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Il rientro dal debito pubblico in Europa

di - 9 Agosto 2010
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Il grafico successivo mostra il rapporto tra gli aumenti dei deficit e le diminuzioni dei Pil: come si vede non vi è relazione; ciò potrebbe essere spiegato affermando che le politiche di aumento dei deficit non sono servite a ridurre la caduta della produzione, perché altrimenti dovremmo avere una relazione negativa [1]. L’affermazione sarebbe coerente con la visione anti-keynesiana che ha dominato gli ultimi decenni della teoria e della politica macroeconomica. Ma vi può essere una spiegazione keynesiana della mancanza di relazione: se la caduta della produzione è più forte nel paese A che nel paese B, a parità di effetti automatici e di politiche discrezionali, troveremo una relazione positiva tra la caduta del Pil e l’incremento del deficit. Supponiamo che i due paesi abbiano la stessa caduta della produzione, ma A abbia degli stabilizzatori automatici più forti o decida politiche di bilancio più espansive; in questo caso A avrà una riduzione meno accentuata del Pil di fronte ad un maggior deficit, esibendo una relazione negativa. Non è quindi sorprendente che non vi sia relazione tra gli aumenti dei deficit e le diminuzioni dei Pil.

2. Gli effetti dei deficit.
Tornando alla tesi anti-keynesiana, l’inizio può trovarsi in un documento tedesco del Consiglio degli esperti economici, che nel 1981 propose una riduzione delle spese pubbliche come mezzo per combattere la recessione degli inizi degli anni ottanta. Secondo la german view, detta anche expectations view, se il taglio delle spese pubbliche viene percepito come avente effetti permanenti, i consumatori percepiranno una (futura) riduzione delle imposte, quindi un aumento del reddito disponibile, e pertanto i consumi aumenteranno e con essi il reddito e la produzione. Si è sostenuto [2]  che questo comportamento dei consumatori si sarebbe verificato sia in Danimarca che in Irlanda negli anni ottanta; che al contrario l’esperienza svedese dei primi anni novanta costituirebbe la controprova di manovre di bilancio che non ottengono l’effetto desiderato sulle aspettative dei consumatori, perché basate più sulle entrate che sulle spese pubbliche.
Sul piano logico, non vi è nulla da obiettare alla tesi basata sulla german view; essa si basa su proposizione avanzate da Ricardo e riprese dopo oltre un secolo e mezzo da Barro, sull’equivalenza tra debito pubblico ed imposta (straordinaria) sul patrimonio, ovvero sulla negazione che il debito pubblico costituisca ricchezza netta [3] . Più interessante sembra porsi due domande: l’esperienza danese ed irlandese degli anni ottanta e quella svedese degli anni novanta possono davvero essere portate come esempio della correttezza della german view?  E soprattutto cosa dobbiamo attenderci dalle misure di taglio dei deficit che tutti i paesi europei stanno effettuando?
Se la german view fosse vera, e se le misure di consolidamento del debito fossero effettuate con riduzioni di spesa pubblica strutturali (e percepite come tali), potremmo assistere ad una ripresa dei consumi, della produzione e del reddito. Nel caso contrario, come temono molti osservatori, una prolungata fase deflazionistica si estenderebbe su tutta l’Europa, mettendo a rischio gli stessi conti pubblici e la tenuta dell’euro.

Il caso danese.
3. Va ricordato che nell’ottobre del 1979 Paul Volcker, da poco nominato a capo della Fed, in una riunione riservata dell’Open Market Committee, decide di adottare una rigida politica monetaria per stroncare le aspettative inflazionistiche, che si erano consolidate negli anni settanta, e che sarebbero state alimentate dalla seconda “tassa degli sceicchi”. La politica monetaria degli USA è seguita dal governo della signora Tatcher, e si diffonde in tutta l’Europa, con forti aumenti sia dei tassi a breve che di quelli a lunga durata. In effetti, nel 1980, sia gli Stati Uniti che il Regno Unito entrano in recessione; l’unico altro paese europeo che li segue è proprio la Danimarca.

Note

1.  Per la verità il grafico tra il livello del deficit e la diminuzione dei Pil (non riportato) mostra una lieve relazione negativa, ma di scarsa significatività.

2.  Si veda Giavazzi e Pagano 1990 e 1996.

3.  Infatti il titolo del noto articolo di Barro del 1974 era: “Are Government Bonds Net Wealth?”. Quando Barro scrisse l’articolo ignorava l’equivalenza ricardiana, sulla quale avevano scritto generazioni di economisti.

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