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Alessandro Giuliani: l’esperienza giuridica fra logica ed etica

di - 5 Luglio 2010
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Invero, la crisi profonda cui assistiamo, non solo della dogmatica giuridica ma, più ampiamente, delle fondamenta di civiltà dell’ordine giuridico e politico, non deriva forse da un’ancor più radicale crisi etica, dalla incapacità di trovare, nelle radici della nostra formazione di giuristi, ma anche più ampiamente di cittadini, il senso non ipocritamente esibito di una ragione fondante dello stare insieme come società, di una identità civica che dovrebbe rinviare a molteplici calibrature di ruoli sociali e professionali, di mestieri e di qualità convergenti verso interessi comuni, pur nella differenziazione e persino nella contrapposizione di interessi individuali e collettivi? In altre parole, come possono essere affrontate le sfide delle società pluraliste se tali società non mostrano una disponibilità a ragionare sui fondamenti etici delle proprie articolazioni soggettive; se, in altre parole, i cittadini – ciascuno per la propria parte, con riferimento alla propria attività e quindi alla propria responsabilità – non si rendono disponibili a riflettere sul proprio ruolo nella comunità civica? In questo ordine di idee, non si tratta di respingere un approccio critico alla riflessione giuridica, poiché il discorso critico può essere prezioso per valutare a fondo una questione; ma il discorso critico, da solo, non è sufficiente, almeno dal punto di vista del giurista. È necessario che ciascuno cerchi dentro di sé una disponibilità al contatto con una verità che, prima di esser detta, dovrebbe secondo me essere cercata da ognuno nella propria interiorità. Non si tratta, beninteso, di suggerire un’intonazione intimista di questa ricerca: un maestro del pensiero critico come Michel Foucault, negli ultimi anni della sua vita, aveva dedicato grandi energie alla riflessione sulla parresίa, scrivendo pagine significative sull’esigenza di dire la propria, relativa, verità, squisitamente umana ma non per questo meno vera. In effetti, è esigenza primaria di ogni comunità civica quella di coltivare la memoria di sé, l’interesse per il proprio passato, l’attitudine al ricordo collettivo, alla reminiscence[2]. Si badi: questo rinvio alla memoria, al ricordo collettivo, non è indice di preferenza per una visione statica dell’ordine giuridico della comunità civica, per un irrigidimento dei rapporti sociali e dei criteri interpretativi cui si ispirano le valutazioni giuridiche. Coltivare la memoria di sé, per una comunità civica, dovrebbe significare, al contrario, avere presente il nesso dinamico – dominato cioè dal cambiamento, dal movimento, dalla trasformazione – che connette situazioni contingenti e storicamente determinate; nesso che, così operando, permette l’elaborazione di valori di convivenza, di principi costitutivi di diritto, di itinerari argomentativi adatti ad affrontare controversie nelle società pluraliste.

Questo ordine di idee, secondo me, sollecita un’apertura della riflessione del giurista, e del costituzionalista in particolare: assistiamo, oggi, in effetti, da un lato alla moltiplicazione dei piani che, intersecandosi, danno vita al discorso costituzionale – nel senso che il diritto costituzionale statuale non esaurisce tale discorso ma lo compone insieme ad apporti che provengono da aree regionali più vaste (in Europa, soprattutto, gli sviluppi del diritto costituzionale europeo) e dal mondo intero – dall’altro, ad una rinnovata e più marcata attenzione per il diritto giurisprudenziale, specie in materia di tutela dei diritti fondamentali. Questa attenzione non dovrebbe ridursi ad elaborazione di una dogmatica giurisprudenziale, diretta alla sistematizzazione delle massime ed alla «accurata ricostruzione della motivazione della sentenza»[3]. Si tratta invece di valorizzare il pluralismo degli apporti giurisprudenziali, specie in un’epoca in cui essi provengono da ordinamenti diversi, con dotazioni peculiari di linguaggio, di metodo, di analisi dei casi, in sintesi di cultura giuridica. Si tratta, ancora, di non ignorare il fondamento assiologico delle decisioni dei giudici e di indagare il rapporto fra valori ed argomenti nei ragionamenti delle corti.

Le trasformazioni che provengono dal diritto giurisprudenziale – e dal diritto in generale – devono essere problematizzate, nel senso che il mutamento deve essere studiato per comprendere le linee di tendenza, le aporie come i tratti di coerenza di giurisprudenze che non devono essere prese in considerazione per se sole ma nei rapporti che fra esse intercorrono e che rendono impervie, problematiche, le letture che tentano di interpretarle. I rapporti fra giurisprudenze non si svolgono oggi su binari prefissati ma sono in larga misura aperti al cambiamento, alla dinamica dei rapporti fra culture giuridiche, fra filosofie giudicanti diverse, fra interessi differenziati; è in questo quadro che esse tuttavia cercano anche, dialetticamente, gli itinerari per una stabilizzazione sia dei propri indirizzi che dei rapporti che li vincolano a quelli delle altre corti.

Da questo punto di vista, può essere valorizzato lo studio delle argomentazioni di ciascun giudice, non con l’obiettivo di trarre, da quelle argomentazioni, il sistema di concetti, di dogmi che dovrebbero spiegare ed illustrare la materia, ma con quello di apprezzare, nell’analisi dei casi di giurisprudenza, la dialettica fra tendenze al cambiamento ed alla differenziazione e tendenze alla stabilizzazione di principi giuridici. Si consideri che una linea argomentativa elaborata da un giudice potrà sia avere versioni o applicazioni nell’uso che il medesimo giudice ne farà nel tempo, così da consolidare alcuni aspetti dell’argomentazione e trascurare altri; sia trovare un’utilizzazione da parte di altro giudice, in un ambiente culturale ed istituzionale diverso, con esiti che saranno solo in parte analoghi a quelli maturati dalla giurisdizione che aveva inaugurato il suo uso.

Note

2.  Cfr. A. GIULIANI, Droit, mouvement et reminiscence, in Archives de philosophie du droit, tome 29, 1984, pp. 101 ss.

3.  Così A.A. CERVATI, A proposito del diritto costituzionale in una prospettiva storica e comparativa, in ID., Per uno studio comparativo del diritto costituzionale, Torino, Giappichelli, p. 15.

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