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Politicizzazione della costituzione e costituzionalizzazione della politica

di - 4 Maggio 2011
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Il rimedio rispetto a tali degenerazioni è tutto in un aggettivo: la democrazia ha da essere “costituzionale” (ed internazionalmente aperta; ma questa caratteristica meriterebbe un discorso a parte).
La costituzionalizzazione della politica si traduce in una generale pretesa che è comune al processo storico noto come costituzionalismo: la pretesa di vedere sempre all’opera, in società, un potere ragionevole.
Il rimedio allo Stato totalitario (o autoritario o neo autoritario) è semplice: occorre evitare che la società sia costruita su un modello incentrato sulla completa ed assoluta subordinazione del diritto alla politica.
Per far questo si deve consentire al giudiziario, su impulso della società ( delle minoranze, ma anche di un solo dissidente ) di poter contraddire il potere di direzione politica, in nome della legalità costituzionale.
Tuttavia il costituzionalismo di seconda generazione è nato per opera della politica, educata dagli orrori della guerra, è sorto dall’opera di Assemblee costituenti fortemente politicizzate, non è stato il frutto – come talvolta può apparire nella costruzione europea di uno spazio giuridico comune ed unitario  – di tecnocrazie e burocrazie che governano l’economia.
Il diritto infatti è costitutivamente più debole della politica, perché la politica ne è sempre la matrice pre-giuridica.
Occorre, quindi, per evitare il ritorno del pendolo su posizioni pericolose, che la politica torni ad apprezzare la democrazia classica, ad amarne la complessità, a coltivare la molteplicità delle forme di legittimazione del potere tipiche delle democrazie mature.
Ed occorre che ci si guardi, nel restaurare politicamente tale sentimento democratico, dagli opposti rischi della deriva populistica e della deriva tecnocratica, del primato della politica assoluta e del governo dei tecnocrati o dei giudici (rischio presente solo quando essi assumano improprie funzioni politiche – contrastabile con azioni disciplinari e rigide incompatibilità – non quando si limitino ad esercitare le loro funzioni).
L’indirizzo politico è solo una delle funzioni statali, la circolarità e la complessità dell’esperienza giuridica ne richiede altre: al di là del porre norme, occorre interpretarle (e prima occorre interpretare per decidere come innovare) e poi eseguirle con la forza nei diversi modi in cui l’amministrazione agisce, in un rapporto fecondo con l’indirizzo politico che non lo contraddice ma lo realizza con imparzialità.
Si tratta di una sequenza complessa, in cui i valori costituzionali vanno costantemente realizzati, in ciascuno degli stadi di esercizio del potere, mantenendo l’autonomia, tipica del liberalismo, delle diverse sfere o mondi vitali e lo spazio assegnato alla ragione pubblica (alla Rawls).
Nel trasporre i valori della politica sul piano giuridico occorre non perdere di vista l’essenzialità di tale dinamica per le nostre libertà.

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