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Amministrazione e giurisdizione nel modello svedese: riflessioni e resoconto di un viaggio

di - 8 Aprile 2010
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Nonostante queste regole restrittive anche la Svezia ha i suoi problemi di lentezza dei processi (che non superano mediamente i due anni) con l’art. 6 della Convenzione europea per la protezione dei diritti dell’uomo, ma spesso ho notato che i colleghi svedesi trasecolavano all’idea del divieto generalizzato del non liquet esistente in Italia, trovandolo una premessa per il collasso del sistema giudiziario.
Il non liquet da noi non sarebbe possibile per Costituzione replicavo; poi, fra me e me pensavo: esso è consentito in una società solo se i cittadini si fidano gli uni degli altri.
Forse in Italia, vien da pensare con tristezza, siamo machiavellici, non ci fidiamo abbastanza gli uni degli altri per ipotizzare una modifica dell’art. 24 Cost. ed avvicinare la giustizia a canoni di maggiore efficienza.
Vogliamo esperire impugnazioni con larghezza perché diffidiamo gli uni degli altri, diffidiamo dei giudici e temiamo gli errori giudiziari.
E forse il nostro sistema giudiziario è troppo nell’occhio del ciclone e della polemica politica per pensare di poterne fare oggetto di un’investitura di fiducia così importante (limitando l’accesso generale al primo grado e prevedendo restrizioni al diritto di appello e di impugnazione successiva).
Una società – quella svedese – basata sulla fiducia fra amministratori ed amministrati, in un modo non facilmente replicabile altrove ma affascinante.

Reputazione e buona amministrazione
Una società imperniata sulla fiducia, ma non solo.
Anche sull’importanza della reputazione (potremmo definirla l’importanza del fattore reputazionale).
Ho domandato ad alcuni colleghi svedesi, spinto dalla curiosità: che succede nel vostro sistema amministrativo quando la sentenza del giudice amministrativo non viene eseguita?
La risposta è stata improntata a meraviglia; il caso si verifica assai di rado; in tali evenienze si scomodano l’Ombudsman parlamentare od il Cancelliere di Giustizia (istituzione governativa antichissima, di impronta regia, avente lo scopo di vigilare sulla pubblica amministrazione e di esercitare all’occorrenza, come l’ombudsman, una speciale inquisizione penale sui pubblici funzionari).
Ma, in genere, basta una raccomandazione a provvedere e tutto si accomoda per il meglio.
Nelle nostre – italiche – statistiche giudiziarie le ottemperanze oscillano fra il 10 ed 20 % delle controversie!
Basta questo per evidenziare una caratteristica generale, spesso in ombra, del diritto amministrativo informale.
Una caratteristica dello “Stato di diritto informale”, avrebbe detto Giorgio Berti, ossia l’importanza che, nel diritto e nel diritto pubblico in particolare, è rivestita dalla reputazione.
Per vari e complessi motivi che è arduo analizzare in questo scritto, in Italia, dove spesso il problema è l’affermazione della legalità sul territorio, spesso funestato dalle mafie, la reputazione non ha alcuna valenza positiva nell’enforcement del diritto amministrativo.
Ma se fosse possibile recuperarne la forza la società farebbe un passo avanti. Serio. Forse decisivo, attesa la valenza e l’importanza che la reputazione ha nell’instaurare un clima di fiducia e nell’evitare le liti.
La reputazione è un fattore di buona amministrazione.
Il disdoro etico/deontologico previene le patologie giudiziarie.
In Svezia ad es. non vige la nostra regola costituzionale dell’accesso ai pubblici uffici per concorso.
Basta un’intervista. Anche per diventare referendari (i giudici invece sono nominati dal Governo, segno di massima serenità nel rapporto fra i poteri; ma sono inamovibili e non licenziabili dal Governo a tutela della loro indipendenza).
Non si segnalano timori diffusi di un uso distorto del potere di cooptazione dei funzionari nelle cariche pubbliche.
Il disdoro e la riprovazione che ne seguirebbero sul piano sociale sono considerati fattori sufficienti a prevenire l’uso clientelare del potere.
Tuttavia il sistema è oggetto di ripensamento e si sono verificati scandali nell’ultimo periodo del governo socialdemocratico, che, al pari della morte di Olof Palme, hanno condotto la Svezia ad una svolta politico – culturale (che segna un irrigidimento rispetto ai canoni consueti e, ad es. un mutamento di filosofia nell’affrontare il problema dell’immigrazione dalla tradizionale apertura ad una certa prudenza a difesa del proprio modello sociale).

Lo Stato sociale si riflette nella giurisdizione amministrativa
I pilastri dell’azione amministrativa in Svezia sono la tassazione e le assicurazioni sociali.
Infatti sono anche le materie di cui si occupano in via prioritaria i giudici amministrativi.
Il sistema dello Stato sociale e le tasse che lo reggono sono la competenza principale del giudice amministrativo, che è quindi un po’ un giudice tributario e un po’ un giudice della previdenza e dell’assistenza sociale.
Un giudice che maneggia diritti fondamentali e questioni relative ai marginali e non le questioni inerenti la natura del pubblico potere (ottica che deriva, nel nostro sistema, dalla costituzionalizzazione della regola del riparto di giurisdizione per diritti ed interessi ossia, in definitiva, in dipendenza dell’esistenza di un pubblico potere o no); il sistema giudiziario è impegnato nell’applicazione di un diritto amministrativo che tocca tutti e non solo il problema delle nuove forme del diritto pubblico dell’economia (la materia degli appalti pubblici vi ha uno spazio ridotto e specialistico e così quella del risarcimento danni per l’azione della p.a.).
Naturalmente si istituisce il giudice amministrativo per materie, incentrate su tassazione e sicurezza sociale, perché dietro le questioni di diritto pubblico c’è la logica erariale e dietro quella logica, implacabile, un’idea di comunità, lo Stato sociale.

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