano fissare termini, in deroga alla legge, per lo svolgimento delle attività «occorrenti all’autorizzazione e all’effettiva realizzazione degli interventi, nel rispetto delle disposizioni comunitarie», per violazione degli artt. 117, terzo e sesto comma, e 118, primo comma, Cost.

La ricorrente sostiene che la previsione censurata costituisca una forma di delegificazione «anomala», ben lontana dal modello di cui all’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri). Siffatta delegificazione sarebbe illegittima per violazione dell’art. 117, sesto comma, Cost., in quanto destinata a svolgersi in una materia prevista nell’art. 117, terzo comma, Cost. (produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia).

Al riguardo, la Regione Puglia ritiene che non possa essere esclusa la natura regolamentare dell’atto commissariale in esame. Infatti, sebbene manchi il nomen iuris di regolamento, il contenuto normativo, ossia generale e astratto, dell’atto in questione risulterebbe decisivo per la qualificazione dello stesso (è nuovamente richiamata la sentenza della Corte costituzionale n. 278 del 2010). Né, aggiunge la ricorrente, sarebbe possibile invocare l’argomento della cosiddetta chiamata in sussidiarietà. Infatti, anche qualora si volesse ritenere che lo Stato sia legittimato a individuare termini diversi per il compimento degli atti de quibus in base alla cosiddetta attrazione in sussidiarietà, nel caso di specie la fissazione di tali termini sarebbe rimessa ad una fonte sub-legislativa e non alla legge, come richiesto invece dalla giurisprudenza costituzionale a partire dalla sentenza n. 303 del 2003.

3.2.5. – In via subordinata rispetto alla censura da ultimo esposta, la Regione Puglia impugna l’ultimo periodo del nuovo comma 2 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, per violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., nella parte in cui prevede che – in mancanza di un’intesa con la Regione interessata – i commissari straordinari possano fissare termini, in deroga alla legge, per lo svolgimento delle attività «occorrenti all’autorizzazione e all’effettiva realizzazione degli interventi, nel rispetto delle disposizioni comunitarie».

La difesa regionale assume che – ove la Corte ritenesse che lo Stato possa comunque, in base al meccanismo della cosiddetta chiamata in sussidiarietà, affidare al commissario l’indicato potere di deroga – la norma impugnata sarebbe illegittima nella parte in cui non prevede l’intesa con la Regione interessata, poiché inciderebbe sulle competenze regionali in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia». In tal senso, la ricorrente reputa sufficiente richiamare la giurisprudenza costituzionale che richiede la previsione di un’intesa forte al fine dell’esercizio delle funzioni amministrative attratte in sussidiarietà al livello statale.

3.3. – La Regione Puglia impugna, inoltre, il nuovo testo dell’art. 4, comma 3, del d.l. n. 78 del 2009, sotto diversi profili.

3.3.1. – Innanzitutto, è censurato il primo periodo del comma 3 dell’art. 4, nella parte in cui non prevede che la nomina dei commissari straordinari avvenga d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni oppure, per l’ipotesi di pluralità dei commissari, con le Regioni direttamente interessate. La questione è prospettata in relazione agli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost.

La difesa regionale premette che la presente censura è formulata sul solo presupposto che venga ritenuta priva di fondamento quella formulata nei confronti dell’art. 4, comma 2, ultimo periodo, e già illustrata nel punto 3.2.1.

Muovendo dall’assunto che la normativa in esame sia riconducibile alla materia della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» (ex art. 117, terzo comma, Cost.), la ricorrente ritiene che lo Stato possa avocare a sé e regolare funzioni amministrative solo a condizione di rispettare i principi di proporzionalità e di sussidiarietà, e di prevedere nella medesima disciplina l’intesa cosiddetta forte con la Conferenza Stato-Regioni o con le Regioni interessate.

In questa prospettiva, la nomina di uno o più commissari straordinari costituirebbe senz’altro una attività amministrativa attratta in sussidiarietà dallo Stato nell’ambito di una materia di legislazione concorrente, con la conseguenza dell’illegittimità costituzionale della norma impugnata nella parte in cui non prevede un’intesa forte.

Quest’ultima dovrebbe essere raggiunta con la singola Regione interessata, nel caso in cui al commissario o a ciascun commissario sia affidato il compito di procedere alla attuazione di opere insistenti sul territorio di una singola Regione, mentre dovrebbe essere stipulata con la Conferenza Stato-Regioni, qualora si opti per la nomina di un solo commissario competente per gli interventi su tutto il territorio nazionale.

3.3.2. – La Regione Puglia impugna anche il secondo periodo del comma 3 dell’art. 4, nella parte in cui prevede che, con il decreto di nomina dei commissari, siano determinati i loro compiti ed i poteri di controllo e di vigilanza del Ministro per la semplificazione normativa e degli altri Ministri competenti. La questione è formulata per violazione degli artt. 117, terzo e sesto comma, e 118 Cost.

Ad avviso della difesa regionale, la norma censurata configurerebbe una forma di potere regolamentare «anomala», difforme dal modello individuato dall’art. 17 della legge n. 400 del 1988. La previsione di questo potere regolamentare sarebbe illegittima per violazione dell’art. 117, sesto comma, Cost., in quanto destinata a svolgersi in una materia di potestà legislativa concorrente («produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia»).

Al riguardo, la ricorrente ribadisce come la mancata attribuzione del nomen iuris di regolamento non valga ad escludere la natura regolamentare del decreto. Quest’ultimo, infatti, essendo deputato a determinare i compiti del commissario e i poteri di controllo e di vigilanza sul suo operato, avrebbe senz’altro natura normativa, in quanto caratterizzato da generalità ed astrattezza. Né, aggiunge la Regione Puglia, sarebbe possibile invocare l’argomento della cosiddetta chiamata in sussidiarietà. Infatti, anche qualora si volesse ritenere che lo Stato sia legittimato ad individuare i compiti del commissario e a definire i poteri di controllo e di vigilanza in base alla cosiddetta attrazione in sussidiarietà, nel caso di specie siffatti compiti sarebbero rimessi ad una fonte sub-legislativa e non alla legge, come richiesto invece dalla giurisprudenza costituzionale a partire dalla sentenza n. 303 del 2003.

3.3.3. – In subordine, il secondo periodo del comma 3 dell’art. 4 è impugnato nella parte in cui non prevede la necessaria acquisizione di un’intesa con la Conferenza Stato-Regioni o con le Regioni interessate. La questione è prospettata in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost.

La difesa regionale sostiene che – ove si dovesse ritenere che lo Stato possa, in base alla cosiddetta chiamata in sussidiarietà, affidare ad un decreto del Presidente della Repubblica il potere di determinare i compiti del commissario ed i poteri di controllo e di vigilanza sul suo operato – la normativa impugnata risulterebbe comunque illegittima, in quanto non prevede l’acquisizione di un’intesa con la singola Regione (nel caso in cui al commissario o a ciascun commissario sia affidato il compito di procedere alla attuazione di opere insistenti sul territorio di una singola Regione) o con la Conferenza Stato-Regioni (qualora si opti per la nomina di un solo commissario competente per gli interventi su tutto il territorio nazionale).

3.4. – Da ultimo, la Regione Puglia impugna il nuovo testo dell’art. 4, comma 4, del d.l. n. 78 del 2009, sotto diversi profili.

3.4.1. – Innanzitutto, è censurato il primo periodo del nuovo comma 4, per violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost.

Secondo la ricorrente, la norma impugnata trasformerebbe da «concertato» a «unilaterale» il procedimento di individuazione degli interventi di cui al comma 1 dell’art. 4, con la conseguenza di violare «in modo macroscopico» lo «statuto» della cosiddetta attrazione in sussidiarietà, come individuato nella giurisprudenza della Corte costituzionale (sono richiamate le sentenze n. 303 del 2003, n. 6 del 2004, n. 383 del 2005 e n. 278 del 2010).

Pertanto, la normativa impugnata, rimettendo ad «uno strumento del tutto unilaterale» la possibilità di superare il mancato raggiungimento dell’intesa, violerebbe il principio della «posizione paritaria delle parti coinvolte», richiesto dalla Corte costituzionale. Tale asimmetria tra le posizioni delle parti, unita al brevissimo lasso di tempo a disposizione per addivenire all’intesa, porrebbe la Regione in una posizione di subalternità nei confronti del Governo anche nel corso delle trattative volte a raggiungere l’intesa.

3.4.2. – La Regione Puglia impugna, inoltre, il secondo periodo del nuovo comma 4, per violazione degli artt. 118, primo comma, e 120, secondo comma, Cost.

La difesa regionale – riprendendo le argomentazioni già esposte al punto 3.2.2. e alle quali si rinvia – rileva come la norma impugnata preveda un potere sostitutivo statale nei confronti di Regioni ed enti locali, senza che tale disciplina rispetti alcuno dei modelli di potere sostitutivo previsti dalla Costituzione: né quello ordinario, riconducibile al principio di sussidiarietà di cui all’art. 118 Cost., né quello straordinario, disciplinato dall’art. 120, secondo comma, Cost.

3.4.3. – Il secondo periodo del nuovo comma 4 dell’art. 4 è impugnato anche per violazione dei limiti costituzionali previsti nei confronti delle previsioni legislative relative ai poteri di ordinanza, e quindi degli artt. 70, 76 e 77 Cost., in combinato disposto con gli artt. 117 e 118 Cost.

3.4.3.1. – Preliminarmente, la Regione Puglia ribadisce come, ai fini della realizzazione in concreto degli interventi di cui al comma 1 dell’art. 4, il livello regionale di governo sia «del tutto adeguato». Peraltro, in caso di inerzia degli organi regionali, la legge statale potrebbe prevedere, corredandoli delle necessarie garanzie, poteri sostitutivi cosiddetti ordinari. Inoltre, gli organi regionali dovrebbero essere ritenuti «adeguati» anche qualora fosse necessario il ricorso a ordinanze contingibili ed urgenti, che operino in deroga alle disposizioni legislative vigenti.

Da quanto appena detto, deriverebbe l’illegittimità costituzionale della norma impugnata per violazione dell’art. 118 Cost., in quanto il potere di adottare ordinanze contingibili ed urgenti deve essere affidato ai livelli amministrativi locali, regionali o statali in base ai principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione. Ad avviso della difesa regionale, lo Stato, se avesse ritenuto indispensabile garantire l’attuazione degli interventi di cui al comma 1 dell’art. 4, avrebbe dovuto affidare a commissari individuati dalle Regioni tale attuazione, e prevedere la possibilità per queste ultime di esercitare i necessari poteri di ordinanza.

3.4.3.2. – La Regione Puglia ritiene che la normativa impugnata sia costituzionalmente illegittima anche per ulteriori ragioni.

In particolare, il potere di adottare le ordinanze contingibili ed urgenti – configurato dalla norma censurata mediante il rinvio all’art. 20 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 28 gennaio 2009, n. 2 – violerebbe almeno in parte i requisiti richiesti dalla giurisprudenza costituzionale per escludere l’illegittimità delle leggi che conferiscono ad autorità amministrative poteri di emergenza analoghi a quelli in esame.

Infatti, se l’autorità legittimata e il fine del provvedimento possono ritenersi sufficientemente definiti (si tratta, rispettivamente, del commissario e dell’«impulso agli interventi»), non altrettanto è possibile dire per il presupposto dell’atto e per la materia su cui esso deve intervenire. Inoltre, «i poteri degli organi amministrativi» non sono affatto «ben definiti nel contenuto, nei tempi, nelle modalità di esercizio», mancando qualunque indicazione al riguardo. Infine, nella normativa impugnata mancherebbe la specificazione del «nesso di strumentalità tra lo stato di emergenza e le norme di cui si consente la temporanea sospensione».

In definitiva, la Regione Puglia ritiene che il censurato comma 4 dell’art. 4 renda ammissibili – se adottati dal commissario e se finalizzati genericamente a dare «impulso agli interventi» – atti aventi qualsivoglia contenuto, vertenti cioè su qualsiasi materia e adottabili in qualunque circostanza, purché siano ritenuti “indispensabili” da chi li adotta.

La ricorrente conclude sul punto precisando come sia possibile, per le Regioni, invocare nel giudizio in via principale anche parametri diversi da quelli che regolano il riparto di competenza, quando si assuma che la relativa violazione ridondi in una lesione della sfera di competenza regionale. Evenienza, questa, che si verificherebbe nel caso di specie, in quanto l’esercizio dei poteri di ordinanza disciplinati dalla normativa impugnata potrebbe giungere fino alla sostituzione nei confronti di organi regionali (oltre che locali), e comunque sarebbe destinato a consentire deroghe ad ogni disposizione legislativa, anche di produzione regionale. Di qui la violazione delle funzioni legislative e amministrative che alla Regione sono attribuite in base agli artt. 117 e 118 Cost.

Sempre con riferimento al secondo periodo del comma 4 dell’art. 4, la difesa regionale ribadisce come lo Stato possa derogare al riparto di competenze con due soli strumenti: il potere sostitutivo straordinario e quello ordinario. L’impossibilità di ricondurre la previsione recata dalla disposizione in esame a tali strumenti determina, ad avviso della Regione, l’illegittimità del citato comma 4 nella parte in cui consente al commissario di derogare alle norme attributive delle competenze legislative e amministrative alle Regioni ed agli enti locali, sostituendosi a tali enti.

3.4.3.3. – In subordine, ove la Corte ritenesse non fondate le censure prospettate nei confronti del comma 4 dell’art. 4, la ricorrente sostiene che debba essere dichiarata l’illegittimità costituzionale della norma in esame, nella parte in cui non prevede che il concreto esercizio dei poteri di urgenza, affidati al commissario straordinario, avvenga «con l’adeguato coinvolgimento collaborativo della Regione interessata».

In sostanza, la Regione Puglia ritiene che la norma impugnata violi i principi di sussidiarietà e di leale collaborazione, in quanto conferisce poteri contingibili ed urgenti ad un organo statale in una materia di competenza regionale, senza prevedere alcuna forma di collaborazione con gli enti territoriali interessati. In particolare, il procedimento di adozione delle ordinanze commissariali dovrebbe seguire «le forme maggiormente collaborative che siano consentite dalle particolarità del caso concreto e dall’urgenza dalla quale esso è caratterizzato».

3.4.3.4. – In chiusura, la ricorrente precisa come le argomentazioni esposte siano basate sulla premessa interpretativa secondo cui i poteri commissariali sono esercitabili anche nei confronti delle Regioni, e non solo degli enti locali.

In ogni caso, però, le censure prospettate manterrebbero la loro ragion d’essere anche qualora si escludessero le Regioni dal novero degli enti che possono essere sostituiti dall’attività commissariale contingibile ed urgente. In quest’ultima ipotesi, comunque, non verrebbe meno l’ammissibilità delle questioni formulate, stante la possibilità per le Regioni di agire a tutela delle attribuzioni costituzionali degli enti locali.

4. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito nei tre giudizi chiedendo che le questioni prospettate siano dichiarate inammissibili, limitatamente a quelle promosse dalla Regione Puglia, e infondate.

La difesa statale svolge argomentazioni analoghe nei tre atti di costituzione, che, pertanto, possono essere esaminati congiuntamente.

4.1. – In via preliminare, con riferimento al solo ricorso promosso dalla Regione Puglia, l’Avvocatura generale deduce l’inammissibilità delle questioni, poiché la medesima Regione, successivamente alla notifica del ricorso di cui si discute, ha adottato gli atti di intesa per l’individuazione degli interventi urgenti ed indifferibili connessi alla trasmissione e alla distribuzione di energia nel territorio regionale, nonché gli atti di intesa per la ratifica delle nomine dei commissari straordinari incaricati della realizzazione degli interventi.

La Regione Puglia avrebbe, quindi, dato piena attuazione alle norme impugnate, con la conseguenza che sarebbe venuto meno il suo interesse a ricorrere.

4.2. – Nel merito, secondo il Presidente del Consiglio, le esigenze unitarie di ordinamento e di gestione, che connotano le reti energetiche, determinerebbero l’esistenza di un «“preminente interesse nazionale”, peraltro, rafforzato, nella fattispecie in esame, dalle “particolari ragioni di urgenza in riferimento allo sviluppo socio-economico”». Al riguardo, sono richiamate le sentenze della Corte costituzionale n. 103 del 2006, n. 383 e n. 336 del 2005, n. 7 e n. 6 del 2004.

Le norme censurate costituirebbero, anzi, una «diretta conseguenza» delle attribuzioni riservate allo Stato in base alla legge n. 239 del 2004, che porrebbe i principi fondamentali in materia di energia, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.

Ad avviso della difesa statale, nei novellati primi quattro commi dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009 sarebbe previsto, in concreto, «un ampio ricorso all’istituto delle intese, nella loro accezione forte», in piena sintonia con il principio di leale collaborazione. Quest’ultimo sarebbe «applicato diffusamente e in modo intenso» nelle norme impugnate, sia «a monte», per la individuazione degli interventi urgenti e per la definizione dei criteri di esercizio della cooperazione funzionale ed organizzativa, sia «a valle», per la realizzazione degli interventi stessi.

Si tratterebbe, peraltro, dei soli interventi che rivestono carattere strategico nazionale, individuati specificamente in ragione di determinati criteri oggettivi, quali la «possibile insorgenza di situazioni di emergenza, ovvero per i quali ricorrono particolari ragioni di urgenza in riferimento allo sviluppo socio-economico» (art. 4, comma 1).

L’Avvocatura generale rileva, altresì, che l’intesa con le Regioni non è prevista solo nel procedimento di nomina dei commissari straordinari, i quali, in quanto organi statali, non possono che essere nominati dallo Stato. Peraltro, il mero procedimento di nomina dei commissari non inciderebbe sulle competenze regionali in materia di energia o di governo del territorio.

Quanto alle censure rivolte nei confronti del nuovo testo del comma 4 dell’art. 4, la difesa statale ritiene che la norma in esame sia pienamente coerente con la giurisprudenza costituzionale in tema di poteri sostitutivi ex art. 120, secondo comma, Cost. Infatti, l’esercizio del potere sostitutivo sarebbe inquadrato entro precisi limiti procedurali, e ricorrerebbero i presupposti sostanziali prescritti dalla giurisprudenza della Corte costituzionale.

Inoltre, la previsione della partecipazione del Presidente della Regione interessata alla riunione del Consiglio dei ministri, che può individuare gli interventi urgenti, rafforzerebbe la garanzia delle prerogative regionali.

Infine, la difesa statale sottolinea come le norme impugnate si pongano in piena sintonia con quanto richiesto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 215 del 2010, essendo stati emendati i vizi che avevano portato alla suddetta pronunzia di illegittimità costituzionale.

5. – In prossimità dell’udienza, le Regioni Toscana e Puglia, la Provincia autonoma di Trento e il Presidente del Consiglio dei ministri hanno depositato memorie nelle quali insistono nelle conclusioni già rassegnate, rispettivamente, nei ricorsi e negli atti di costituzione.

5.1. – La difesa della Provincia autonoma di Trento – oltre a ribadire le proprie argomentazioni a sostegno della fondatezza delle questioni prospettate – segnala che l’art. 1 del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 febbraio 2011, n. 10, ha prorogato al 31 marzo 2011 i termini con scadenza in data anteriore al 15 marzo 2011, fra i quali rientra quello di cui all’art. 4, comma 4, del d.l. n. 78 del 2009.

Tale proroga, però, non inciderebbe sulla materia del contendere, non facendo venir meno il carattere debole dell’intesa prevista nelle norme impugnate.

5.2. – La difesa della Regione Puglia – che nel merito insiste per la declaratoria di illegittimità costituzionale dei commi 2, 3 e 4 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009 – replica all’eccezione di inammissibilità per carenza di interesse a ricorrere, sollevata dall’Avvocatura generale dello Stato, formulando le seguenti considerazioni.

Innanzitutto, l’eccezione non potrebbe essere riferita a tutte le questioni proposte ma soltanto a quelle concernenti la mancata previsione di un’intesa in relazione alla nomina dei commissari straordinari e il meccanismo unilaterale di superamento del dissenso sulla individuazione degli interventi urgenti e indifferibili.

In secondo luogo, non sarebbe affatto esclusa l’applicabilità in futuro delle norme impugnate, ben potendo il Governo individuare “altri” interventi e, di conseguenza, nominare “altri” commissari.

Infine, la difesa regionale richiama la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale sull’inapplicabilità dell’istituto dell’acquiescenza al processo costituzionale in via principale.

5.3. – Con riferimento alla proroga del termine previsto nel censurato comma 4 dell’art. 4, la Regione Puglia ritiene che siffatto ius superveniens non valga a superare le doglianze prospettate nel ricorso. La norma di cui al comma 4, infatti, è contestata non solo per l’eccessiva brevità del termine, ma anche per l’«assoluta inadeguatezza della disciplina del procedimento di superamento dell’eventuale dissenso tra Stato e Regione rispetto alle indispensabili garanzie di paritarietà e di leale collaborazione più volte ribadite dalla giurisprudenza di questa Corte».

Inoltre, la proroga in questione risulterebbe irrilevante nel presente giudizio, in quanto si sarebbe limitata a disporre un prolungamento del termine per l’intesa «del tutto contingente e limitato solo ad alcuni procedimenti, senza incidere in alcun modo sulla disciplina “a regime” del suddetto termine».

Considerato in diritto

1. – La Regione Toscana, la Provincia autonoma di Trento e la Regione Puglia hanno promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, del decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105 (Misure urgenti in materia di energia), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 13 agosto 2010, n. 129, nella parte in cui introduce i commi 2, 3 e 4 dell’art. 4 del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 102.

In particolare, la Regione Toscana ha prospettato questioni di legittimità costituzionale del nuovo testo dei commi 3 e 4 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, per violazione degli artt. 117, 118 e 120 della Costituzione e del principio della leale collaborazione.

La Provincia autonoma di Trento ha prospettato questioni di legittimità costituzionale del nuovo testo dei commi 2, 3 e 4 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, per violazione degli artt. 8, numeri 1), 5), 6), 13), 17), 19) e 22), 9, numeri 9) e 10), 14, primo comma, e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige); delle relative norme di attuazione recate dal d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche), e dal d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di energia); degli artt. 97, 117, 118 e 120 Cost., in relazione all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione); del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), ed in particolare degli artt. 2 e 4; dei principi di leale collaborazione, di ragionevolezza e di adeguatezza.

Infine, la Regione Puglia ha prospettato questioni di legittimità costituzionale del nuovo testo dei commi 2, 3 e 4 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, per violazione degli artt. 70, 76, 77, 117, 118 e 120 Cost., nonché del principio di leale collaborazione.

2. – In ragione dell’identità delle norme impugnate e della stretta connessione delle questioni, i giudizi possono essere riuniti, per essere decisi congiuntamente.

3. – Preliminarmente deve essere rigettata l’eccezione di inammissibilità, per sopravvenuta carenza di interesse, del ricorso della Regione Puglia. Quest’ultima, successivamente alla notifica del ricorso oggetto del presente giudizio, ha adottato gli atti di intesa per l’individuazione degli interventi urgenti e indifferibili connessi alla trasmissione e alla distribuzione di energia nel territorio regionale, nonché gli atti di intesa per la ratifica delle nomine dei commissari straordinari incaricati della realizzazione degli interventi.

Secondo la difesa statale, la Regione Puglia avrebbe dato piena attuazione alle norme impugnate, con la conseguenza che sarebbe venuto meno il suo interesse a ricorrere. La difesa regionale replica fondatamente a questa eccezione, ricordando che, per giurisprudenza costante e consolidata di questa Corte, l’istituto dell’acquiescenza non trova applicazione nel giudizio di legittimità costituzionale. La cessazione della materia del contendere può essere dichiarata pertanto solo se la norma impugnata non ha trovato applicazione e non può più essere applicata, e non invece nell’ipotesi inversa in cui essa ha già avuto applicazione (ex plurimis, sentenze n. 40 del 2010, n. 98 del 2007).

4. – Prima di esaminare nel merito le singole questioni, occorre individuare l’ambito di pertinenza delle norme impugnate. Le stesse sono sicuramente riconducibili alla materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», rientrante nella competenza legislativa concorrente, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost. Depone in tal senso anche l’espressa formulazione contenuta nel nuovo comma 1 dell’art. 4, del d.l. n. 78 del 2009, in cui si fa riferimento a «interventi urgenti ed indifferibili, connessi alla trasmissione, alla distribuzione e alla produzione dell’energia e delle fonti energetiche che rivestono carattere strategico nazionale».

Quanto ai parametri statutari invocati dalla Provincia autonoma di Trento, la difesa della ricorrente ritiene violate le competenze legislative esclusive in materia di «ordinamento degli uffici provinciali» (art. 8, n. 1); di «urbanistica e piani regolatori» (art. 8, n. 5); di «tutela del paesaggio» (art. 8, n. 6); di «opere di prevenzione e di pronto soccorso per calamità pubbliche» (art. 8, n. 13); di «lavori pubblici di interesse provinciale» (art. 8, n. 17); di «assunzione diretta di servizi pubblici» (art. 8, n. 19); di «espropriazione per pubblica utilità» (art. 8, n. 22). Sarebbero inoltre violate le competenze legislative concorrenti della Provincia autonoma in materia di «utilizzazione delle acque pubbliche, escluse le grandi derivazioni a scopo idroelettrico» (art. 9, n. 9) e di «igiene e sanità, ivi compresa l’assistenza sanitaria e ospedaliera» (art. 9, n. 10). Infine, si ritiene violato l’art. 14, primo comma, dello statuto speciale, che prevede il parere obbligatorio della Provincia «per le concessioni in materia di comunicazioni e trasporti riguardanti linee che attraversano il territorio provinciale», e l’art. 16 del medesimo statuto, secondo il quale la Provincia, nelle materie e nei limiti entro cui può emanare norme legislative, esercita anche le relative potestà amministrative.

Dalla disamina dei titoli di competenza indicati dalla difesa provinciale, si deduce come nessuno degli ambiti materiali richiamati sia strettamente inerente all’energia. Si tratta piuttosto di campi di incidenza indiretta degli interventi in tale materia. Di conseguenza, si deve nella specie ribadire quanto già affermato da questa Corte nella sentenza n. 383 del 2005, secondo cui le competenze statutarie in materia di energia sono sicuramente meno ampie rispetto a quelle riconosciute alle Regioni, nello stesso ambito, dall’art. 117, terzo comma, Cost. La Provincia autonoma può quindi rivendicare una competenza legislativa concorrente identica a quella delle Regioni ad autonomia ordinaria (sentenze n. 383 del 2005 e n. 8 del 2004) ed anche una competenza amministrativa più ampia – in quanto fondata sui principi dell’art. 118 Cost. – rispetto a quella ad essa spettante sulla sola base del d.P.R. n. 235 del 1977, come modificato dal decreto legislativo 11 novembre 1999, n. 463 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di demanio idrico, di opere idrauliche e di concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico, produzione e distribuzione di energia elettrica).

È evidente, in definitiva, che, in virtù dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, alla Provincia autonoma si debba estendere – in quanto più favorevole alle ragioni dell’autonomia – la stessa disciplina dettata dagli artt. 117 e 118 Cost. per le Regioni a statuto ordinario.

Quanto alle funzioni trasferite alle Province autonome ai sensi dell’art. 01 del d.P.R. n. 235 del 1977, aggiunto dal d.lgs. n. 463 del 1999, si deve osservare che le competenze legislative e amministrative derivanti dal nuovo Titolo V della Parte seconda della Costituzione sono più ampie rispetto a quelle statutarie. Da ciò deriva che nelle prime sono comprese le seconde, con la conseguenza che non si pone un problema di autonoma violazione di queste ultime.

Non può peraltro escludersi l’applicabilità delle norme impugnate alle Province autonome, a causa della chiarezza del dato normativo, che prevede l’intesa anche con dette Province, oltre che con le Regioni. Inoltre, le norme impugnate – prevedendo l’intesa sia al fine della individuazione degli interventi, sia al fine della loro realizzazione – sono più rispettose dell’autonomia provinciale in raffronto alla norma statutaria (art. 14), che – con riguardo alle «concessioni in materia di comunicazioni e trasporti» – impone solo un parere obbligatorio della Provincia.

5. – La questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto l’art. 4, comma 2, primo periodo, del d.l. n. 78 del 2009 non è fondata.

Questa Corte ha precisato che, in astratto, non può escludersi l’attrazione in sussidiarietà delle funzioni amministrative e legislative concernenti la realizzazione (e non solo l’individuazione) degli interventi previsti nella norma censurata (sentenza n. 215 del 2010). Occorre quindi valutare, in concreto, la proporzionalità degli interventi stessi, così come previsti dalle disposizioni impugnate, nella parte in cui attraggono al livello statale le funzioni in parola.

Si deve riconoscere, nel caso di specie, il rispetto del criterio di proporzionalità, sulla base della considerazione che l’intervento statale è finalizzato a garantire l’effettività dell’attuazione degli interventi individuati. Proprio la natura strategica degli stessi impone che la loro realizzazione proceda in modo unitario e coordinato, giacché le finalità complessive concordate tra Stato e Regioni potrebbero essere frustrate, se si verificassero forti discrasie nei tempi e nelle modalità di esecuzione.

6. – La questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto l’art. 4, comma 2, terzo periodo, del d.l. n. 78 del 2009 è fondata.

Nella norma censurata si prevede il potere sostitutivo del commissario del Governo, in caso di inerzia delle amministrazioni pubbliche – Regioni ed enti locali – che non abbiano rispettato i termini previsti dalla legge o quelli più brevi, comunque non inferiori alla metà, eventualmente fissati in deroga dallo stesso commissario, occorrenti all’autorizzazione e all’effettiva realizzazione degli interventi.

La norma in esame introduce una forma di potere sostitutivo, che non risponde ai requisiti richiesti dall’art. 120 Cost. e dall’art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3).

La richiamata previsione costituzionale stabilisce che il potere sostitutivo spetti al Governo, nei confronti delle Regioni e degli enti locali, nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. Inoltre l’esercizio del potere sostitutivo deve compiersi – sempre secondo l’art. 120 Cost. – in base alle procedure stabilite dalla legge a garanzia dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione.

In attuazione dell’art. 120 Cost., l’art. 8 della legge n. 131 del 2003 prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, assegni all’ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari e che, solo decorso inutilmente detto termine, il Consiglio dei ministri, sentito l’organo interessato, assuma i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomini un apposito commissario. Nei casi di assoluta urgenza, il Consiglio dei ministri adotta i provvedimenti necessari, i quali sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza unificata, che possono chiederne il riesame.

Nel caso di specie, la norma censurata non contempla né i presupposti sostanziali richiesti dall’art. 120 Cost., né le procedure previste – sulla base del rinvio contenuto nella norma costituzionale – dall’art. 8 della legge n. 131 del 2003.

È stato attribuito un potere sostituivo direttamente ad un organo amministrativo, mentre invece la norma costituzionale prevede che sia il Governo ad esercitare tale potere, sia pure nominando, non in via generale e preventiva, ma per il caso specifico, un commissario. Inoltre il potere sostitutivo è esercitabile per la semplice inerzia degli enti competenti, senza che ricorrano le gravi ed eccezionali ipotesi di cui al secondo comma dell’art. 120 Cost. e senza alcuna limitazione procedurale, che consenta all’ente inadempiente di compiere l’atto o gli atti – per la cui mancanza viene prevista l’attivazione, da parte del commissario, del suddetto potere – ed evitare così di essere sostituito.

La norma censurata prevede, inoltre, che il commissario possa ridurre, fino alla metà, i termini previsti dalla legge. Tale potere di riduzione è del tutto in contrasto sia con la norma costituzionale citata, sia con l’art. 8 della legge n. 131 del 2003, poiché restringe ancor di più, in modo indebito e discrezionale, l’autonomia degli enti, la quale deve essere invece tutelata dalla certezza dei termini, che non possono che essere quelli fissati dalla legge.

Si deve infine ricordare come questa Corte abbia escluso che il potere sostitutivo possa essere previsto nei casi in cui vi sia uno spostamento di competenze amministrative, a seguito di attrazione in sussidiarietà, dovendosi ritenere che la leale collaborazione, necessaria in tale evenienza, non possa essere sostituita, puramente e semplicemente, da un atto unilaterale dello Stato (sentenza n. 383 del 2005).

Rimangono assorbiti, quanto alla norma prima citata, gli altri profili di illegittimità costituzionale denunciati dai ricorrenti.

7. – La questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto l’art. 4, comma 3, del d.l. n. 78 del 2009 non è fondata.

Al riguardo, si deve rilevare che non è lesiva delle competenze regionali e provinciali la previsione normativa secondo cui i commissari straordinari sono nominati con un decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Non lesiva risulta essere anche la norma in virtù della quale, con il decreto di nomina, sono determinati i compiti del commissario, i poteri di controllo e di vigilanza sul suo operato e le relative dotazioni di mezzi e di personale.

I commissari straordinari del Governo sono infatti organi statali, la cui disciplina non può che spettare allo Stato. Così peraltro stabilisce l’art. 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri), che presenta un contenuto in gran parte coincidente con quello della norma impugnata. Il citato art. 11 prevede appunto che i commissari straordinari sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri e che, con il decreto di nomina, sono determinati «i compiti del commissario e le dotazioni di mezzi e di personale».

8. – La questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 4, del d.l. n. 78 del 2009 è fondata.

Nella norma censurata è previsto un potere sostitutivo del Governo in caso di mancato raggiungimento dell’intesa, esercitabile «decorsi trenta giorni dalla convocazione del primo incontro tra il Governo e la regione o la provincia autonoma interessata».

Questa Corte ha affermato, con giurisprudenza costante, che, nei casi di attrazione in sussidiarietà di funzioni relative a materie rientranti nella competenza concorrente di Stato e Regioni, è necessario, per garantire il coinvolgimento delle Regioni interessate, il raggiungimento di un’intesa, in modo da contemperare le ragioni dell’esercizio unitario di date competenze e la garanzia delle funzioni costituzionalmente attribuite alle Regioni (ex plurimis, sentenze n. 383 del 2005 e n. 6 del 2004). La previsione dell’intesa, imposta dal principio di leale collaborazione, implica che non sia legittima una norma contenente una «drastica previsione» della decisività della volontà di una sola parte, in caso di dissenso, ma che siano necessarie «idonee procedure per consentire reiterate trattative volte a superare le divergenze» (ex plurimis, sentenze n. 121 del 2010, n. 24 del 2007, n. 339 del 2005). Solo nell’ipotesi di ulteriore esito negativo di tali procedure mirate all’accordo, può essere rimessa al Governo una decisione unilaterale (sentenza n. 33 del 2011).

La norma impugnata configura una di quelle drastiche previsioni di superamento unilaterale dell’intesa da parte dello Stato, ritenute dalla giurisprudenza di questa Corte come inidonee ad assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione, particolarmente in rilievo nelle ipotesi di attrazione in sussidiarietà. Non è prevista infatti alcuna articolazione procedurale, che possa consentire un superamento concordato del dissenso. L’intervento unilaterale dello Stato non si presenta quindi come l’ipotesi estrema, che si verifica allorché l’esperimento di ulteriori procedure bilaterali si sia rivelato inefficace, ma è previsto come conseguenza automatica del mancato raggiungimento dell’intesa, in relazione al quale, peraltro, è fissato un termine molto ristretto ed incerto per l’effettivo svolgimento delle attività rivolte al fine dell’accordo («trenta giorni dalla convocazione del primo incontro»).

La previsione, nella norma censurata, di un invito, rivolto al Presidente della Regione o della Provincia interessata, a partecipare – in posizione minoritaria – alla riunione del Consiglio dei ministri, nella quale si decide l’esercizio del potere sostitutivo, non può essere considerata valida sostituzione dell’intesa, giacché trasferisce nell’ambito interno di un organo costituzionale dello Stato un confronto tra Stato e Regione, che deve necessariamente avvenire all’esterno, in sede di trattative ed accordi, rispetto ai quali le parti siano poste su un piano di parità.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, del decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105 (Misure urgenti in materia di energia), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 13 agosto 2010, n. 129, nella parte in cui introduce il comma 2 dell’art. 4 del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 102, limitatamente alle parole «Ciascun commissario, sentiti gli enti locali interessati, emana gli atti e i provvedimenti, nonché cura tutte le attività, di competenza delle amministrazioni pubbliche che non abbiano rispettato i termini previsti dalla legge o quelli più brevi, comunque non inferiori alla metà, eventualmente fissati in deroga dallo stesso commissario, occorrenti all’autorizzazione e all’effettiva realizzazione degli interventi, nel rispetto delle disposizioni comunitarie.»;

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 129 del 2010, nella parte in cui introduce il comma 4 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 102 del 2009;

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 129 del 2010, nella parte in cui introduce il comma 3 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 102 del 2009, promosse dalla Regione Toscana, dalla Provincia autonoma di Trento e dalla Regione Puglia per violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, dell’art. 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige); del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di energia); dell’art. 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), e del principio di leale collaborazione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 maggio 2011.

F.to:

Paolo MADDALENA, Presidente

Gaetano SILVESTRI, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 12 maggio 2011.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: MELATTI


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