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Un’occasione per riprendere il dibattito sull’accesso alla giustizia ambientale nel diritto dell’Unione Europea

di - 29 Aprile 2011
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Corte di giustizia dell’Unione europea (Grande sezione), sentenza dell’8 marzo 2011, C-240/09
L’art. 9, n. 3 della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale non ha efficacia diretta nel diritto dell’Unione europea.
Questo è quanto statuito dalla Corte di giustizia in merito ad una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte suprema della Repubblica slovacca nell’ambito di una controversia fra un’organizzazione ambientale ed il Ministero dell’Ambiente.
Il giudice a quo si è domandato se, nel caso in cui un’associazione ambientale intenda contestare un atto amministrativo nazionale che deroghi a un regime europeo di tutela dell’ambiente – nella fattispecie, quello istituito dalla direttiva “habitat” [1] –, tale associazione possa trarre diritto di azione dall’ordinamento giuridico dell’Unione europea, in forza dell’effetto diretto delle disposizioni dell’art. 9, n. 3.
La Corte, riunita per l’occasione in grande sezione, ha, in primo luogo, dichiarato la propria competenza a statuire in via pregiudiziale sull’accordo in questione in quanto parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione europea[2].
In secondo luogo, ha ricordato che, affinché una disposizione di un accordo concluso dall’Unione e dai suoi Stati membri con Stati terzi abbia effetto diretto, questa deve stabilire un obbligo chiaro e preciso non subordinato all’intervento di alcun atto ulteriore. Ciò non avviene nel caso dell’art. 9, n. 3, in quanto esso dispone che solo “i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale possano promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale”. Tale disposizione, dunque, non può avere effetto diretto, contenendo alcun obbligo chiaro e preciso che regoli direttamente la situazione giuridica dei cittadini.
Infine, dopo essere giunta a tale conclusione, la Corte ha tenuto a precisare che il fatto che una specifica disposizione di un accordo internazionale non abbia efficacia diretta non significa che non debba essere presa in considerazione dai giudici nazionali di una Parte contraente (ad es. uno Stato membro dell’Unione europea).
I giudici nazionali, dunque, dovranno tenere in considerazione le prescrizioni dell’art. 9, n. 3, e, nel rispetto del principio di tutela effettiva del diritto dell’Unione europea, saranno tenuti a interpretarle in modo da non rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico europeo, nella fattispecie quelli derivanti dalla direttiva “habitat”.
È opportuno esaminare la sentenza della Corte per cui si è discorso nel contesto del più ampio tema dell’attuazione degli obblighi della convenzione di Aarhus all’interno dell’Unione europea in quanto parte contraente.
La convenzione, firmata nel giugno del 1998 e ratificata oggi da quarantaquattro parti contraenti, tra le quali l’Unione europea ed i suoi Stati membri[3], si articola in tre pilastri: il primo attribuisce al pubblico il diritto di accesso alle informazioni ambientali, il secondo garantisce il diritto di partecipare ai processi decisionali e il terzo l’accesso alla giustizia, ossia il diritto di ricorrere in via amministrativa o giurisdizionale contro gli atti e le omissioni dei privati e delle pubbliche autorità che violano le norme di diritto ambientale.
Che cosa ha fatto ad oggi l’Unione europea per attuare gli obblighi derivanti dalla convenzione di Aarhus? Le misure adottate sono state sufficienti per rendere tali obblighi vincolanti sia nei confronti dei propri Stati membri che delle proprie istituzioni? La risposta è positiva se ci si riferisce al primo ed al secondo pilastro ma, al contrario, negativa in relazione all’attuazione del terzo, l’accesso alla giustizia.
Per quanto riguarda l’accesso alle informazioni ambientali e la partecipazione ai processi decisionali, l’azione dell’Unione europea è stata efficiente sotto entrambi i profili: infatti, adeguate misure sono state indirizzate sia nei confronti degli Stati membri che delle istituzioni.
L’attuazione dei primi due pilastri della convezione di Aarhus all’interno degli Stati membri è stata assicurata dall’emanazione di due direttive nel 2003: da un lato, la direttiva 2003/4/CE[4] che garantisce il diritto di accesso all’informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche e stabilisce condizioni e modalità pratiche per il suo esercizio; dall’altro lato, la direttiva 2003/35/CE[5] che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale.
In relazione, invece, all’azione dell’Unione europea nei confronti delle proprie istituzioni, al fine che queste possano assicurare l’esercizio dei diritti derivanti dall’applicazione del primo e del secondo pilastro, si deve sottolineare l’adozione nel 2006 del regolamento (CE) n. 1367/2006[6] che prevede regole per applicare le disposizioni della convenzione alle istituzioni e agli organi comunitari.

Note

1.  Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, GU dell’ 8.3.1996, L 59/63.

2.  Il 17 febbraio 2005 la Convenzione di Aarhus è stata approvata dall’Unione europea con la decisione del Consiglio 2005/370/CE, GU del 17.5.2005, L 124/13.

3.  Ad eccezione dell’Irlanda.

4.  Direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio, GU del 14.2.2003 L 41/26.

5.  Direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all’accesso alla giustizia – Dichiarazione della Commissione, GU del 25.6.2003, L 156/17.

6.  Regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, GU del 25.9.2006, L 264/13.

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