Stato di diritto, tutele individuali e tutele ambientali

Le pouvoir arrete le pouvoir[1]. Spesso accade che, nell’avviare riflessioni su temi fondamentali in via di evoluzione o cambiamento, il pensiero torni ai classici, quasi automaticamente, per cercare conforto e supporto anche se, ovviamente, Montesquieu (o altro grande pensatore del passato) non ci potrà fornire elementi di merito utili per decifrare le novità e gli scenari inediti che emergono dalla realtà contemporanea. Dovremo quindi concentrarci sulla nostra epoca, sul nostro modo di produzione, sui meccanismi attuali di tutela degli individui a livello formale e sostanziale, sul nostro contesto ambientale di riferimento con le relative criticità.
Cercheremo di dimostrare che le emergenze ambientali contemporanee – derivanti in particolare dai fenomeni di “Global Warming” – impongono da un lato riflessioni sui rapporti tra tutele ambientali e diritti fondamentali e, dall’altro lato, una verifica delle modificazioni/evoluzioni del “Rule of Law” nella realtà contemporanea.
La nostra analisi prende avvio dallo “Stato di Diritto”.
Come è noto, tale categoria si è formata nel tempo attraverso l’evoluzione di diversi (e a volte discordanti) filoni del pensiero giuridico europeo (Rechsstaat, Etat de droit, Rule of law). La dottrina ha a suo tempo ben individuato i fattori di diversità tra tali impostazioni e ad essa facciamo pieno riferimento [2].
A. STATO DI DIRITTO E PENSIERO GIURIDICO CONTEMPORANEO
Al fine di effettuare una prima sintesi del pensiero contemporaneo possiamo utilizzare alcune definizioni di “Stato di Diritto” rintracciabili nei lavori (alcuni recentissimi) di insigni giuristi e filosofi:
1)    “‘Stato di Diritto’ può essere definito come la versione dello Stato moderno europeo che, sulla base di una filosofia individualistica (…) e attraverso processi di diffusione e differenziazione del potere, attribuisce all’ordinamento giuridico la funzione primaria di tutelare i diritti civili e politici, contrastando a questo fine l’inclinazione del potere all’arbitrio e alla prevaricazione” [3];
2)    Il nucleo essenziale della nozione di “Stato di Diritto” è costituito “dalla contrapposizione, risalente almeno ad Aristotele, tra ‘governo della legge’ e ‘governo degli uomini’: lo Stato di diritto è lo Stato caratterizzato dal ‘governo della legge’. Sul piano teorico, in altre parole, lo Stato di diritto è il sistema politico-giuridico entro il quale (…) vige l’“isonomia”, ovvero l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. In questo ordinamento vale il principio lex facit regem (e non viceversa), con la conseguenza che il sovrano non è legibus solutus. In altri termini, lo Stato di diritto è un ordinamento nel quale il diritto opera come un limite procedurale del potere politico, ritenuto un pericolo per la libertà individuale e non solo benefico garante di essa” [4].
3)    F. Satta, nell’analizzare il principio di legalità nello stato democratico, ha scritto: “… Dietro la celeberrima formula del Rechtsstaat, c’era una realtà ben diversa da quella che si voleva vedere: non una amministrazione ed una comunità che nascevano dalla legge, ma una amministrazione, da sempre reale ed una comunità, da brevissimo tempo tale, nel senso di assurta a giuridica esistenza. La amministrazione aveva fini suoi, così come fini loro – di mera libertà ed autonomia – avevano i cittadini. Si trovavano di fronte insomma due libertà, che, per ragioni storiche e per la diversa posizione occupata dai due tipi di soggetti nell’ordinamento, si possono dire autorità e autonomia: libertà dello Stato, come autorità, dei cittadini, come autonomia. Quando queste due libertà si incontravano, la legge ne disciplinava i rapporti (…). Date le due idee, cioè, di libertà dello stato e di libertà del cittadino, fu un organico sviluppo, senza soluzione di continuità, quello che portò ad affermare progressivamente l’obbligo dell’amministrazione di non violare la legge e di avere una specifica legittimazione per gli atti di aggressione nella sfera di libertà del cittadino” (…).
“Autorità, Stato autorità in veste di Stato di diritto significa (…) Stato nel quale solo le c.d. scelte supreme sono affidate alla decisione ed alla responsabilità del popolo (cioè dei suoi rappresentanti) mentre le scelte concrete e la corrispondente responsabilità – concreta – nell’esecuzione spettano all’apparato amministrativo staccato dalla comunità, anzi ad essa contrapposto. L’atto amministrativo rappresenta il momento culminante di questa attività di esecuzione nel quale l’apparato (contrastante con i singoli componenti la comunità, pur nella cura dei loro e suoi interessi) dà concretezza alla legge. Questo fa con suoi “atti”, “atti” dell’autorità, che se anche non necessariamente devono essere, preso ciascuno per sé, autoritari, sono comunque sempre “atti” dell’autorità, caratterizzati da questa loro provenienza” [5].

In un lavoro successivo [6] F. Satta ha approfondito, anche sotto il profilo storico, aspetti fondamentali della teoria della divisione dei poteri e dello Stato di diritto.
“Nella dottrina della divisione dei poteri (…) nessun potere era sovrano. Ciascuno – o coloro che lo esercitavano – concorreva ineliminabilmente alla composizione del potere generale dello Stato, nell’ambito della propria competenza. Basti pensare, come segno più evidente, da un lato al potere esecutivo, dall’altro a quello giudiziario. Il primo è lasciato nell’ombra da Montesquieu – perché per sua natura è indefinibile il tipo di attività che può compiere. Il suo limite stava nel rispetto delle competenze del parlamento e del potere giudiziario, ovvero ancora, nella capacità di questi di opporsi alla sua eventuale espansione. Il potere giudiziario viceversa, secondo una vecchia tradizione francese, è limitato dalla osservanza della legge, che dovrebbe solo esprimere, di cui dovrebbe essere la mera voce (…).
Nella dottrina dello Stato di diritto, viceversa, il potere sovrano esisteva. Era lo Stato, prima di ogni altra cosa se stesso. In questa propria assoluta sovranità esso trovava il limite della legge (che proveniva dal sovrano con il concorso delle camere rappresentative); ma si elevava a piena compiutezza nel governo, responsabile di fronte al sovrano e non di fronte al parlamento, che occupava quindi tutto lo spazio non espressamente sottrattogli dalla costituzione. Incredibile a dirsi, una posizione secondaria occupavano i giudici, ai quali pure tanto peso dava la dottrina. Essi erano relegati non all’applicazione del diritto e quindi alla sua creazione, come in Inghilterra, ma al mero controllo della legittimità”.
4)    Sul nesso tra “Stato di Diritto” e Democrazia è intervenuta ampiamente la Dottrina, anche in periodi molto recenti [7]. Preme qui ricordare l’importante contributo analitico di Jurgen Habermas: “L’interno nesso di “democrazia”e “stato di diritto” consiste nel fatto che, per un verso, i cittadini possono esercitare adeguatamente la loro autonomia pubblica solo quando sufficientemente indipendenti in virtù di una autonomia privata loro paritariamente concessa; ma che, per altro verso, essi possono godere paritariamente della loro autonomia privata solo quando facciano uso adeguato, come cittadini dello stato, della loro autonomia politica. Per questo motivo i diritti liberali sono indisgiungibili da quelli politici. Né è corretta la metafora di ‘polpa e scorza’, quasi ci fosse un nucleo profondo di diritti-di-libertà elementari che chiedano di essere anteposti ai diritti di comunicazione e partecipazione. Nel modello occidentale di legittimazione la cooriginarietà di ‘diritti di libertà’ e di ‘diritti dei cittadini’ è essenziale”[8].
5) Altro intervento di rilievo sul tema è stato effettuato da Ralf Dahrendorf: “L’ordine liberale è composto da due elementi distinti: uno è la democrazia, l’altro è lo stato di diritto, la sottomissione cioè di tutti i cittadini senza distinzione alla legge. Sono entrambi importanti, ma non sono la stessa cosa. Ci sono stati paesi in cui esistevano rilevanti elementi dello stato di diritto ma che non erano certo democratici: penso alla Prussia. E ci sono stati paesi sicuramente democratici con un molto tenue stato di diritto (…) Dunque democrazia e rule of law non sono la stessa cosa. Lo stato di diritto dà alcune risposte alle nostre tre domande: per esempio il processo di revisione giudiziale consente forme di check and balance necessarie a esercitare un controllo sul potere. Talvolta la legge prevede meccanismi per assicurare il cambiamento senza violenza, come accade nella Costituzione americana che limita la presidenza a due mandati consecutivi. Ma la rule of law non dice molto su come garantire al demos la partecipazione al processo democratico (…) Noi possiamo sperare di affrontare e risolvere alcuni problemi posti dalla modernità più attraverso un’estensione internazionale dello stato di diritto che attraverso la costruzione di nuove e più ampie istituzioni democratiche (…) Penso che la democrazia sia stata e sia tuttora, a livello degli Stati – Nazione, una formidabile soluzione al problema della forma di governo. Ma non credo che essa sia applicabile al di fuori dello Stato – Nazione, ai molti livelli internazionali o multinazionali in cui si forma oggi la decisione politica (…) L’estensione di elementi dello stato di diritto nella vita dell’Unione europea, per esempio, sarebbe per me molto più realistica e realizzabile dell’elezione diretta del presidente della Commissione” [9]:
6) S. Cassese, in un suo recente lavoro [10], ha sintetizzato con grande efficacia gli elementi fondamentali dello “Stato di diritto”. Nel volume “Il diritto globale” Egli scrive: “I poteri pubblici negli ordinamenti moderni hanno tre componenti essenziali: democrazia, giustizia (Stato di diritto) e autorità (potere esecutivo). Queste sono le ‘materie prime della fabbrica dello Stato’. (…) L’espressione “Stato di diritto” indica un complesso di istituti e garanzie, sviluppatisi a partire dal XIX secolo per effetto del pensiero liberale. In una prima fase, emergono le garanzie della libertà personale e della (parziale) indipendenza dei giudici. Più tardi, le garanzie si affermano anche in relazione al potere legislativo, con l’introduzione di giudici della costituzionalità delle leggi. In una terza fase, nella seconda metà del XX secolo, si estendono al potere esecutivo, ponendovi una serie di limiti, tra cui la giustiziabilità delle pretese dei cittadini, il principio di legalità dell’agire amministrativo, il principio di trasparenza (ad esempio, la disciplina dell’accesso ai documenti amministrativi), la partecipazione dei privati al procedimento amministrativo, il principio del contraddittorio amministrativo”;

7)    L’eminente giurista israeliano Aharon Barak distingue tra una concezione puramente formale (rule-book conception) e una concezione corretta ed equilibrata del Rule of law (right conception).Egli afferma: “Secondo la mia opinione, esso significa la garanzia dei valori fondamentali di moralità e giustizia e l’esistenza di diritti umani, con un appropriato bilanciamento tra questi e le necessità della società. Secondo il mio punto di vista, il Rule of law non è soltanto l’ordine pubblico, è invece la giustizia sociale basata sull’ordine pubblico. La legge esiste per assicurare un’appropriata vita sociale. Ma la vita sociale non è uno scopo buono in sé. Esso consiste nel permettere ai singoli di vivere dignitosamente e di sviluppare la propria personalità”. E nel definire il Rule of law sostanziale egli afferma che esso è “ il rule di una legge adeguata, che bilancia le necessità della società con quelle degli individui in vista della indipendenza della polis, l’uguaglianza sociale, lo sviluppo economico e l’ordine interno, da una parte, e i bisogni dell’individuo, la libertà della sua persona e la sua dignità, dall’altra parte” [11]. Come ha ben sottolineato la Dottrina “ciò che è sotteso a questa concezione sostanziale del Rule of law sono l’essere umano e i diritti umani, con un adeguato bilanciamento tra i differenti diritti e tra i diritti umani e la necessità della società come tale” [12].
8)    Una approfondita analisi delle differenze tra Stato di diritto formale e Stato di diritto sostanziale è contenuta nel recente libro di G. Zagrebelsky “La legge e la sua giustizia”. Vale riportare alcuni passi del suo ragionamento:
“L’espressione Stato di diritto è certamente una tra le più fortunate della scienza giuridica degli ultimi secoli. (…) Nella filogenesi di quell’espressione, scorgiamo l’oscillazione e la tensione tra forma e sostanza, pretese del potere e aspirazioni della società, con modalità e contenuti diversi, a seconda che il riferimento sia al Rechtsstaat tedesco derivante dalle monarchie ‘illuminate’ settecentesche, all’Etat de droit radicato nella sovranità della legge, espressione della volontà generale, affermata dalla rivoluzione del 1789, al Rule of law (“governo giuridico” o “secondo diritto”), di cui da secoli si parla come una delle caratteristiche e delle glorie del sistema giuridico anglosassone”[13].
L’Autore prosegue approfondendo alcuni aspetti dello “Stato di diritto”:

  1. Con riferimento allo Stato di diritto come contrario a “dispotismo orientale” Egli scrive: “Se si considera che lo Stato di diritto mira ad essere il governo delle leggi, per mezzo degli uomini assoggettati alle leggi, si comprende facilmente che non può rientrare in quella definizione il governo degli uomini, per mezzo delle leggi liberamente fatte e disfatte secondo il loro momentaneo arbitrio” [14].
  2. Con riferimento allo Stato di diritto come mero “Stato di norme” Egli scrive: “lo Stato di diritto come mero ‘ governo delle leggi’, inteso come governo sub legibus e governo per leges, finisce però per ridursi a un pugno di mosche, quando il diritto sia assunto come mera forma indipendente dal contenuto. (…) Con una simile nozione priva di contenuti, si perviene a uno svuotamento che trascura proprio ciò che, dal punto di vista specificamente politico-costituzionale, è invece essenziale, relativamente ai compiti e ai fini dello Stato e alla natura del diritto” [15].
  3. Con riferimento allo Stato di diritto e alla “dottrina pura” del diritto di Kelsen Egli scrive: “Secondo questa dottrina, che programmaticamente elimina dalla nozione di diritto ogni condizione sostanziale di contenuto, confinandolo nel campo dell’ideologia, lo Stato coincide con il diritto. (…) Questa riduzione comporta il prezzo di una nozione anodina, totalmente insignificante, di Stato di diritto. (…) Con le parole di Kelsen, ‘se si riconosce lo stato come ordinamento giuridico, ogni stato è uno stato di diritto, e questo termine diviene pleonastico’ o, al più, assume un valore esclusivamente “morale” che chiunque può riempire del significato che desidera ”[16].
  4. Viene poi affrontata la cruciale questione del passaggio dallo Stato di diritto formale allo Stato di diritto sostanziale. “Quando si lascia lo Stato di diritto come mera forma e ci si incammina sulla strada del diritto come concetto anche sostanziale, ci si imbatte in nozioni bensì diverse, ma tutte caratterizzate da una dialettica tra forma e sostanza. Inoltre, mentre secondo la nozione solo formale il concetto di Stato di diritto – come Stato secondo diritto e diritto come sola forma legale del potere – appariva sufficientemente chiaro, quando si passa a considerarne gli aspetti materiali, la nozione stessa diventa cangiante, mobile, sottoposta a fattori non logico-concettuali, ma storico-politici e culturali”[17]. E ancora “Se lasciamo da parte la riduzione kelseniana dello Stato a diritto (…) e la conseguente perdita di significato dell’espressione Stato di diritto, tutte le nozioni che si richiamano a questo concetto presentano connotazioni di giustizia materiale. E queste connotazioni, come è soprattutto evidente nel Rule of law, sono destinate a trasformarsi, con il maturare di nuove convinzioni e aspirazioni” [18]. Questo aspetto, come vedremo meglio nel seguito, è decisivo: l’“aggiornamento” nel tempo degli elementi costitutivi della categoria “Stato di diritto” si impone per ragioni storiche, politiche e culturali;

B. ELEMENTI DI ANALISI DELLA REALTA’ CONTEMPORANEA
Esaminiamo ora la situazione attuale.
i) IL PRINCIPIO DELLO STATO DI DIRITTO
Il principio dello “Stato di diritto” si trova sancito in norme ed atti di grande rilevanza, anche di carattere sovranazionale. Un esempio importante è costituito dal Trattato sull’Unione Europea. Infatti, come è noto, all’articolo 6 esso prevede che “L’Unione si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e dello stato di diritto, principi che sono comuni agli stati membri”. E’ una soluzione normativa, per così dire, a due vie, nel senso che il principio di cui si parla è dalla stessa disposizione posto a base dell’Unione Europea, as such, ed è, nello stesso tempo, confermato come principio esistente e operante in ciascuno degli Stati membri. Con le ratifiche del Trattato da parte degli Stati nazionali il percorso normativo si è chiuso con la conferma, attualizzata, del principio ai due livelli.
La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea nel Preambolo recita “Consapevole del suo patrimonio spirituale e morale, l’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà; l’Unione si basa sui principi di democrazia e dello stato di diritto. Essa pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell’Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia”.
Le Nazioni Unite ci forniscono un altro esempio: “The protection and promotion of the universal values of the rule of law, human rights and democracy are ends in themselves. They are also essential for a world of justice, opportunity and stability” [19]. Ed ancora: “For the United Nations, the rule of law refers to a principle of governance in which all persons, institutions and entities, public and private, including the State itself, are accountable to laws that are publicly promulgated, equally enforced and independently adjudicated, and which are consistent with international human rights norms and standards. It requires, as well, measures to ensure adherence to the principles of supremacy of law, equality before the law, accountability to the law, separation of powers, participation in decision-making, legal certainty, avoidance of arbitrariness and procedural and legal transparency” [20]. Del resto, già nel 1948, con l’approvazione della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite aveva delineato una cornice complessiva di diritti formali e sostanziali assolutamente coerenti con gli elementi fondamentali dello Stato di Diritto.
ii) PERICOLI PER I FONDAMENTI DELLO STATO DI DIRITTO
Con la crescita e la diffusione delle criticità ambientali, possiamo intravedere pericoli per i fondamenti dello “Stato di Diritto”. Infatti:
–       I diritti individuali e del cittadino – “la razionalità che si incentra sul rispetto della persona” [21] – costituiscono uno dei cardini dello Stato di Diritto;
–       “life, liberty, the pursuit of happiness” sono i fondamenti – così cari a Thomas Jefferson – delle nostre società aperte;
–       il diritto alla libertà, alla vita, al lavoro, alla libertà di impresa sono le espressioni più alte dello Stato Costituzionale di Diritto europeo (ne è esemplare testimonianza la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea);
–       nelle società aperte – come ci ha insegnato Dahrendorf [22] – devono essere assicurate a ciascun individuo chances di vita (“combinazione di diritti civili eopportunità di benessere“) che diano al singolo cittadino possibilità concrete di realizzare le potenzialità soggettive di cui dispone; deve essere altresì assicurato il costante sviluppo (e la progressiva diffusione tra tutti i membri della comunità) delle chances di vita individuali;
–       diritti civili e chances di vita sono stati progressivamente “incorporati” nella nozione di “Stato di diritto” (sostanziale) i cui specifici contenuti – come è stato sopra argomentato – evolvono con l’evolversi del contesto storico di riferimento;
–       la novità emersa con forza sin dagli anni 70 del secolo scorso è costituita dalle crescenti preoccupazioni per le criticità ambientali, ed in particolare per i fenomeni di “Global Warming”. Il livello di allarme è andato via via aumentando a livello mondiale in tutte le sedi istituzionali fino alle recenti dichiarazioni del G8, del MEF (Major Economies Forum), del G20 e del Summit delle Nazioni Unite, che hanno confermato – in vista della conferenza internazionale di Copenhagen che si terrà nel prossimo mese di Dicembre – l’urgenza di interventi globali, cogenti ed efficaci, che possano contrastare tempestivamente  le conseguenze più pericolose del riscaldamento globale e, in generale, delle criticità ambientali;
–       abbiamo in altra sede sottolineato la profonda connessione tra tutele dell’individuo e tutele dell’ ambiente [23]. Desideriamo qui ribadire che in realtà sono in gioco le possibilità di assicurare e sviluppare in futuro le chances di vita individuali e di consentire la riproducibilità del nostro (unico) modo di produzione;
–       il rischio – in assenza di risposte adeguate e tempestive alle criticità ambientali – di vanificazione e svuotamento sostanziale dei suddetti diritti individuali pone gravi problemi di potenziale disequilibrio nell’ambito della articolata struttura dello “Stato di Diritto“;

iii) CONVERGENZA TRA TUTELA DEGLI INDIVIDUI E TUTELA DELL’AMBIENTE
Rafforzando progressivamente la tendenza storica in atto, è necessario far convergere la tutela degli individui e le tutele del Sistema-Pianeta in un quadro di sempre più ampia e sempre più diffusa consapevolezza culturale e istituzionale della profonda interrelazione e complementarietà delle due sfere di protezione giuridica.
Già esistono importanti esempi di tale convergenza. Ne ricordiamo alcuni:
a) La Convenzione di Aarhus (sottoscritta nel 1998 da 39 Paesi e dall’Unione Europea sotto l’egida dell’United Nations Economic Commission for Europe) “realizza un’inedita sintesi tra diritto ambientale e tutela dei diritti umani” [24] avendo, come obiettivo, la protezione del diritto di ogni persona “della presente e delle future generazioni di vivere in un ambiente adeguato alla propria salute e al proprio benessere” [25];
b) la Carta Europea sull’ambiente e la salute del Dicembre 1989 dove l’ambiente viene definito come condizione del godimento del diritto alla salute (“Recognizing the dependence of human health on a wide range of crucial environmental factors”);
c) il Protocollo sui diritti economici, sociali e culturali, adottato a San Salvador nel 1988 (aggiuntivo alla Convenzione americana sui diritti dell’uomo del 1969) che, all’art. 11, dispone “everyone shall have the right to live in a healthy environment and to have access to  basic public services . The States Parties shall promote the protection, preservation and improvement of the environment”;
d) la Dichiarazione di Stoccolma delle Nazioni Unite (1972) in cui si legge: “L’uomo è al tempo stesso creatura e artefice del suo ambiente, che gli assicura la sussistenza fisica e gli offre la possibilità di uno sviluppo intellettuale, morale, sociale e spirituale. Nella lunga e laboriosa evoluzione della razza umana sulla terra, è arrivato il momento in cui, attraverso il rapido sviluppo della scienza e della tecnologia, l’uomo ha acquisito la capacità di trasformare il suo ambiente in innumerevoli modi e in misura senza precedenti. I due elementi del suo ambiente, l’elemento naturale e quello da lui stesso creato, sono essenziali al suo benessere e al pieno godimento dei suoi fondamentali diritti, ivi compreso il diritto alla vita. (…) La protezione ed il miglioramento dell’ambiente è una questione di capitale importanza che riguarda il benessere dei popoli e lo sviluppo economico del mondo intero”;
e) il principio dello “sviluppo sostenibile”, principio fondamentale del diritto ambientale. In effetti il rapporto Brundtland (1987) definisce lo sviluppo sostenibile come lo sviluppo che soddisfa i bisogni della generazioni del mondo attuale senza compromettere la possibilità di soddisfare i bisogni delle generazioni future. Evidentemente il principio stabilisce una stretta connessione tra equilibrio ambientale e tutela degli individui e, come tale, è ormai presente in atti, convenzioni e protocolli internazionali nonché in norme nazionali e sovranazionali ed è riconosciuto dalla giurisprudenza (ed in particolare dalla Corte Internazionale di Giustizia e dall’organismo arbitrale WTO). La Dichiarazione di Rio sull’ambiente e sullo sviluppo (adottata dalla Conferenza ONU sull’ambiente e lo sviluppo del 1992) statuisce i seguenti principi: “Gli esseri umani sono al centro delle preoccupazioni relative allo sviluppo sostenibile. Essi hanno diritto ad una vita sana e produttiva in armonia con la natura (…). Il diritto allo sviluppo deve essere realizzato in modo da soddisfare equamente le esigenze relative all’ambiente e allo sviluppo delle generazioni presenti e future (…). Al fine di pervenire ad uno sviluppo sostenibile, la tutela dell’ambiente costituirà una parte integrante del processo di sviluppo e non potrà essere considerata separatamente da questo”. Il principio è ben sottolineato dal Trattato sull’Unione Europea che prevede esplicitamente l’obiettivo di “promuovere un progresso economico e sociale e un elevato livello di occupazione e pervenire a uno sviluppo equilibrato e sostenibile”;
f) la Dichiarazione di Rio sull’ambiente e lo sviluppo nel suo complesso. La Dottrina ha evidenziato che “Gli atti di Rio hanno recepito (…) l’esigenza di tutela dei beni ambientali di carattere globale (global commons), come il clima e la biodiversità, affermando che il loro degrado e la loro perdita costituiscono una preoccupazione comune dell’umanità (common concerns) e che è quindi necessario cooperare per evitare tali rischi” [26].
g) la Convenzione ONU sui cambiamenti climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change – UNFCCC ) contiene alcuni importanti statements: “Acknowledging that change in the Earth’s climate and its adverse effects are a common concern of humankind (…) the Parties should protect the climate system for the benefit of present and future generations of humankind”.
h) Il Protocollo di Kyoto, nel confermare gli obiettivi strategici della UNFCCC, sottolinea la finalità “to promote sustainable development” in totale coerenza con le disposizioni della Convenzione ONU sul clima sopra richiamate;

iv) TENDENZE IN ATTO E IPOTESI DI LAVORO
E’ nostro convincimento che la tutela dell’ambiente (essenziale per la tutela sostanziale degli individui) stia storicamente assumendo la connotazione di diritto fondamentale con una conseguente ulteriore evoluzione dello “Stato di diritto”(sostanziale). Da qui discende una ipotesi di lavoro che vede la tutela dell’ambiente trasformarsi nel tempo in Principio generale. Nel seguito riepiloghiamo gli argomenti a supporto:
i)        Il processo evolutivo sopra descritto con riferimento alle tutele ambientali non costituisce di per sé una novità: la Dottrina ha da tempo ben individuato la necessità di storicizzare i Principi [27], siano essi espressi (e quindi contenuti in una disposizione) o inespressi (e, quindi, ricostruiti induttivamente).
ii)       Secondo la Dottrina [28] “in ambito internazionale hanno rilevanza i principi che si identificano con i diritti fondamentali, intesi come diritti dell’uomo, che sono affidati – oltre che ai principi costituzionali degli ordinamenti interni e del diritto comunitario – anche alle carte dei diritti, come la Dichiarazione dell’ONU, la Convenzione europea, e alle relative Corti (…)”.
iii)     Il rispetto dei diritti dell’uomo è principio generale a livello internazionale e, nel caso del Trattato UE, è espressamente previsto come principio fondante dell’Unione Europea (art. 6).
iv)     Come abbiamo sopra ricordato la Dottrina ha sottolineato che l’essere umano e i diritti umani sono sottesi alla concezione sostanziale del Rule of Law [29].
v)       La normativa comunitaria in materia ambientale ha ben sottolineato il rapporto uomo/ambiente con evidenti conseguenze a livello di principi di tutela. Va in particolare ricordato che l’ambiente, in alcune norme comunitarie, viene definito come l’insieme dei seguenti fattori: “(a) l’uomo, la fauna e la flora; (b) il suolo, l’acqua, l’aria, il clima e il paesaggio; (c) i beni materiali ed il patrimonio culturale”.
vi)     I trattati comunitari contengono alcuni importantissimi principi in materia ambientale: fondamentale è il citato principio di precauzione. Tale principio è previsto dall’art. 174 (2) del Trattato CE e trae origine dal Vorsorgeprinzip del diritto nazionale tedesco. “L’essenza del principio precauzionale risiede nel fatto che esso rende legittimo un approccio anticipatorio ai problemi ambientali sulla base della considerazione che molti danni causati all’ambiente possono essere di natura irreversibile. Pertanto, per prevenire il rischio del verificarsi di tali danni, è legittimo anticipare l’adozione di misure di prevenzione, protezione e contrasto ad una fase nella quale non solo il danno non si è ancora verificato, ma addirittura non esiste ancora la piena certezza scientifica a supporto dell’azione di tutela dell’ambiente, ma soltanto un principio di prova scientifica che palesa l’esistenza di un possibile rischio per l’ambiente o la salute” [30]. La Commissione ha sottolineato nei suoi atti che “La Comunità Europea ha il diritto di stabilire autonomamente sulla base del principio precauzionale il livello di protezione dell’ambiente, nonché della vita e della salute degli esseri umani, degli animali e delle piante che ritiene appropriato” [31]. E’ evidente che il principio di precauzione implica uno strettissimo ed inscindibile rapporto tra  tutela degli individui e tutela dell’ambiente.
vii)    Va a tale ultimo riguardo evidenziato che anche la giurisprudenza italiana ha ben sottolineato il nesso essenziale tra tutela del diritto fondamentale alla salute e diritto ad un ambiente salubre. E’ altresì pacifico che l’ambiente sia un valore costituzionale primario e assoluto.
viii)  Con riferimento al diritto comunitario la Dottrina ha ampiamente sottolineato che la Corte di Giustizia ha nel tempo accolto “l’integrazione dei diritti fondamentali nei principi generali del diritto, che la Corte stessa è chiamata a garantire” [32].
ix)      In alcune famose sentenze la Corte di Giustizia delle Comunità Europee ha asserito che i diritti fondamentali della persona umana fanno parte dei Principi Generali del diritto comunitario di cui la Corte deve garantire l’osservanza [33]. Nella sentenza relativa alla causa Nold si legge: “Come questa Corte ha già avuto occasione di affermare, i diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto, di cui essa garantisce l’osservanza. La Corte, garantendo la tutela di tali diritti, è tenuta ad ispirarsi alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e non potrebbe, quindi, ammettere provvedimenti incompatibili con i diritti fondamentali riconosciuti e garantiti dalle Costituzioni di tali Stati. I trattati internazionali relativi alla tutela dei diritti dell’uomo, cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito, possono del pari fornire elementi di cui occorre tenere conto nell’ambito del diritto comunitario”.
x)       La Corte di giustizia ha sottolineato che il rispetto dei diritti dell’uomo costituisce un requisito di legittimità degli atti comunitari [34].

xi)     Dagli anni 70 del secolo scorso è iniziato un processo di crescita conoscitiva collettiva a livello internazionale delle criticità ambientali e dei conseguenti rischi potenziali per gli individui e per il Sistema nel suo complesso: tale processo è stato favorito in modo decisivo dalla creazione da parte della Comunità internazionale di articolate strutture deputate alla rilevazione e allo studio dei fenomeni di degrado ambientale. Dagli approfondimenti effettuati (ed in corso) emerge in modo sempre più chiaro che i gravi problemi dell’ambiente minacciano in particolare l’individuo, i suoi diritti fondamentali e le relative chances di vita, oltre a minacciare potenzialmente la riproducibilità del Sistema produttivo.
xii)    Cresce nel tempo la consapevolezza della valenza decisiva dell’equilibrio ambientale per il mantenimento e lo sviluppo nel tempo delle chances di vita individuali; cresce nel tempo la consapevolezza che, storicamente, è nato il diritto ad un ambiente equilibrato e ad uno sviluppo economico sostenibile e che tali diritti stanno entrando progressivamente a far parte dei diritti fondamentali degli individui con una conseguente ulteriore evoluzione dello Stato di Diritto (sostanziale). La rilevanza delle questioni ambientali a livello quantitativo e qualitativo induce a ipotizzare la trasformazione nel tempo della tutela dell’ambiente (come diritto fondamentale degli individui) in Principio Generale.
xiii)  Tale consapevolezza è rafforzata dai dati che emergono dalle proiezioni demografiche a livello globale per il secolo in corso: 7 miliardi di abitanti nel 2010, più di 9 miliardi di abitanti nel 2050 con conseguenti ed evidenti “pressioni” sul contesto ambientale.
xiv)  Per trovare conferma del processo in corso è importante ricordare l’art. 1 della Parte I (“Principi”) del Trattato istitutivo della Comunità  Europea: “La Comunità ha il compito di promuovere (…) uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche (…) una crescita sostenibile (…) un elevato livello di protezione dell’ambiente ed il miglioramento della qualità di quest’ultimo, il miglioramento del tenore e della qualità della vita” (…). Il “Principio guida” dello sviluppo sostenibile è, come abbiamo già evidenziato, di grande importanza perché nell’individuare l’esigenza di preservare la possibilità di soddisfare i bisogni delle generazioni future stabilisce una stretta connessione tra equilibrio ambientale e tutela degli individui.
xv)    L’art. 174 del Trattato CE nel definire gli obiettivi della Comunità relativamente all’ambiente statuisce un nesso profondo e strutturale tra tutela della qualità dell’ambiente e protezione dell’individuo attraverso la protezione della salute umana. Il testo della disposizione prevede che la politica della Comunità in materia ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: i) salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell’ambiente; ii) protezione della salute umana; iii) utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; iv) promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell’ambiente a livello regionale o mondiale.
xvi)  L’art. 6 del Trattato sull’ Unione Europea recita: “1. L’Unione si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e dello stato di diritto, principi che sono comuni agli Stati membri. 2. L’Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario”.
xvii) Il Preambolo della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea recita: “L’Unione si basa sui principi di democrazia e dello stato di diritto. Essa pone la persona al centro della sua azione (…)”. Come noto, tra i diritti fondamentali la Carta prevede, in particolare, il diritto alla vita, alla integrità della persona, alla sicurezza, al lavoro e alla libertà di impresa. E’ evidente che senza equilibrio ambientale a livello globale i diritti fondamentali rischierebbero di essere vanificati o “limitati di fatto” per usare una espressione presente nella normativa costituzionale italiana. Questo è un nesso strutturale che è diventato essenziale e determinante dopo che i livelli quantitativi raggiunti dalle criticità ambientali hanno prodotto un salto qualitativo dei conseguenti rischi potenziali che minacciano l’esistenza e le chances di vita degli individui e la riproducibilità del nostro modo di produzione.

V) CONCLUSIONI
Ed ora alcune considerazioni finali.
Emerge in modo chiaro la storicità della categoria Stato di Diritto (sostanziale) e la conseguente evoluzione nel tempo dei suoi contenuti a fronte dei mutamenti del contesto storico di riferimento. E’ stato sottolineato che la tutela dell’ambiente i) costituisce un obiettivo strategico-istituzionale ampiamente condiviso a livello globale ii) sta storicamente assumendo la connotazione di diritto fondamentale con la conseguente ulteriore evoluzione dello “Stato di Diritto” ( sostanziale). E’ stato altresì evidenziato che la rilevanza delle questioni ambientali a livello quantitativo e qualitativo induce a ipotizzare la trasformazione nel tempo della tutela dell’ambiente (come diritto fondamentale degli individui) in Principio Generale. Per consolidare tali importanti novità si dovrà operare ancora molto a livello di accordi internazionali, di normative (sovranazionali, costituzionali e nazionali), di Dottrina del diritto. Ma, come abbiamo visto, riflessioni giuridiche della massima rilevanza sulle fondamentali tematiche dello “Stato di diritto” sostanziale sono già state prodotte e rese disponibili. Tali analisi trovano già importanti riscontri nella produzione normativa nazionale, sovranazionale e globale. Si tratta ora di proseguire il lavoro ai vari livelli nella speranza che le classi dirigenti esercitino fino in fondo il ruolo che rivestono in difesa degli individui e del Sistema nel suo complesso. In questo cruciale percorso sarà, a nostro avviso, necessario tenere sempre presente il già ricordato “principio di precauzione” (ampiamente recepito a livello di diritto internazionale e di Ordinamenti nazionali) [35]. Nella Dichiarazione di Rio si legge: “Al fine di proteggere l’ambiente, gli Stati applicheranno largamente (…) il metodo precauzionale. In caso di rischio di danno grave o irreversibile, l’assenza di certezza scientifica assoluta non deve servire da pretesto per rinviare l’adozione di misure adeguate ed effettive (…) dirette a prevenire il degrado ambientale”. Il principio è ribadito dall’articolo 3.3 della UNFCCC: “The Parties should take precautionary measures to anticipate, prevent or minimize the causes of climate change and mitigate its adverse effects. Where there are threats of serious or irreversible damage, lack of full scientific certainty should not be used as a reason for postponing such measures”.
Ugualmente importante – anche in considerazione della rilevanza dei rischi potenziali individuati dai competenti organismi internazionali – sarà il metodo da utilizzare per approfondire nel tempo la conoscenza dei fenomeni connessi alle criticità ambientali. Secondo il magistero di Ralf Dahrendorf nessuno ha il potere di negare il diritto di altri al dubbio, alla libera verifica in contraddittorio, alla falsificazione della congettura iniziale e alla sua eventuale confutazione.
Sarà necessario cogliere ogni elemento di novità, promuovere l’approfondimento delle nuove evidenze e dei fenomeni non previsti, confrontarsi apertamente nelle sedi che la Comunità internazionale si è data (e si vorrà dare) per lo studio e la gestione delle criticità ambientali, cercando di utilizzare – con approccio libero – ogni spunto di analisi e di riflessione che possa essere utile al raggiungimento del risultato strategico costituito dalla tutela degli individui, dell’ambiente e, quindi, del Sistema nel suo complesso.
E ancora una volta il pensiero torna ai classici:
“Come gli altri affermano la certezza di alcune e l’incertezza di altre cose, noi invece, dissentendo da loro, sosteniamo la probabilità di alcune cose e l’improbabilità di altre” [36].
“Pensi pure ciascuno come vuole: vi deve essere libertà di giudizio. Noi ci atterremo sempre ai nostri principi: ricercheremo cioè sempre in ogni questione quello che abbia maggior carattere di probabilità, senza essere vincolati a regole di nessuna scuola, alle quali ubbidire di necessità” [37].

Note

1.  Montesquieu, De l’esprit de lois, libro XI, cap. 4 (trad. it. Utet). Cfr. anche Montesquieu, Le leggi della politica (a cura di Alberto Postigliola), Roma, 1979, pg. 351 ss.

2.  D. Zolo, Teoria e critica dello Stato di diritto, in Costa e Zolo (a cura di), Lo Stato di diritto, Milano, 2006, pgg. 17 – 88

3.  D. Zolo, op. cit., pg. 45

4.  Emilio Santoro, Diritto e diritti: lo Stato di diritto nell’era della globalizzazione, Torino, 2008, pgg. 1 e 2

5.  Filippo Satta, Principio di legalità e pubblica amministrazione nello Stato democratico, Padova, 1969, pgg. 20, 21 , 107 e 108

6.  Filippo Satta, Il problema dell’Amministrazione, Milano, 1971, pgg. 19-20

7.  D. Zolo, op. cit., pgg. 46 – 55

8.  Jurgen Habermas, L’inclusione dell’altro, Milano, 2008, pg. 221

9.  Ralf Dahrendorf, Dopo la democrazia, Bari, 2003, pgg. 8 – 9

10.  Sabino Cassese, Il Diritto Globale, Torino, 2009, pg. 156

11.  A. Barak, A judge on judging: the role of a Supreme Court in a democracy, in Harvard Law Review 2002. Le citazioni tradotte in lingua italiana sono tratte dal libro del Prof. Gustavo Zagrebelsky, “La legge e la sua giustizia” (vedi nota 12)

12.  Gustavo Zagrebelsky, La legge e la sua giustizia, Bologna, 2008, pg. 123

13.  Gustavo Zagrebelsky, op. cit., pgg. 97-98

14.  Gustavo Zagrebelsy, op. cit., pg. 98

15.  Gustavo Zagrebelsky, op. cit., pgg. 99-100

16.  Gustavo Zagrebelsky, op. cit., pgg. 100-101

17.  Gustavo Zagrebelsky, op. cit., pg. 107

18.  Gustavo Zagrebelsky, op. cit., pg. 122

19.  Secretary General’s Report “In larger freedom: towards development, security and human rights for all” (a/59/2005)

20.  Report of the Secretary-General on the rule of law and transitional justice in conflict and post-conflict societes ( s/2004/616)

21.  Antonio Cassese, I Diritti umani oggi, Bari, 2009, pg. 6

22.  Cfr. anche Paolo Donzelli, Ralf Dahrendorf e la teoria delle chanches di vita, ApertaContrada, 20 luglio 2009

23.  Cfr. i seguenti articoli di Paolo Donzelli pubblicati su ApertaContrada: i) Le criticità ambientali come questione istituzionale, 1 dicembre 2008; ii) Fondamenti liberali ed etica dell’ambiente, 17 aprile 2009; iii) Ralf Dahrendorf e la teoria delle chances di vita, 20 luglio 2009

24.  Sabino Cassese, Il Diritto Globale, cit. pg. 72

25.  Aarhus Convention on access to information, public participation in decision-making, and access to justice in environmental matters, 25 giugno 1998, art. 1

26.  Cordini – Fois – Marchisio, Diritto ambientale, Profili Internazionali, Europei e Comparati, Torino, 2008, pg. 12

27.  Cfr in particolare Guido Alpa, I principi generali, Milano, 2006, pgg. 108 – 109

28.  Op. cit. pgg. 169 – 170

29.  Si vedano pg. 6 e nota 12

30.  Massimiliano Montini, Unione Europea e Ambiente, in Codice dell’Ambiente, Milano, 2009, pgg. 64 – 66

31.  Op. cit. pg. 65

32.  Costanzo – Mezzetti – Ruggeri, Lineamenti di Diritto Costituzionale dell’Unione Europea, Torino, 2008, pg. 92

33.  Corte di Giustizia, c- 4/73 del 14 maggio 1974, par.13, c- 274/99 del 6 marzo 2001, c-94/00 del 22 ottobre 2002, c-149/77 del 15 giugno 1978

34.  Parere della Corte di Giustizia 2/94 del 28 marzo 1996

35.    Cfr. anche l’art. 3 ter del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152. Sul punto cfr. anche Nicola Lugaresi, Diritto dell’Ambiente, Padova, 2008, pgg. 30-33

36.    Marco Tullio Cicerone, De officiis, II, 2,7-8

37.    Marco Tullio Cicerone, Tusculanae Disputationes, IV, 4,7