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Dal Documento di programmazione economico-finanziaria (1988) alla “insostenibile leggerezza” della Decisione di finanza pubblica (2010).

di - 6 Dicembre 2010
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4.   Nello schema introdotto con la novella del 1988 (legge n.362), il Documento di programmazione economico finanziaria (sulla scorta di convincenti e convergenti esperienze straniere) costituiva il fulcro del ciclo del bilancio. Il DPEF ricostruiva, su base pluriennale, uno scenario tendenziale di cassa (settore statale e settore delle pubbliche amministrazioni) e uno scenario programmatico, sempre di cassa: le indicazioni quantitative e qualitative sulla dimensione della manovra di correzione si radicano sugli scostamenti che emergono da questo esercizio. La presentazione anticipata alle Camere del DPEF (fino al 1998 entro maggio e poi entro giugno) assolveva alla funzione (di tipo dimostrativo) di discutere e approvare in anticipo (rispetto alla presentazione dei materiali normativi) i profili quantitativi e qualitativi delle correzioni. Al di là dei numerosi e consistenti problemi tecnici posti dalla costruzione di scenari tendenziali e programmatici, si tratta di costruire un percorso nel quale i soggetti istituzionali e politici possano discutere, comprendere e accettare (con un voto, in ultima analisi a maggioranza) vincoli e priorità settoriali. È uno schema che si radica in robusti studi che convergono nell’indicare che i procedimenti devono essere regolati in modo funzionale alla complessità e alla densità dei nodi decisionali che intendono dominare. Il procedimento deve recare in sé un grado di coerenza e di cogenza proporzionato alla natura e alla posizione istituzionale dei soggetti che vi partecipano ed al risultato che si intende conseguire. Poiché la decisione assume in sé sempre un grado di scelta politica (questo rimane del tutto vero anche per la nuova governance europea), la procedura deve comunque prevedere una via di soluzione per i conflitti. Certamente la decisione di bilancio è un processo estremamente denso e complesso: e questi tratti sono considerevolmente aumentati dopo l’avvio dell’attuazione del c.d. “federalismo fiscale”. Questa impostazione è incorporata anche nella legge n.196 e nella decisione di finanza pubblica (DFP, art.10). È tuttavia l’opinione di chi scrive[3], che al di là della fraseologia usata dalla legge, che nella sostanza ripete la logica sistemica del DPEF, tutto il sistema è venuto nei fatti baricentrandosi sull’ esercizio dei poteri d’urgenza del Governo e sul circuito maxi emendamento, fiducia. Sembra essere questa la forma specifica della razionalizzazione del nostro sistema che risulta incorporata nella legge n.196. La tesi di chi scrive è che questa forma “semplificata” non può reggere la complessità dei compiti di governance della finanza pubblica posti dal titolo V Cost. e dalle regole di convergenza europee (nuove proposte e diritto comunitario vigente).

5.  In questa ottica è forse interessante chiedersi quali indicazioni si possono trarre dalla vicenda dell’interpretazione “ innovativa” del Patto di convergenza , introdotta in sede europea nel 2005. Si ricorderà che le tre condizioni per sconfinamenti dalla regola di convergenza erano temporaneità, eziogenesi dello sconfinamento, legata ad una crisi economica non prevista, modestia dello scostamento. Venne osservato già allora che il valore cognitivo della regola sta tutto nel procedimento con cui la regola viene assunta; la regola è (consiste) nel suo procedimento di determinazione e di modificazione. La verificabilità e controllabilità della spiegazione del reale conferma sul piano cognitivo la sua funzione; se questa spiegazione del reale è messa in discussione si apre una fase di revisione della regola e quindi della procedura che la pone. E nella revisione (allora come ora) prevarranno le esigenze delle economie guida, Germania e Francia in testa. Le recenti proposte sul c.d. braccio correttivo delineano una nuova regola numerica: ventesimo all’anno di manovre di correzione dello stock di debito; si tratta di una regola potenzialmente molto stringente. Essa tuttavia se applicata richiederebbe una strumentazione molto fine. Quanto più si intende operare restrittivamente sulla spesa tanto più deve aumentare la capacità di distinguere e scegliere. I nuovi requisiti richiesti per i quadri del bilancio toccano profili cruciali nella fase di preparazione, approvazione e gestione del bilancio. Vi si prevedono dati di cassa con frequenza mensile; raccordo con la competenza economica. Quale che risulterà la soluzione europea che alla fine prevarrà, è del tutto illusorio pensare che essa ci indicherà dove e come tagliare; ci dirà, forse, quanto tagliare: ma la scelta qualitativa resta tutta intera sul nostro sistema paese: e qui torna per intero la nostra capacità tecnica di fare scelte accurate e consapevoli; ma gli strumenti in essere sono adeguati?

6.  La tesi che si intende sostenere è che l’asimmetria tra la densità dei nodi che devono essere risolti nel sistema interno italiano (reso notevolmente più complesso dall’attuazione dell’art. 119 Cost.) ed i criteri di convergenza posti a livello europeo è aumentata dopo la legge n.196, a dispetto dell’uso abbondante e insistito dei termini coordinamento e programmazione. Non è tanto un problema di tempi nella formazione – presentazione alle Camere dei documenti (di scambi ferroviari tra treni in arrivo e in partenza), ma di strutture deputate alla formazione – approvazione e controllo dei conti. Le due strutture di decisione e controllo politico (il Governo e le Camere) decidono e controllano male; e la legge n.196 ha sostanzialmente eluso questo tema per la quota che poteva essere affrontata in una legge cornice ordinaria. Le politiche pubbliche incorporano una componente cognitiva; una componente strumentale e una componente normativa: per innovare occorre capire dove, nella concreta esperienza, una politica pubblica si è dimostrata carente. Questa analisi critica fattuale dei trenta anni di esperienza delle procedure di bilancio in Italia è sostanzialmente mancata. Si continua con l’inutile litania dell’assalto parlamentare alla diligenza quando il tema è sostanzialmente altro. È quello della conoscenza profonda e fine dei meccanismi reali (non solo giuridico-contabili) di spesa. La componente cognitiva è debole; tutto si scarica su una strumentazione normativa (contabile) che taglia la competenza e imbriglia momentaneamente la cassa, ma dice poco o nulla sulle dinamiche reali delle spese e sulle correzioni qualitative alle politiche in una ottica di innovazione e sviluppo. Sotto questo angolo visuale la situazione del sistema istituzionale italiano è nettamente peggiore dei nostri partners europei; non possediamo strumenti efficaci per fare politiche pubbliche attraverso la leva del bilancio; casi clamorosi sono quelli degli incentivi all’innovazione e degli interventi per infrastrutture.

Note

3.  P. De Ioanna, Queste Istituzioni, 2010.

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