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Teoria e dommatica delle fonti in Alessandro Giuliani

di - 8 Ottobre 2010
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L’abrogazione, dunque. La critica al “dogma volontaristico” è serrata, soprattutto per quanto riguarda le conseguenze ch’esso ha determinato, sterilizzando l’antico principio cessante ratione legis cessat et ipsa lex, limitando al massimo l’ipotesi della reviviscenza, sollecitando la costruzione dell’abrogazione espressa come il vero “modello” di abrogazione. Altrettanto serrata, però, è la dimostrazione che il lavorìo giurisprudenziale ha determinato “una generale tendenza di relativizzazione” delle regole legislative sulla successione delle fonti nel tempo.

Secondo Giuliani, questa tendenza alla relativizzazione non è imputabile esclusivamente ad una strategia della giurisprudenza, ma va ascritta anche alle scelte (in genere inconsapevoli delle proprie conseguenze) dello stesso legislatore e in particolare alla sovrapproduzione normativa: “l’inflazione legislativa estende le situazioni di dubbio, e rende precaria l’automaticità delle regole relative all’abrogazione tacita”, si scrive nel Commento alle Preleggi, e questa osservazione conferma pienamente quella che – come si diceva in apertura – a me appare una ricostruzione unitaria del processo di legislatio e di iuridictio. Così, talune soluzioni giurisprudenziali “scandalose” – dice lo stesso Giuliani – dal punto di vista dei princìpi tradizionali non vanno lette come il frutto del libero movimento della giurisprudenza, ma vanno intese come una reazione che lo stesso legislatore – in genere, ripeto, inconsapevole – ha finito per implicitamente sollecitare. Del resto, lo stesso impetuoso sviluppo di un pluralismo nel sistema delle fonti, che era sconosciuto al passato, ha determinato una profonda trasformazione nei processi di ordinazione delle fonti in sistema: il fenomeno dell’appannamento del criterio cronologico e del successo di altri criteri (gerarchico e della competenza), già finemente analizzato da Vezio Crisafulli, è puntualmente registrato anche da Giuliani.

La retroattività, infine. Anche qui l’assetto delle fonti è legato strettamente a vicende più generali, che di molto lo trascendono. Così, il favor per la legge più risalente è ritenuto imputabile alle esigenze di un’economia di mercato nella quale gli operatori privati debbono poter contare su elementi di “calcolo” stabili e sicuri (aggiungo che, peraltro, le medesime esigenze hanno anche un fondamento democratico, perché affidamento dei cittadini e certezza del diritto si radicano pure nell’idea della consensualità e consapevolezza del pactum unionis). Parimenti, il favor per la legge più recente è ritenuto imputabile alla diffidenza (anzi, all’“orrore”, dice Giuliani) del positivismo per la coesistenza di più norme relative alla medesima fattispecie, coesistenza inevitabile se i fatti passati si consegnano alla disciplina della legge previgente e solo i fatti presenti e futuri sono affidati alla disciplina della legge nuova.

Come si vede, anche in questa prospettiva il sistema delle fonti non costituisce una a priori, che gli operatori del diritto si trovano di fronte preconfezionato, bell’e pronto, ma è il risultato – se mai riuscirà ad essere sistema – del continuo confronto e intreccio fra spinte (scelte) sociali, spinte (scelte) legislativa, spinte (scelte) giurisprudenziali e dottrinali.

Una volta di più, la natura unitaria del processo di legislatio e di iurisdictio fa dello studio dell’una o dell’altra soltanto di queste due attività una prospettiva parziale di approccio ad un fenomeno che, seppur riguardato da angolazioni diverse, resta il medesimo. Il tentativo teorico di Alessandro Giuliani è stato, mi pare, proprio quello di sfuggire alle parzialità di queste prospettive.

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