WTO e misure anticrisi: alcune suggestioni

Sommario: 1. Qualche numero sulla crisi. 2. La reazione protezionistica di USA e Francia. – 3. La posizione ufficiosa della WTO. – 4. I sistemi di reazione.

1. Qualche numero sulla crisi

Per avere un’idea dell’entità della crisi che le economie globali stanno affrontando ci si può riferire al rapporto pubblicato dal Fondo Monetario Internazionale per il quale la crescita globale del 2009 sarà pari a solo ½ punto percentuale (si pensi che, stando alle tabelle allegate al rapporto FMI, la crescita per l’anno 2007 è stata del 5,2% e per l’anno 2008 del 3,4%)[1].
Con riferimento a tali stime, il Presidente della Banca Mondiale Robert Zoellick ha recentemente preannunciato che le previsioni della Banca Mondiale vedono per l’anno 2009 una contrazione dell’economia mondiale addirittura fra l’1 e il 2%, e che “un dato globale come questo non si vedeva dalla Seconda Guerra Mondiale, che in realtà vuol dire dalla Grande Depressione”[2].
Gli analisti della WTO hanno pubblicato una previsione di contrazione del commercio globale come conseguenza della recessione pari al 9% per l’anno 2009[3].
L’International Labour Organization, organismo delle Nazioni Unite, ha previsto, nel suo rapporto annuale sulle tendenze nel mercato del lavoro, un “drammatico aumento” del numero dei senza lavoro per il 2009. Lo scenario prefigurato dall’ILO vede un aumento tra i 18 e i 30 milioni di disoccupati a livello mondiale rispetto ai livelli del 2007, fino ad un massimo di 50 milioni di disoccupati se la situazione continuerà a peggiorare. In quest’ultima ipotesi, dice ancora il rapporto, “qualcosa come 200 milioni di lavoratori, prevalentemente nelle economie in via di sviluppo, potrebbe finire nella povertà estrema”[4].

2. La reazione protezionistica di USA e Francia

Di fronte a una crisi di tale entità, alcuni Paesi, in particolare USA e Francia, stanno reagendo, com’è noto, con misure protezionistiche. In particolare, negli Stati Uniti all’American Recovery and Reinvestment Act (c.d. stimulus package, o pacchetto di stimolo fiscale) appena approvato è stata introdotta la clausola del “Buy American”. Tale clausola contenuta nella Section 1605 dell’American Recovery and Reinvestment Act prevede, in sostanza, che le industrie americane utilizzino, per i progetti finanziati dal pacchetto di stimolo fiscale (costruzione, modifica, mantenimento, riparazione di edifici pubblici o altri lavori pubblici) ferro, acciaio e prodotti manifatturieri di esclusiva provenienza statunitense[5].
In Francia è stato approvato di recente il c.d. “Pacte Automobile”, il piano di sostegno alle industrie automobilistiche, il quale prevede prestiti governativi a medio termine (5 anni) fino ad un massimo di 6,5 miliardi di euro alle industrie del settore automobilistico francese (in particolare PSA Peugeot Citroen e Renault), purché dette imprese si impegnino a non chiudere gli impianti attivi sul territorio francese per tutta la durata del prestito e a fare tutto il possibile per evitare esuberi di personale[6].
Si tratta solo di alcune delle più recenti ed eclatanti manifestazioni dell’ondata di protezionismo che ha coinvolto, con una sorta di effetto domino, quasi tutte le economie mondiali[7].
Il ricorso dei governi alle logiche protezionistiche, adottandosi il meccanismo noto in economia sotto il nome di “beggar thy neighbour” (impoverisci il tuo vicino), sta comportando che si ripeta quello che è accaduto dopo il crollo delle borse del 1929, ovvero il “chacun pour soi”.
Inutile evidenziare come tali misure protezionistiche non possano non incidere sulla libera circolazione dei beni e sul commercio internazionale e appare pertanto del tutto lecito chiedersi quale posizione stia assumendo la WTO al riguardo[8] dal momento che uno degli accordi multilaterali che ne costituiscono il fondamento vieta espressamente le sovvenzioni (noi diremmo gli aiuti di stato) accordati specificamente a un’impresa o a un gruppo di imprese[9].

3. La posizione “ufficiosa” della WTO

L’art. 3 dell’accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative vieta “le sovvenzioni condizionate, singolarmente o nel quadro di altre condizioni generali, all’uso preferenziale di merci nazionali rispetto a prodotti importati”.
Ai sensi dell’art. 1 s’intende sussistere una sovvenzione quando “un governo (…) accordi un contributo finanziario (…)” oppure nel caso in cui “una prassi governativa implichi il trasferimento diretto di fondi (ad esempio sussidi, prestiti, iniezioni di capitale)” o “venga posta in essere una qualsivoglia forma di sostegno al reddito e ai prezzi” o, ancora, “venga conferito un vantaggio”.
Non pare dubbio che, alla luce di tali norme, siano numerosi gli argomenti che porterebbero a ritenere lo stimulus package americano e il Pacte automobile come sovvenzioni vietate.
Orbene, se pur allo stato non risultino ancora atti ufficiali, documenti o giurisprudenza in ordine alla (in)compatibilità di tali misure protezionistiche con le regole di liberalizzazione del commercio internazionale, vi sono però alcuni aspetti che meritano di essere segnalati e che evidenziano il fatto che la WTO inizia, se pur con comprensibile difficoltà, a muoversi.
Innanzitutto nell’ottobre 2008 è stata costituita una task force in seno al Segretariato della WTO per seguire gli effetti della crisi[10].
Si stanno poi moltiplicando, fin dai primi mesi dell’anno 2009, gli interventi del Direttore Generale, Pascal Lamy, contro le misure protezionistiche.
Tra tali interventi se ne possono menzionare cinque: uno di gennaio, tre di febbraio e uno di luglio.
Nel gennaio 2009 Lamy ha presentato un “work in progress” nel quale venivano riportati i pericoli derivanti dall’adozione di misure protezionistiche.
Successivamente lo stesso Direttore Generale, nel presentare al Trade Policy Review Body della WTO il suo primo report sui recenti sviluppi del commercio associati alla crisi finanziaria il 9 febbraio 2009, ha poi avvertito che con la crescita del commercio in stallo “le fragili prospettive commerciali di ogni Membro della WTO sono diventate specialmente vulnerabili all’introduzione di nuove misure che chiudano l’accesso al mercato o distorcano la concorrenza (…) Questo, in particolare, è il caso dei Paesi in via di sviluppo” [11].
Ancora l’11 febbraio 2009, in un articolo, Lamy ha affermato esplicitamente che “porre ostacoli nel sentiero del commercio non promuove la crescita né salva posti di lavoro. Al contrario, la storia è colma di esempi di misure protezionistiche ed isolazionistiche che hanno reso ancor più grave una cattiva situazione economica”[12].
Infine in una conferenza tenutasi il 23 Febbraio 2009 a Seoul, il Direttore Generale ha esortato tutti i governi a resistere alla tentazione di alzare ogni tipo di barriera commerciale, ed a lasciare il commercio aperto opponendosi agli isolazionismi[13].
Il  13 luglio 2009 durante la presentazione del terzo rapporto sulle Politiche commerciali[14], Lamy ha affermato con chiarezza “at a time when the global economy is still fragile worldwide and in face of the unprecedented decline in trade flows, we must send a clear and credible message that protectionism is not the answer”.
Si tratta di segnali chiari e coincidenti dai quali emerge in modo inequivoco, sebbene manchi ancora una formalizzazione, la posizione della WTO nei confronti delle misure protezionistiche.

4. I sistemi di reazione

Pur non disponendo di alcuna “palla di vetro” per prevedere come la WTO potrebbe muoversi in ordine alla compatibilità delle misure protezionistiche con l’ordinamento del commercio internazionale, si può però fornire qualche dato di diritto positivo sulle procedure e sui poteri di cui la WTO dispone se decidesse di intervenire al riguardo.
Va ricordato infatti che una delle più importanti innovazioni apportate al termine dell’Uruguay Round all’ordinamento multilaterale del commercio internazionale è proprio il meccanismo contenzioso che viene disciplinato dallo specifico accordo Understanding on the rules and Procedures Governing the Settlment of Disputes-DSU[15].
Il complesso meccanismo di risoluzione delle controversie prevede l’interazione di diversi organi: il Dispute settlment body[16], il panel[17] e l’organo di appello[18].
Sino ad oggi tale sistema ha consentito la risoluzione di numerose controversie tra paesi industrializzati nonché tra paesi in via di sviluppo e paesi industrializzati e, infine, tra USA e Comunità europea (si pensi alle controversie sulle banane e sugli ormoni)[19].
E, dunque, occorre partire dal fatto che la partecipazione alla WTO comporta per ogni membro la piena accettazione dell’accordo istitutivo e proprio in esso si prevede, come si è detto, che siano vietate le sovvenzioni alle imprese nazionali.

Come si è ricordato sono sovvenzioni passibili di azione legale proprio quelle “che producono effetti pregiudizievoli per gli interessi di altri membri quali il danno all’industria nazionale di un altro membro” o che “producono grave pregiudizio agli interessi di un altro membro” (art. 5 accordo sovvenzioni).
Ai sensi della normativa del commercio internazionale si ha grave pregiudizio nel caso di “sovvenzionamento totale ad valorem di un prodotto che superi il 5% (…)” o di “sovvenzioni finalizzate a coprire perdite di gestione sostenute da un’impresa”.
Allo stesso modo, però, si prevede che non sussiste un grave pregiudizio se le misure adottate sono una tantum, non sono a durata indeterminata e non possono essere ripetute e siano state adottate esclusivamente in attesa della formulazione di soluzioni a lungo termine e per evitare gravi problemi sociali[20].
E, dunque, se uno dei vari Stati membri della WTO ritenesse che le misure adottate da USA e Francia integrino gli estremi di una sovvenzione vietata potrebbe richiedere che si proceda a consultazioni con questi due paesi ai sensi dell’art. 4 accordo sulle misure compensative (o subsidies).
Se entro 30 giorni non venisse trovato un accordo, lo Stato membro “denunciante” potrebbe deferire la questione all’organo per la soluzione delle controversie DSB per la costituzione di un panel ai sensi dell’art. 4.4 dell’accordo sulle sovvenzioni includendo una relazione sugli elementi di prova disponibili in merito all’esistenza e alla natura della sovvenzione in questione e al danno causato all’industria nazionale.
All’atto della costituzione il panel potrebbe richiedere l’assistenza del gruppo permanente di esperti (“GPE”) allo scopo di verificare se la misura in questione sia una sovvenzione vietata (in tal caso il parere del GPE diventerebbe un parere vincolante per il panel che dovrebbe decidere in modo conforme).
La decisione del panel dovrebbe essere adottata in tempi assai brevi (entro 90 giorni dalla sua composizione) e nell’ipotesi in cui fosse stato accertato che la misura in questione integra gli estremi di una sovvenzione vietata, verrebbe emessa una raccomandazione affinché gli USA e/o la Francia provvedano a revocare le misure senza indugio.
Nell’ipotesi in cui USA e/o Francia, a quel punto, dovessero rappresentare la volontà di proporre appello si costituirebbe l’appelate body che dovrebbe decidere il gravame in tempi assai brevi (60 giorni dalla costituzione).
Se anche l’appello dovesse concludersi in senso negativo per USA e Francia, e questi non osservassero le raccomandazioni di tali organi, l’Organo per la soluzione delle controversie concederebbe al membro che si ritiene danneggiato l’autorizzazione a prendere contromisure adeguate (articolo 4.10 accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative).
A questo punto USA e Francia potrebbero solo attivare un arbitrato per determinare se le contromisure siano o meno adeguate.
In estrema sintesi si può dire che se uno degli Stati membri della WTO volesse contestare l’adozione di tali misure potrebbe farlo e il procedimento si articolerebbe probabilmente in tre fasi (ricerca di una soluzione transattiva, primo grado e secondo grado).
Nell’ipotesi in cui si concludesse favorevolmente per il richiedente questo potrebbe essere autorizzato ad adottare misure compensative proporzionate rispetto al danno che ha subito.
E, dunque, se non si può certo prevedere quali scenari ci riserva il futuro, si può però certamente evidenziare che la crisi di questi anni metterà a dura prova non solo gli Stati nazionali e le loro economie ma anche la tenuta complessiva del sistema di risoluzione delle controversie di recente avviato dall’Organizzazione mondiale del Commercio.

Note

1.  FMI, World Economic Outlook Update, 28 gennaio 2009, http://www.imf.org/external/pubs/ft/weo/2009/update/01/, p. 1.

2.  ZOELLICK R., intervento del 21.3.09 al Brussels Forum 2009 organizzato dal German Marshall Fund. La trascrizione è reperibile al link http://www.gmfus.org/brusselsforum/2009/docs/Day2_TransatlanticLeadership.doc, p. 1.

3.  WTO, Press Release, 23 marzo 2009, http://www.wto.org/english/news_e/pres09_e/pr554_e.htm.

4.  ILO, Global Employment Trends, January 2009, http://www.ilo.org/, p. 18 ss.

5.  “In General none of the funds appropriated or otherwise made available by this Act may be used for a project for the construction, alteration, maintenance, or repair of a public building or public work unless all of the iron and steel used in theproject is produced in the United States” (SEC. 1110 use of American iron and steel).

6.  “Pacte Automobile” Fiche 1. Il “Pacte Automobile” è stato approvato il 9.2.2009. Il testo integrale è reperibile al seguente link: www.elysee.fr/download/?mode=press&filename=09.02.09_DPpacteautomobile.pdf.

7.  Si pensi ad es. all’India, che nel novembre 2008 ha elevato i dazi doganali su alcuni prodotti siderurgici; all’Ecuador, che il 26 novembre 2008 ha alzato in misura variabile dal 5 al 20% le tariffe doganali su 940 prodotti, dal burro ai cracker, dai telefoni cellulari agli occhiali; all’Argentina che, sempre nel novembre 2008, ha imposto un meccanismo di licenze non automatiche sull’importazione di prodotti considerati di particolare importanza per l’economia nazionale quali componenti di auto, televisori, giocattoli e scarpe; alla Corea del Sud, che nel dicembre 2008 ha annunciato che i dazi sull’importazione di greggio sarebbero saliti dall’1 al 3% a partire dal marzo 2009; alla Cina, che sempre nel dicembre 2008 ha aumentato i rimborsi dell’Iva sulle esportazioni di alcuni prodotti tessili e bambù, mobili e oggetti di plastica, per un totale di 3.770 articoli; alla Russia che nel gennaio 2009 ha adottato misure di supporto alla produzione automobilistica, inclusi gli aiuti di Stato, ed ha alzato i dazi sull’importazione di auto e camion (Fonte: MERLI A., Se questo non è protezionismo, in IlSole24ore.com, 17 febbraio 2009).

8.  Si ricordi che l’accordo istitutivo della WTO fa parte dell’Atto finale dei negoziati commerciali multilaterali dell’Uruguay Round apertosi a Punta del Este nel settembre 1986, firmato a Marrakesh il 15 aprile 1994 e entrato in vigore il 1 gennaio 1995. LA WTO a differenza di altre organizzazioni economiche a carattere universale non fa parte delle Nazioni Unite. La WTO conta oggi più di 150 membri tra i quali gli USA, gli Stati europei, la stessa Comunità europea, la Cina e molti paesi in via di sviluppo. Nelle relazioni esterne essa è guidata dal Direttore generale (art. VI accordo istitutivo). I suoi organi decidono normalmente in base al meccanismo del consensus e ricorrono alla votazione solo in via residuale (art. IX accordo istitutivo).

9.  L’accordo istitutivo della WTO ha quattro allegati. Nel primo allegato, tra i vari accordi, vi è quello sulle sovvenzioni e sulle misure compensative. Si noti che nell’ordinamento della WTO manca una norma che disponga in modo netto quello che sancisce l’art. 87, comma 3, Tr. CE, lett. b) ossia che possono considerarsi compatibili con il mercato comune (…) gli aiuti destinati (…) a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro”.

10.  Si veda la trascrizione della relazione del Direttore Generale Lamy al General Council del WTO in data 14 ottobre 2008, http://www.wto.org/english/news_e/news08_e/tnc_chair_report_oct08_e.htm.

11.  Si veda la trascrizione della presentazione del Direttore Generale Lamy effettuata ad un incontro informale del Trade Policy reviw Body il 9 febbraio 2009, in http://www.wto.org/english/news_e/news09_e/tpr_09feb09_e.htm. V. anche il WTO Doha Round Bulletin del Febbraio 2009, secondo pararafo, http://www.dfat.gov.au/trade/negotiations/wto_bulletin/2008/wto_bulletin_0902.html.

12.  Lamy, Now is the time to conclude Doha, in Wall Street Journal Europe, 11 febbraio 2009.

13.  Si veda la trascrizione del messaggio del Direttore Generale Lamy, http://www.wto.org/english/news_e/sppl_e/sppl115_e.htm.

14.  Report to the tprb from the director-general on the financial and economic crisis and trade-related developments (WT/TPR/OV/W/2 15 July 2009)

15.  G. Adinolfi, La soluzione delle controversie nell’OMC e il contenzioso euro-statunitense, in G. VENTURINI, L’organizzazione mondiale del commercio, Giuffré, 2004, 191ss.; C. COCUZZA-A.FORABOSCO, Il sistema di risoluzione delle controversie commerciali tra Stati dopo l’Uruguay Round del Gatt, in Dir.comm.int.le, 1996, 139

16.  Il DSB non è altro che una sessione speciale del Consiglio generale riunito nella funzione di organo di risoluzione delle controversie e composto da tutti i membri del Consiglio generale presenti alla sessione. Esso ha il compito specifico di sovrintendere alle procedure di risoluzione delle controversie, di nominare il panel, di adottare le decisioni dell’organo di appello, di sovrintendere alla esecuzione delle decisioni e raccomandazioni adottate, di autorizzare le misure di ritorsione contro gli Stati inadempienti (articolo 2.1 DSU).

17.  Il panel ha la funzione di assistere il DSB nello svolgimento delle sue funzioni di giudizio ponendo in essere tutti gli adempimenti che consentono a quest’ultimo, unico rappresentante della volontà di tutti gli Stati membri, di adottare la decisione finale (art. 11). Di fatto il panel ha acquisito un vero e proprio ruolo decisionale dal momento che per rigettare le sue proposte occorre l’unanimità di tutti gli Stati. I panels sono composti di 3 membri (in alcuni casi da 5) e il DSU stabilisce i criteri guida per la soluzione dei suoi componenti al fine di garantire il prestigio dell’organo e la sua funzione.

18.  L’art. 17.1 del DSU prevede la costituzione di un organo permanente deputato alla revisione dei rapporti del panel limitatamente alle materie di diritto e di interpretazione della legge. L’organo di appello è composto da 7 membri che restano in carica 4 anni e sono rieleggibili una sola volta. Tra tali sette componenti vengono scelti, volta per volta, i 3 componenti incaricati di svolgere ciascun riesame.

19.  Sul punto si consenta di rinviare a F.DE LEONARDIS, La disciplina dell’ambiente tra Europa e WTO, in Dir.amm., 2004, 513.

20.  Vi è sotto questo profilo sintonia tra quanto prevede l’ordinamento della WTO e quanto previsto dall’art. 87, comma 3, lett. b) tr. UE che considera compatibili gli aiuti volti a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro.
Le recenti comunicazioni della Commissione europea del 25.10.2008 sull’applicazione delle regole in materia di aiuti di Stato alle misure adottate per le istituzioni finanziarie nel contesto dell’attuale crisi finanziaria globale (2008/C 270/02) e del 22.1.2009 contenente quadro di riferimento temporaneo comunitario per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’accesso al finanziamento nell’attuale situazione di crisi finanziaria (2009/C 16/01) confermano che la Commissione dà un’interpretazione restrittiva di tale norme considerando ammissibili solo le misure provvisorie, che prevedano il meccanismo di riesame almeno semestrale, che devono essere interrotte non appena la situazione economica dello Stato membro lo permette.