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Diritto negoziale della crisi d’impresa e prospettive di riforma dell’amministrazione straordinaria

di - 9 Luglio 2010
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9. – Qualche anno addietro un’attenta dottrina constatava che «la composizione negoziale della crisi dell’impresa è fenomeno vastissimo, presente in tutto il sistema delle procedure concorsuali», e rinveniva lo strumento operativo per l’esposta finalità nel concordato [32].
La riforma della legge fallimentare, e la legittimazione del diverso fenomeno dei contratti sulla crisi d’impresa nelle regole sui piani attestati di risanamento e sugli accordi di ristrutturazione dei debiti non solo ha dato conferma ulteriore a quella osservazione, ma ha anche consentito una più comprensiva considerazione della prassi giuridica in materia in modo da raccogliere nelle soluzioni negoziali della crisi d’impresa anche le soluzioni effettivamente (non deliberative ma) contrattuali. Così da legittimare la proposta ricostruttiva – prima accennata – del ‘diritto negoziale della crisi d’impresa’.
Il disegno di legge sulla riforma organica delle procedure di amministrazione straordinaria è in istruttoria da oltre un anno. Negli ultimi mesi, presso il ministero per lo sviluppo economico è stata istituita una commissione tecnica a cui è affidato il compito di elaborare emendamenti al disegno di legge delega e poi di attuare la delega medesima.
L’indirizzo riformatore è nel segno della unificazione delle procedure, e dunque della eliminazione del doppio binario costituito dalla amministrazione straordinaria ‘comune’ e ‘speciale’ [33].
Questo indirizzo di politica del diritto, collocato nel più vasto contesto disegnato dalla riforma del diritto della crisi d’impresa, apre nuove prospettive al diritto negoziale.
L’unificazione delle procedure di amministrazione straordinaria può certamente avvenire sia privilegiando gli elementi negoziali sparsi nelle une e nelle altre sia privilegiando, all’opposto, soluzioni improntate alla compressione delle istanze negoziali e dei diritti dei creditori. Che tuttavia la prima opzione sia la più probabile emerge dalla osservazione degli interventi di riforma per come succedutisi nell’ultimo lustro. Il concordato nell’amministrazione straordinaria speciale – quale ultimo prodotto legislativo in materia – manifesta un carattere di negozialità ampiamente superiore al concordato nella procedura comune. Inoltre, appare significativo che la riforma del diritto ordinario dei concordati sia stata influenzata dalle scelte adottate in sede di disciplina della amministrazione straordinaria speciale. Così come appare condizionante la tendenza legislativa alla ‘privatizzazione’ del diritto della crisi d’impresa.
Resta da considerare la peculiare finalità delle procedure di amministrazione straordinaria: la conservazione, in qualsiasi forma utile, dell’attività di impresa. A questo finalismo soggiacciono interessi pur tutelati ma potenzialmente e anche concretamente configgenti: come l’interesse dei creditori alla massima soddisfazione possibile.
Poiché la negozialità si esplica nel dialogo tra debitore e creditori teso alla composizione del debito, e poiché il finalismo negoziale è neutro, prescegliendosi di volta in volta dalle parti dell’accordo o del concordato l’opzione funzionale alla migliore composizione del debito (non necessariamente ristrutturazione, ma anche liquidazione), l’autonomia privata nei contratti e nei concordati sulla crisi della grande impresa (come tale assoggettata a amministrazione straordinaria) si presta a subire un inevitabile condizionamento di carattere pubblicistico: presentandosi preliminarmente e necessariamente come autonomia autorizzata.

10. – Una rilevante novità del disegno di legge sulla amministrazione straordinaria è nel principio  direttivo sugli accordi di ristrutturazione dei debiti. Si dispone infatti – all’art. 1 lett. i) – una regolamentazione di tali accordi i quali, se organizzati anche con il ricorso a risorse pubbliche [34], devono essere approvati dall’autorità amministrativa (oltre che omologati del tribunale).
La menzione degli accordi anche nel contesto dell’amministrazione straordinaria ne rafforza la legittimità quale generale strumento di gestione della crisi d’impresa.
La previsione della approvazione ministeriale per gli accordi stipulati con risorse pubbliche armonizza l’aprioristica libertà di contratto con il finalismo di sistema, che nel particolare contesto della crisi della grande impresa l’accordo è chiamato ad assecondare. Pertanto, ove l’accordo non attuasse un piano aziendale volto alla conservazione dell’attività economica, ma mirasse a realizzare un programma di liquidazione patrimoniale, esso non potrebbe giovarsi del sostegno pubblico, e il ministero dovrebbe negare l’autorizzazione.
Al contratto sulla crisi d’impresa è dunque riconosciuta funzione gestoria della crisi; l’ampio ventaglio di obbiettivi astrattamente a disposizione è sottolineato dalla necessità della approvazione ministeriale di un accordo organizzato anche sulla base di risorse pubbliche.
Resta irrisolta, de iure condendo, la questione dell’accordo di liquidazione realizzato senza richiesta di sussidio pubblico.
Allo stato, è indubitabile che la grande impresa in crisi possa realizzare contrattualmente piani aziendali dal più vario contenuto, e dunque anche orientati verso obbiettivi diversi e configgenti con la conservazione dell’organizzazione produttiva [35].
Nella prospettiva della riforma, va discusso se tale assetto del diritto rilevante si mostri sufficientemente compatibile con i generali interessi di sistema compresi quelli promossi nelle leggi sulla amministrazione straordinaria: giacché, sotto tale profilo, appare evidente che rimettere all’impresa in crisi la preferenza dello strumento gestorio equivale a consegnare a uno solo dei protagonisti della crisi d’impresa la scelta decisiva sulle possibilità concrete della piena tutela di tutti gli interessi in gioco, non ultimo l’interesse alla conservazione dei livelli occupazionali.  Il che, mentre non appare discutibile nel caso in cui l’imprenditore versi in stato di temporanea difficoltà ad adempiere o in preinsolvenza, appare viceversa ampiamente discutibile nel caso in cui l’imprenditore sia già divenuto insolvente.

Note

32.  Cfr. Punzi, Le procedure di amministrazione straordinaria nel sistema delle procedure concorsuali, in Dir. fall., 2005, I, 273.

33.  L’art. 1, lett. a) del disegno di legge prevede la riunificazione della disciplina della crisi delle grandi imprese, oggi divisa nelle due leggi del 1999 e del 2004, in un solo atto normativo.

34.  Il riferimento è al fondo per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà di cui all’art. 11, comma 3, d.l. 14.3.2005, n. 35, conv. l. 14.5.2005, n. 80.

35.  Parte della dottrina (così Piscitello, Piani di risanamento e posizione delle banche, in Guerrera e altri, Le soluzioni concordate delle crisi d’impresa, cit., 112 s.), ritenendo sussistere una differenza ontologica tra piani attesti e accordi attestati afferma anche che mentre sono ammissibili accordi di liquidazione, invece piani di liquidazione sarebbero inammissibili. In realtà, il piano non costituisce istituto diverso dall’accordo, ma il mero fatto aziendale attuato per mezzo dell’accordo. Dunque, nessuna plausibile ragione porta a escludere l’ammissibilità di accordi di liquidazione, redatti o meno secondo la previsione dell’art. 182 bis l.f.

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