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Stato di diritto, tutele individuali e tutele ambientali

di - 28 Ottobre 2009
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In un lavoro successivo [6] F. Satta ha approfondito, anche sotto il profilo storico, aspetti fondamentali della teoria della divisione dei poteri e dello Stato di diritto.
“Nella dottrina della divisione dei poteri (…) nessun potere era sovrano. Ciascuno – o coloro che lo esercitavano – concorreva ineliminabilmente alla composizione del potere generale dello Stato, nell’ambito della propria competenza. Basti pensare, come segno più evidente, da un lato al potere esecutivo, dall’altro a quello giudiziario. Il primo è lasciato nell’ombra da Montesquieu – perché per sua natura è indefinibile il tipo di attività che può compiere. Il suo limite stava nel rispetto delle competenze del parlamento e del potere giudiziario, ovvero ancora, nella capacità di questi di opporsi alla sua eventuale espansione. Il potere giudiziario viceversa, secondo una vecchia tradizione francese, è limitato dalla osservanza della legge, che dovrebbe solo esprimere, di cui dovrebbe essere la mera voce (…).
Nella dottrina dello Stato di diritto, viceversa, il potere sovrano esisteva. Era lo Stato, prima di ogni altra cosa se stesso. In questa propria assoluta sovranità esso trovava il limite della legge (che proveniva dal sovrano con il concorso delle camere rappresentative); ma si elevava a piena compiutezza nel governo, responsabile di fronte al sovrano e non di fronte al parlamento, che occupava quindi tutto lo spazio non espressamente sottrattogli dalla costituzione. Incredibile a dirsi, una posizione secondaria occupavano i giudici, ai quali pure tanto peso dava la dottrina. Essi erano relegati non all’applicazione del diritto e quindi alla sua creazione, come in Inghilterra, ma al mero controllo della legittimità”.
4)    Sul nesso tra “Stato di Diritto” e Democrazia è intervenuta ampiamente la Dottrina, anche in periodi molto recenti [7]. Preme qui ricordare l’importante contributo analitico di Jurgen Habermas: “L’interno nesso di “democrazia”e “stato di diritto” consiste nel fatto che, per un verso, i cittadini possono esercitare adeguatamente la loro autonomia pubblica solo quando sufficientemente indipendenti in virtù di una autonomia privata loro paritariamente concessa; ma che, per altro verso, essi possono godere paritariamente della loro autonomia privata solo quando facciano uso adeguato, come cittadini dello stato, della loro autonomia politica. Per questo motivo i diritti liberali sono indisgiungibili da quelli politici. Né è corretta la metafora di ‘polpa e scorza’, quasi ci fosse un nucleo profondo di diritti-di-libertà elementari che chiedano di essere anteposti ai diritti di comunicazione e partecipazione. Nel modello occidentale di legittimazione la cooriginarietà di ‘diritti di libertà’ e di ‘diritti dei cittadini’ è essenziale”[8].
5) Altro intervento di rilievo sul tema è stato effettuato da Ralf Dahrendorf: “L’ordine liberale è composto da due elementi distinti: uno è la democrazia, l’altro è lo stato di diritto, la sottomissione cioè di tutti i cittadini senza distinzione alla legge. Sono entrambi importanti, ma non sono la stessa cosa. Ci sono stati paesi in cui esistevano rilevanti elementi dello stato di diritto ma che non erano certo democratici: penso alla Prussia. E ci sono stati paesi sicuramente democratici con un molto tenue stato di diritto (…) Dunque democrazia e rule of law non sono la stessa cosa. Lo stato di diritto dà alcune risposte alle nostre tre domande: per esempio il processo di revisione giudiziale consente forme di check and balance necessarie a esercitare un controllo sul potere. Talvolta la legge prevede meccanismi per assicurare il cambiamento senza violenza, come accade nella Costituzione americana che limita la presidenza a due mandati consecutivi. Ma la rule of law non dice molto su come garantire al demos la partecipazione al processo democratico (…) Noi possiamo sperare di affrontare e risolvere alcuni problemi posti dalla modernità più attraverso un’estensione internazionale dello stato di diritto che attraverso la costruzione di nuove e più ampie istituzioni democratiche (…) Penso che la democrazia sia stata e sia tuttora, a livello degli Stati – Nazione, una formidabile soluzione al problema della forma di governo. Ma non credo che essa sia applicabile al di fuori dello Stato – Nazione, ai molti livelli internazionali o multinazionali in cui si forma oggi la decisione politica (…) L’estensione di elementi dello stato di diritto nella vita dell’Unione europea, per esempio, sarebbe per me molto più realistica e realizzabile dell’elezione diretta del presidente della Commissione” [9]:
6) S. Cassese, in un suo recente lavoro [10], ha sintetizzato con grande efficacia gli elementi fondamentali dello “Stato di diritto”. Nel volume “Il diritto globale” Egli scrive: “I poteri pubblici negli ordinamenti moderni hanno tre componenti essenziali: democrazia, giustizia (Stato di diritto) e autorità (potere esecutivo). Queste sono le ‘materie prime della fabbrica dello Stato’. (…) L’espressione “Stato di diritto” indica un complesso di istituti e garanzie, sviluppatisi a partire dal XIX secolo per effetto del pensiero liberale. In una prima fase, emergono le garanzie della libertà personale e della (parziale) indipendenza dei giudici. Più tardi, le garanzie si affermano anche in relazione al potere legislativo, con l’introduzione di giudici della costituzionalità delle leggi. In una terza fase, nella seconda metà del XX secolo, si estendono al potere esecutivo, ponendovi una serie di limiti, tra cui la giustiziabilità delle pretese dei cittadini, il principio di legalità dell’agire amministrativo, il principio di trasparenza (ad esempio, la disciplina dell’accesso ai documenti amministrativi), la partecipazione dei privati al procedimento amministrativo, il principio del contraddittorio amministrativo”;

Note

6.  Filippo Satta, Il problema dell’Amministrazione, Milano, 1971, pgg. 19-20

7.  D. Zolo, op. cit., pgg. 46 – 55

8.  Jurgen Habermas, L’inclusione dell’altro, Milano, 2008, pg. 221

9.  Ralf Dahrendorf, Dopo la democrazia, Bari, 2003, pgg. 8 – 9

10.  Sabino Cassese, Il Diritto Globale, Torino, 2009, pg. 156

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