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Il ricorso per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici

di - 5 Marzo 2010
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L’azione per l’efficienza dell’amministrazione rappresenta piuttosto una forma di tutela di interessi individuali, i quali rinvengono la loro dimensione collettiva nella circostanza di ritrovarsi con identico contenuto in capo ad una pluralità di soggetti. La tutela può essere esperita allorché gli interessi rilevanti ed omogenei risultano lesi, o meglio non soddisfatti, a causa di una disfunzione imputabile all’amministrazione o a concessionari di servizi pubblici.[18]
In ogni caso, l’evento lesivo deve consistere in una “disfunzione dell’apparato amministrativo non limitata a casi singoli”[19], richiedendo la norma la lesione di una pluralità di interessi isomorfi.
Il requisito della necessaria plurioffensività del comportamento omissivo o inefficiente, rappresenta un ostacolo non lieve per la utilizzazione pratica del rimedio e solleva qualche dubbio di costituzionalità.
Non sono chiare le ragioni per le quali l’azione non possa essere esperita quando il soggetto leso è uno solo. Se il diritto, e la lesione, sono riferibili al singolo, per il vincolo imposto dall’art. 24 Cost., la tutela individuale non dovrebbe essere esclusa, né condizionata alla dimostrazione della valenza ultraindividuale  dell’interesse e della lesione.
Si inserisce poi nella disciplina dell’interesse a ricorrere, la disposizione contenuta nel comma 1 bis, ai sensi del quale “nel giudizio sulla sussistenza della lesione di cui al comma 1 il giudice tiene conto delle risorse strumentali, finanziarie e umane concretamente a disposizione delle parti intimate
La disposizione è senz’altro anomala e giustamente è stata criticata nei primi commenti al testo del decreto[20].
E’ vero che considerazioni di tipo economico non sono in ogni caso estranee alla valutazione del giudice. Così ad esempio, ai sensi dell’art. 2058 c.c., “il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore”. E l’art. 2933 attribuisce al giudice il potere di valutare il pregiudizio che all’economia nazionale possa derivare dalla esecuzione forzata di un obbligo di non fare ed il potere di disporre il risarcimento del danno in luogo della distruzione della cosa.
Si tratta tuttavia di un ordine di valutazioni che intervengono in genere nella fase conclusiva del processo e riguardano non già l’esistenza del diritto, ma le modalità, ed anche i limiti, della sua concreta soddisfazione.
Nel caso del comma 1 bis, invece, le valutazioni circa l’eccessiva onerosità o l’impossibilità di adempiere, per l’amministrazione intervengono nella fase introduttiva e condizionano la stessa procedibilità della domanda.
Si è così osservato – e la critica è senz’altro condivisibile – che il comma 1 bis offre all’amministrazione un’arma agevole per paralizzare il ricorso fin dal suo nascere, solo che essa dimostri la limitatezza delle risorse strumentali, finanziarie ed umane (prova che non è difficile fornire)
Il diritto degli amministrati ad ottenere prestazioni conformi agli standard qualitativi e quantitativi predefiniti, enfaticamente proclamato in astratto, rischia di assumere la assai labile consistenza di un diritto finanziariamente condizionato, non solo quanto alla possibilità di essere soddisfatto, ma quanto alla sua stessa esistenza.

4. La nozione di pubblica amministrazione in senso soggettivo è – come è noto -nozione a geometria variabile.
Ai fini dell’applicabilità delle disposizioni in tema di ricorso per l’efficienza dell’amministrazione, il legislatore vi ha incluso i privati concessionari di servizi pubblici. Ne restano invece esclusi le autorità amministrative indipendenti, gli organi giurisdizionali, le assemblee legislative e gli altri organi costituzionali, nonché la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
La inclusione dei concessionari di pubblici servizi tra i soggetti di pubblica amministrazione, o meglio la sottoposizione di alcuni aspetti dell’attività dei concessionari di servizi alla disciplina propria delle pubbliche amministrazioni, non costituisce certo una novità. Basti pensare alla disciplina sostanziale e processuale sull’accesso ai documento amministrativi. Per il disposto dell’art. 22, comma 1, lett. e) “per pubblica amministrazione” si intendono “tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario”.
Tale accezione estesa di pubblica amministrazione trova la sua giustificazione nel fatto che l’attività di erogazione di servizi pubblici, così come l’attività amministrativa, è rivolta alla collettività ed è destinata a soddisfare i bisogni essenziali di questa. E’ coerente con queste premesse l’idea che anche l’attività di erogazione di servizi pubblici debba svolgersi secondo i canoni costituzionali dell’imparzialità e del buon andamento.
Cionondimeno l’applicazione dell’azione per l’efficienza ai concessionari privati di servizi pubblici pone alcuni problemi, specie per quanto riguarda i poteri del giudice e la fase dell’esecuzione.

Note

18.  La locuzione disfunzione amministrativa è abbastanza ampia da comprendere le varie ipotesi elencate dall’art. 1, ovvero quelle dell’inosservanza dei termini o della mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori, non aventi contenuto normativo, e della violazione di standard qualitativi ed economici, stabiliti per i concessionari dei servizi pubblici e per le pubbliche amministrazioni.

19.  Cfr. Cons. Stato, 9 giugno 2009, cit.

20.  Cfr. A. MONEA, Contro la p.a. inadempiente un ricorso a garanzia degli standard, in Il Sole 24 ORE cit.

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