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Economia e diritto delle infrastrutture

di - 10 Gennaio 2011
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Nel trattamento delle offerte anomale – prezzi particolarmente bassi – nelle gare d’appalto la normativa regionale post legge Merloni del 2003 (che prevedeva l’esclusione automatica di quelle offerte) si è mossa in opposte direzioni. Riflettendo anche le richieste delle imprese, nel respingere le offerte anomale gli enti pubblici del Centro-Nord hanno disposto di più ampi margini discrezionali, quelli del Sud di più rigidi automatismi.
Da una indagine campionaria della Banca d’Italia effettuata nel 2005 e ripetuta nel 2008 è risultato che oltre metà delle imprese edili impegnate in opere pubbliche lamentano carenze progettuali e ritardi di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni; il 37 per cento denuncia il contenzioso, i conflitti fra enti e i difetti nei procedimenti autorizzativi e amministrativi; il 23 per cento appunta i suoi rilievi sulla messa a disposizione delle aree e sui tempi delle verifiche ambientali. Illegalità e corruzione sono ammesse dal 20 per cento delle imprese impegnate in opere pubbliche da realizzare nel Centro-Nord, dal 35-50 per cento delle imprese dedite a lavori nel Mezzogiorno, dove la discrezionalità degli enti appaltanti è negativamente riguardata dalle imprese interessate. Le certificazioni SOA – delle Società Organismi di Attestazione della qualità delle imprese – sono considerate inefficaci dall’80 per cento delle aziende che le richiedono.
La capacità degli enti pubblici di programmare, progettare, sorvegliare i lavori lascia non poco a desiderare. Gli stessi enti lamentano perdita di competenze tecniche, carenza di personale, complessità della normativa, difficoltà di coordinamento tra pubbliche amministrazioni. A queste carenze non sono apparse in grado di supplire le stazioni uniche appaltanti istituite (ai sensi del Codice degli appalti del 2006) in regioni come il Piemonte, la Sicilia, la Calabria.

4. Cosa fare
Si impone quindi chiara scansione di responsabilità nella modulazione e nella sequenza dei progetti. Si impone altresì l’abbattimento di ostacoli in ciascuna delle tre fasi principali: progettazione, appalto, realizzazione dei lavori. Sotto il profilo strettamente economico l’attuale depressione ciclica chiama agli investimenti di più pronta spesa e massimo impatto moltiplicativo sulla occupazione e sulla domanda globale. Il ritorno della produttività su un trend di crescita sostenuta e sostenibile nel lungo periodo richiede le infrastrutture più strettamente complementari con l’attività delle imprese maggiormente efficienti e con lo sviluppo dei settori dotati di più alto potenziale d’innovazione.
Movendo dall’assunto che il risanamento dei conti della P.A. renda disponibili più ampie risorse, sembrano tre i fronti decisivi per realizzare gli investimenti infrastrutturali indispensabili al sostegno della domanda globale e al rilancio della produttività: le priorità, le capacità tecnico-amministrative, la normativa.

Priorità. Tempistica e rilevanza degli effetti su domanda globale e produttività del sistema delle imprese sono i criteri di scelta d’ordine economico da integrare più strettamente con quello del soddisfare le esigenze primarie dei cittadini: sicurezza, salute, qualità della vita.
Vi sono infrastrutture la cui predisposizione è capace di attivare domanda globale e occupazione con un “moltiplicatore” della spesa ampiamente superiore all’unità (1,5-1,8) e all’incirca triplo di quello delle uscite correnti delle P.A. Una maggior spesa in conto capitale contribuirebbe non poco al superamento dell’attuale, profondissima depressione. Altre infrastrutture, invece, sebbene attivino meno domanda e occupazione, sono più strettamente funzionali a consentire alle imprese di colmare il ritardo di competitività che la manifattura italiana ha accumulato negli ultimi lustri (25 per cento, in termini di costo del lavoro per unità di prodotto). Ancor più grave è lo scadimento della capacità/propensione delle imprese italiane a innovare e ad applicare il progresso tecnico. Secondo più di uno studio econometrico, la produttività totale dei fattori – il “residuo di Solow” – sarebbe addirittura diminuita negli ultimi lustri in più di un settore, e segnatamente nella industria manifatturiera[5]. Una spesa pubblica per R & D che superasse il modesto 0,5 per cento del Pil su cui è da troppo tempo attestata contribuirebbe a invertire questa preoccupante tendenza. Spetta allo Stato, e alle Università, la ricerca di base più impegnativa e rischiosa, quella su cui i privati non investono. Se è carente la ricerca di base, lo sarà anche la ricerca applicata alle attività produttive. Lo sarà sia da parte delle medie imprese e della “innovative entrepreneurship”, sia da parte delle grandi imprese (ormai poche, in Italia) e della “replicative entrepreneurship[6]. Occorrerà inoltre considerare che la domanda di alcune infrastrutture (trasporti, ad esempio) è oggi più pressante al Nord ma è più utile, in prospettiva, allo sviluppo di lungo periodo della produttività nel Mezzogiorno, la cui dotazione infrastrutturale è di oltre un terzo inferiore a quella del resto del Paese. Se non colmato, il divario di produttività costringerebbe l’industria a tagli dei salari nominali dolorosi, che soli consentirebbero di recuperare la competitività perduta in termini di costo del lavoro per unità di prodotto. Entro limiti, questo doppio criterio economico – domanda globale/produttività – può applicarsi anche alle infrastrutture da realizzare con priorità assoluta, perché urgenti ai fini della tutela dell’habitat da cui dipendono la salute, la sicurezza, la qualità del vivere dei cittadini.
È essenziale prendere le mosse dal portafogli dei progetti già avviati, accelerandone alcuni, rinviandone altri, aggiungendone di nuovi secondo “piani scorrevoli”. Se manovrabile, il portafoglio – stock – delle opere maggiori già deliberate sarebbe macroeconomicamente rilevante. Attualmente è pari al 7 per cento del Pil (opere deliberate dal CIPE per 116 miliardi di cui avviate per 20 miliardi)[7]. Ricomprende tuttavia per il 90 per cento trasporti (strade, ferrovie, porti, aeroporti) e solo per un quarto iniziative localizzate nel Mezzogiorno. Data la scarsità delle risorse, le priorità dovrebbero essere stabilite in modo più accentrato e meglio coordinato di quanto oggi non avvenga, almeno per gli investimenti che superino una determinata soglia.

Note

5.  Chiorazzo, V. – Milani, C., Produttività totale dei fattori e condizioni di mercato nei principali settori dell’economia italiana: 1980-2006, in “Bancaria”, 2008, pp. 48-60.

6.  Uso concetti e termini sulla funzione imprenditoriale desunti da Baumol, W.J., The Microtheory of Innovative Entrepreneurship, Princeton University Press, Princeton, 2010.

7.  Senn, L., L’infrastrutturazione per lo sviluppo del paese: l’esempio paradigmatico della Brianza, in Ghiloni, M. (a cura di), Laboratorio Brianza, Il Sole 24 Ore, Milano, 2010.

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