Imposta come home page     Aggiungi ai preferiti

 

Ridurre i tempi per le infrastrutture

di - 5 Febbraio 2011
      Stampa Stampa      

E solo per garantire la sicurezza, dunque, la progettazione racchiude in sé un costo difficilmente determinabile ex ante, come si vorrebbe ed in linea di principio è giusto che sia. Per definizione è quasi impossibile sapere esattamente come stanno le cose sotto terra. Occorre “andare a vedere” – ovvero usare tutti gli strumenti che la tecnologia offre per acquisire un livello di conoscenza tale, da poter essere usato come presupposto per determinare il tipo ed il livello di insicurezza e sviluppare i calcoli propri della costruzione. In altri termini: è facile (si fa per dire) calcolare in astratto le pile di fondazione e la struttura portante di un ponte. Ma questi calcoli valgono poco se non sono calibrati sulla qualità, sulla tenuta e sulla resistenza in profondità del terreno sul quale il ponte verrà appoggiato.
È comprensibile che si cerchi di limitare questi costi per indagini geognostiche, dicendo che spesso ex post si rivelano di scarso rilievo perché non emergono problemi. Ma chi ricorda la tragedia del Vajont ricorda anche che la diga resse all’onda provocata dall’improvviso movimento franoso di circa 250 milioni di metri cubi scivolati nel lago alla velocità di 30 metri al secondo. Era stata studiata e progettata a dovere, mentre questo non era avvenuto per la geologia della montagna e per le opere di contenimento[11].
Lo stesso discorso vale per la progettazione dell’opera in senso stretto. L’esperienza insegna che non c’è lavoro per il quale non siano necessarie varianti – e per il quale quindi ci sono stati vizi della progettazione; ricorrente è il fenomeno della c.d. sorpresa geologica. È un dato di fatto[12] che continuamente i lavori vengono sospesi per rielaborazioni del progetto, con tutto quel che ne deriva in termini di ritardi e maggiori costi[13]. Il codice esplicitamente disciplina le varianti in corso d’opera (art. 114).
Da quanto precede si possono trarre due conclusioni. La prima è che un progettazione accurata, preceduta da parimenti accurati studi geologici, costituisce un costo, che in qualche modo potrebbe essere paragonato a quello di un premio di assicurazione. Come questo copre il rischio delle conseguenze economiche di un incidente, così studi e progettazione attenti prevengono il rischio in sé e per sé. Il costo degli incidenti – cioè di quegli istituti giuridici che si chiamano sospensione dei lavori, varianti, sorpresa geologica, quasi tutti raccolti nella mitica voce “riserve” che l’appaltatore deve iscrivere nel registro di contabilità: per non parlare delle vite umane – è infinitamente superiore al maggior costo che avrebbe avuto una progettazione adeguata. La ragione è elementare: progettazione e studi sono attività professionali; sospensioni, varianti e simili investono cantieri che per la loro sola esistenza hanno rilevanti costi fissi. E, di nuovo, senza parlare delle vite umane.
La seconda conclusione riguarda i progettisti. Il codice guarda con favore l’affidamento della progettazione ai tecnici delle amministrazioni. Pur sapendo bene quante valentissime persone si trovano negli uffici tecnici delle amministrazioni pubbliche, il ricorso ai dipendenti in funzione di risparmio per un verso e di attribuzione di un beneficio economico al personale interessato per un altro, non può essere condiviso. La progettazione è un’attività professionale che comporta assunzione personale di responsabilità, a fronte della quale possono e devono esservi solo la preparazione e l’indipendenza di giudizio. Nella sostanza, nessun rapporto di subordinazione con il committente è compatibile con un incarico di progettazione, ovviamente al di sopra di una certa soglia di difficoltà.

4. L’insufficiente direzione dei lavori.
Le considerazioni svolte nel § che precede si concludono necessariamente con il tema della direzione dei lavori. Una progettazione ineccepibile ha l’inestima-bile pregio di definire con chiarezza le obbligazioni ed i diritti dell’appaltatore. La direzione dei lavori – in gergo D.L. – ha il precisissimo compito di vigilare sull’organizzazione e sul lavoro dell’appaltatore, per evitare errori, dispersione di energie, perdite di tempo – nonché, ovviamente, il ricorso a materiali impropri. Progetto, capitolati tecnici e regole dell’arte sono i parametri di riferimento per una D.L. tempestiva, efficace ed incisiva.
Nel nostro sistema il ruolo della D.L. è frustrato dalle troppo frequenti lacune del progetto. Questo la costringe a discutere con l’impresa non il modo in cui essa adempie ai propri obblighi, ma i suoi stessi obblighi. Il caso più facile da rappresentare è la sorpresa geologica. Succede spesso ad es. che nello scavo compaia un tipo di roccia non previsto, incompatibile con il progetto; o che si incontri acqua in quantità non prevista nel progetto, che lo rende ineseguibile. Qui non c’è da discutere del corretto adempimento delle obbligazioni dell’impresa, come definite dal contratto e dal progetto. È in gioco il progetto; con il progetto, le obbligazioni ed i diritti dell’impresa. È evidente che la D.L. non può modificare né progetto né contratto; deve rimettere la questione alla stazione appaltante e intanto sospendere i lavori.
Questo è il caso più semplice. Ma si incontrano anche altri fenomeni. Bastino due esempi. Il primo è che l’appaltatore ritenga di aver offerto un prezzo eccessivamente basso e di “avere diritto” di correggerlo – indirettamente, come è ovvio. Cerca vizi del progetto, lamenta condizioni atmosferiche avverse, etc. al solo fine di ottenere sospensioni dei lavori, proroga dei termini per la loro ultimazione, varianti etc. Il secondo è che il progetto presti il fianco a critiche, senza essere per questo ineseguibile. L’appaltatore denuncia il fatto, e di nuovo chiede la sospensione dei lavori e la c.d. variante in corso d’opera.

Note

11.  Nel corso dell’Anno internazionale del pianeta terra, patrocinato dall’ONU, il 12 ed il 13 febbraio 2008, vennero presentati cinque casi di tragedie colpevolmente consumatesi e di altre cinque prevenute. Queste sono le parole dedicate al caso Vajont:
The Vajont reservoir disaster is a classic example of the consequences of the failure of engineers and geologists to understand the nature of the problem that they were trying to deal with.
During the filling of the reservoir a block of approximately 270 million cubic metres detached from one wall and slid into the lake at velocities of up to 30 metres per second (approx. 110 kilometres per hour).
As a result a wave overtopped the dam by 250m and swept onto the valley below, with the loss of about 2500 lives.
The dam remained unbroken by the flood and is still there today.
Proper understanding of the geology of the hillside would have prevented the disaster” (enfasi di chi scrive).

12.  Che dimenticano i giornali quando parlano degli arbitrati e della soccombenza delle amministrazioni nella grande maggioranza di casi. Dovrebbero preoccuparsi di vedere su che cosa si fondavano le domande. Sono spessissimo ritardi dovuti a sospensioni per varianti resesi necessarie in corso d’opera.

13.  Sono fonte di perplessità gli artt. 111 e 112 del codice. Il primo prescrive che il progettista debba prestare una garanzia assicurativa “per i rischi derivanti dallo svolgimento delle attività di propria competenza”, fino all’emissione del certificato di collaudo provvisorio. La garanzia è prestata per un massimale, a seconda dell’importo dei lavori, fino ad un milione o a due milioni e mezzo di euro. L’importo è rilevante in assoluto; ma può essere risibile rispetto ai rischi geologici sismico.
L’art. 112 poi prescrive la verifica della progettazione prima dell’inizio dei lavori. Ma il riferimento della verifica è a cascata: il progetto esecutivo deve essere conforme a quello preliminare; il definitivo, all’esecutivo. Se vi sono lacune nelle indagini geognostiche a monte, non sono rilevabili prima dell’inizio dei lavori: come accade, e come lo stesso codice prevede, disciplinando – e non prevenendo – le varianti in corso d’opera.

Pagine: 1 2 3 4


RICERCA

RICERCA AVANZATA


ApertaContrada.it Via Arenula, 29 – 00186 Roma – Tel: + 39 06 6990561 - Fax: +39 06 699191011 – Direttore Responsabile Filippo Satta - informativa privacy