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WTO e misure anticrisi: alcune suggestioni

di - 14 Dicembre 2009
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3. La posizione “ufficiosa” della WTO

L’art. 3 dell’accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative vieta “le sovvenzioni condizionate, singolarmente o nel quadro di altre condizioni generali, all’uso preferenziale di merci nazionali rispetto a prodotti importati”.
Ai sensi dell’art. 1 s’intende sussistere una sovvenzione quando “un governo (…) accordi un contributo finanziario (…)” oppure nel caso in cui “una prassi governativa implichi il trasferimento diretto di fondi (ad esempio sussidi, prestiti, iniezioni di capitale)” o “venga posta in essere una qualsivoglia forma di sostegno al reddito e ai prezzi” o, ancora, “venga conferito un vantaggio”.
Non pare dubbio che, alla luce di tali norme, siano numerosi gli argomenti che porterebbero a ritenere lo stimulus package americano e il Pacte automobile come sovvenzioni vietate.
Orbene, se pur allo stato non risultino ancora atti ufficiali, documenti o giurisprudenza in ordine alla (in)compatibilità di tali misure protezionistiche con le regole di liberalizzazione del commercio internazionale, vi sono però alcuni aspetti che meritano di essere segnalati e che evidenziano il fatto che la WTO inizia, se pur con comprensibile difficoltà, a muoversi.
Innanzitutto nell’ottobre 2008 è stata costituita una task force in seno al Segretariato della WTO per seguire gli effetti della crisi[10].
Si stanno poi moltiplicando, fin dai primi mesi dell’anno 2009, gli interventi del Direttore Generale, Pascal Lamy, contro le misure protezionistiche.
Tra tali interventi se ne possono menzionare cinque: uno di gennaio, tre di febbraio e uno di luglio.
Nel gennaio 2009 Lamy ha presentato un “work in progress” nel quale venivano riportati i pericoli derivanti dall’adozione di misure protezionistiche.
Successivamente lo stesso Direttore Generale, nel presentare al Trade Policy Review Body della WTO il suo primo report sui recenti sviluppi del commercio associati alla crisi finanziaria il 9 febbraio 2009, ha poi avvertito che con la crescita del commercio in stallo “le fragili prospettive commerciali di ogni Membro della WTO sono diventate specialmente vulnerabili all’introduzione di nuove misure che chiudano l’accesso al mercato o distorcano la concorrenza (…) Questo, in particolare, è il caso dei Paesi in via di sviluppo” [11].
Ancora l’11 febbraio 2009, in un articolo, Lamy ha affermato esplicitamente che “porre ostacoli nel sentiero del commercio non promuove la crescita né salva posti di lavoro. Al contrario, la storia è colma di esempi di misure protezionistiche ed isolazionistiche che hanno reso ancor più grave una cattiva situazione economica”[12].
Infine in una conferenza tenutasi il 23 Febbraio 2009 a Seoul, il Direttore Generale ha esortato tutti i governi a resistere alla tentazione di alzare ogni tipo di barriera commerciale, ed a lasciare il commercio aperto opponendosi agli isolazionismi[13].
Il  13 luglio 2009 durante la presentazione del terzo rapporto sulle Politiche commerciali[14], Lamy ha affermato con chiarezza “at a time when the global economy is still fragile worldwide and in face of the unprecedented decline in trade flows, we must send a clear and credible message that protectionism is not the answer”.
Si tratta di segnali chiari e coincidenti dai quali emerge in modo inequivoco, sebbene manchi ancora una formalizzazione, la posizione della WTO nei confronti delle misure protezionistiche.

4. I sistemi di reazione

Pur non disponendo di alcuna “palla di vetro” per prevedere come la WTO potrebbe muoversi in ordine alla compatibilità delle misure protezionistiche con l’ordinamento del commercio internazionale, si può però fornire qualche dato di diritto positivo sulle procedure e sui poteri di cui la WTO dispone se decidesse di intervenire al riguardo.
Va ricordato infatti che una delle più importanti innovazioni apportate al termine dell’Uruguay Round all’ordinamento multilaterale del commercio internazionale è proprio il meccanismo contenzioso che viene disciplinato dallo specifico accordo Understanding on the rules and Procedures Governing the Settlment of Disputes-DSU[15].
Il complesso meccanismo di risoluzione delle controversie prevede l’interazione di diversi organi: il Dispute settlment body[16], il panel[17] e l’organo di appello[18].
Sino ad oggi tale sistema ha consentito la risoluzione di numerose controversie tra paesi industrializzati nonché tra paesi in via di sviluppo e paesi industrializzati e, infine, tra USA e Comunità europea (si pensi alle controversie sulle banane e sugli ormoni)[19].
E, dunque, occorre partire dal fatto che la partecipazione alla WTO comporta per ogni membro la piena accettazione dell’accordo istitutivo e proprio in esso si prevede, come si è detto, che siano vietate le sovvenzioni alle imprese nazionali.

Note

10.  Si veda la trascrizione della relazione del Direttore Generale Lamy al General Council del WTO in data 14 ottobre 2008, http://www.wto.org/english/news_e/news08_e/tnc_chair_report_oct08_e.htm.

11.  Si veda la trascrizione della presentazione del Direttore Generale Lamy effettuata ad un incontro informale del Trade Policy reviw Body il 9 febbraio 2009, in http://www.wto.org/english/news_e/news09_e/tpr_09feb09_e.htm. V. anche il WTO Doha Round Bulletin del Febbraio 2009, secondo pararafo, http://www.dfat.gov.au/trade/negotiations/wto_bulletin/2008/wto_bulletin_0902.html.

12.  Lamy, Now is the time to conclude Doha, in Wall Street Journal Europe, 11 febbraio 2009.

13.  Si veda la trascrizione del messaggio del Direttore Generale Lamy, http://www.wto.org/english/news_e/sppl_e/sppl115_e.htm.

14.  Report to the tprb from the director-general on the financial and economic crisis and trade-related developments (WT/TPR/OV/W/2 15 July 2009)

15.  G. Adinolfi, La soluzione delle controversie nell’OMC e il contenzioso euro-statunitense, in G. VENTURINI, L’organizzazione mondiale del commercio, Giuffré, 2004, 191ss.; C. COCUZZA-A.FORABOSCO, Il sistema di risoluzione delle controversie commerciali tra Stati dopo l’Uruguay Round del Gatt, in Dir.comm.int.le, 1996, 139

16.  Il DSB non è altro che una sessione speciale del Consiglio generale riunito nella funzione di organo di risoluzione delle controversie e composto da tutti i membri del Consiglio generale presenti alla sessione. Esso ha il compito specifico di sovrintendere alle procedure di risoluzione delle controversie, di nominare il panel, di adottare le decisioni dell’organo di appello, di sovrintendere alla esecuzione delle decisioni e raccomandazioni adottate, di autorizzare le misure di ritorsione contro gli Stati inadempienti (articolo 2.1 DSU).

17.  Il panel ha la funzione di assistere il DSB nello svolgimento delle sue funzioni di giudizio ponendo in essere tutti gli adempimenti che consentono a quest’ultimo, unico rappresentante della volontà di tutti gli Stati membri, di adottare la decisione finale (art. 11). Di fatto il panel ha acquisito un vero e proprio ruolo decisionale dal momento che per rigettare le sue proposte occorre l’unanimità di tutti gli Stati. I panels sono composti di 3 membri (in alcuni casi da 5) e il DSU stabilisce i criteri guida per la soluzione dei suoi componenti al fine di garantire il prestigio dell’organo e la sua funzione.

18.  L’art. 17.1 del DSU prevede la costituzione di un organo permanente deputato alla revisione dei rapporti del panel limitatamente alle materie di diritto e di interpretazione della legge. L’organo di appello è composto da 7 membri che restano in carica 4 anni e sono rieleggibili una sola volta. Tra tali sette componenti vengono scelti, volta per volta, i 3 componenti incaricati di svolgere ciascun riesame.

19.  Sul punto si consenta di rinviare a F.DE LEONARDIS, La disciplina dell’ambiente tra Europa e WTO, in Dir.amm., 2004, 513.

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