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Il rito “semplificato” di cognizione

di - 29 Luglio 2009
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Sul contenuto di questa valutazione occorre ora soffermarsi.
Non si tratta di novità assoluta, in quanto già l’art. 19 dell’ormai abrogato d.lgs. n. 5 del 2003, nel descrivere i limiti entro i quali il giudice monocratico poteva esercitare i suoi poteri di cognizione sommaria (o per accogliere, in tutto o in parte, la domanda ovvero per arrestare il procedimento sommario e trasformare il rito), richiedeva al giudice di verificare che l’oggetto della causa o le difese svolte dal convenuto fossero “compatibili” con la cognizione sommaria; mentre, per accogliere la domanda, il giudice doveva ritenere sussistenti i fatti costitutivi e manifestamente infondata la contestazione del convenuto. In particolare, la verifica sull'”oggetto della causa” richiedeva al giudice di valutare, alla stregua del contenuto della domanda e delle difese del convenuto, se l'”attuale” oggetto della lite si prestasse ad essere deciso nelle forme sommarie. A parte l’ipotesi di richiesta di tutela estranea ai presupposti della tutela sommaria, oggetto di valutazione poteva essere anche l’eventuale allargamento del thema decidendum conseguente, ad esempio, alla proposizione di eccezioni in senso stretto e l’opportunità che al giudizio partecipasse un terzo che il convenuto aveva dichiarato di voler chiamare in causa. Quanto alle difese del convenuto che richiedevano una cognizione non sommaria, la valutazione del giudice doveva qui soffermarsi, in primo luogo, sull’impostazione complessiva del sistema difensivo del convenuto, dalla quale desumere le reali questioni, di fatto e di diritto, controverse tra le parti, per poi tenere conto di singole eccezioni di rito e di merito, nonché delle richieste istruttorie già formulate o comunque prospettate quale thema probandum del giudizio a cognizione piena. In sintesi, l’art. 19 cit. delineava un “percorso cognitivo” in base al quale, in primo luogo, il giudice verificava il duplice presupposto per la prosecuzione della trattazione in via sommaria, costituito dall’oggetto della causa e dalla compatibilità delle difese del convenuto, fermo restando che, per “arrestare” il procedimento sommario, era sufficiente che riscontrasse l’inesistenza anche di uno solo di questi presupposti e che, pertanto, ad esempio, la valutazione di incompatibilità con la cognizione sommaria dell’oggetto della causa era già sufficiente a far pronunciare il provvedimento di assegnazione dei termini, rendendo inutile l’ulteriore verifica sulle difese del convenuto.
Si tratta ora di individuare il “percorso cognitivo” che l’art. 702-ter c.p.c. impone al giudice del rito semplificato, il quale è chiamato a valutare nell’ordine: a. l’oggetto “originario” del processo ed i fatti costitutivi della domanda (anche in relazione al valore della causa); b. le eventuali domande riconvenzionali e quelle nei confronti di terzi e le difese svolte in sede di costituzione dal convenuto e dai terzi; c. l’impostazione complessiva del sistema difensivo del convenuto (e dei terzi), da cui desumere le questioni, di fatto e di diritto, controverse tra le parti, tenendo anche conto di singole eccezioni di rito e di merito, nonché delle richieste istruttorie già formulate o comunque prospettate quale thema probandum.
All’esito di queste verifiche il giudice è chiamato ad effettuare una valutazione complessiva e di sintesi, prefigurando il percorso che si rende necessario per la decisione e la sua compatibilità con le forme semplificate.
Anche se il giudice non è chiamato ad effettuare una prognosi sulla fondatezza o infondatezza della domanda, ci sembra che nella valutazione complessiva e di sintesi che giustifica la prosecuzione nelle forme semplificate possa ritenersi compresa anche quella sulla eventuale manifesta fondatezza o manifesta infondatezza [19].
Le tipologie di controversie che, almeno di norma, sembrano essere maggiormente compatibili con l’istruttoria semplificata, a parte quelle contumaciali, potrebbero essere, ad esempio, le cause risarcitorie, condominiali, di pagamento o rimborso di somme di danaro.

12. Gli atti di istruzione.
Il comma quinto dell’art. 702-ter c.p.c. attribuisce al giudice il potere-dovere, sentite le parti ed omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, di procedere “nel modo che ritiene più opportuno” agli atti di istruzione “rilevanti in relazione all’oggetto del provvedimento richiesto”.
Fermo il limite del rispetto del principio del contraddittorio, è consentita l’acquisizione di quelle prove, già ritenute compatibili con il rito semplificato, senza il rispetto delle regole di assunzione contenute nel libro secondo del codice, con le modalità di volta in volta indicate dal giudice.
In questo senso, alla formula “atti di istruzione” va attribuito un significato diverso da quello della pur identica espressione contenuta nell’art. 669-sexies, comma primo, c.p.c.: non si tratta di disporre un’istruttoria limitata alle finalità del procedimento, ma di raccogliere quelle prove pur sempre necessarie a decidere su domande ritenute “compatibili” con la decisione semplificata.
Si sostiene che l’istruzione nel rito sommario sarebbe completamente rimessa al potere discrezionale del giudice, secondo il medesimo schema del procedimento sommario cautelare [20]. Ma, la natura del procedimento e la conseguente applicazione dei principi generali in materia di istruzione probatoria escludono ogni ampliamento dei poteri istruttori d’ufficio e fanno ritenere che gli atti di istruzione siano quelli formulati dalle parti nei rispettivi atti di costituzione, nonché quelli dalle stesse richiesti nel corso della prima udienza e comunque prima che il giudice designato provveda sulle istanze istruttorie.

Note

19.  V. menchini, op. cit., 6, secondo cui, se dagli atti di causa emerge la manifesta fondatezza o infondatezza del ricorso, vi sono certamente le condizioni per seguire il rito sommario non perché tale elemento costituisca uno dei presupposti di ammissibilità di questo, ma perché la causa può essere decisa in forma breve, senza lo svolgimento di attività articolate e dai tempi lunghi.

20.  V. G.Olivieri, Il procedimento sommario di cognizione (primissime brevi note), in www.Judicium, 5.

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