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Il rito “semplificato” di cognizione

di - 29 Luglio 2009
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7. Segue: le verifiche preliminari.
La norma nulla dispone circa le verifiche preliminari che il giudice designato è tenuto a compiere anche nel procedimento in esame (come in ogni processo), che appaiono regolate dalle norme comuni.
Vi sono, anzitutto, le verifiche preliminari relative alla regolarità della notificazione del ricorso (e del decreto di fissazione dell’udienza), in caso di mancata costituzione del convenuto, che possono concludersi con l’ordine di rinnovazione della notificazione del ricorso ai sensi dell’art. 291 c.p.c.
Abbiamo accennato all’ipotesi di omessa notificazione del decreto, alla quale è da equiparare quella di notificazione affetta da vizio di giuridica inesistenza, che comportano la dichiarazione di improcedibilità del ricorso non essendo possibile applicare in via analogica l’art. 291 c.p.c., il quale presuppone il potere-dovere da parte del giudice di disporre la rinnovazione della notificazione solo in caso di notificazione nulla o comunque invalida (non seguita dalla costituzione del convenuto e dalla conseguente sanatoria dei vizi).
Anche le altre verifiche preliminari previste dall’art. 182 c.p.c. (relative alla costituzione e rappresentanza delle parti, nonché ad eventuali vizi della procura), nel testo modificato dalla stessa legge n. 69, debbono essere qui svolte dal giudice designato, solo all’esito delle quali il giudice designato può pronunciare gli ulteriori provvedimenti previsti nei primi quattro commi dell’art. 702-ter c.p.c.

8. Segue: l’ordinanza di incompetenza
Se il giudice ritiene di non essere competente, deve pronunciare, con ordinanza, la relativa declinatoria.
Si è già ricordato che, a seguito della modifica dell’art. 38 c.p.c. introdotta dalla legge n. 69 del 2009, l’eccezione di incompetenza, in relazione a tutti i criteri (compresi quelli cc.dd. forti), deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, nella comparsa di costituzione tempestivamente depositata in cancelleria. Ciò significa che, alla prima udienza, il giudice è già in grado di valutare le difese sul punto svolte dal convenuto e le eventuali decadenze maturate, nonché la necessità di esercitare, sempre a pena di decadenza, i poteri di rilevazione officiosa dell’incompetenza entro il limite temporale della prima udienza.
Ratio della norma è quella di “imporre” al giudice l’immediato controllo sulla competenza e, in caso di ritenuta incompetenza, di pronunciare in limine la relativa declaratoria, fermo restando che gli esiti della verifica sulla competenza sono destinati a vincolare il successivo svolgimento del processo, anche nell’ipotesi che questo prosegua nelle forme del rito ordinario.
L’obbligo del giudice di pronunciare immediatamente l’ordinanza di incompetenza comporta che il “confine” tra rilievo e decisione sulla competenza potrebbe venir meno, laddove il giudice sia in grado, già nel corso della prima udienza, di pronunciare l’ordinanza. In caso contrario, il giudice è tenuto a rilevare tempestivamente la questione di incompetenza, limitandosi ad introdurre la stessa nel dibattito processuale, e, solo in questo caso, sarà possibile pronunciare l’ordinanza nella seconda udienza [13].
L’esercizio dei poteri di rilevazione officiosa entro la prima udienza è necessario anche quando il convenuto, pur essendo decaduto dalla relativa eccezione, svolga in udienza difese dirette a sollecitare e dare impulso ai poteri officiosi.
Avverso l’ordinanza di incompetenza, che deve contenere anche la pronuncia sulle spese, è esperibile il regolamento di competenza necessario [14].

9. Segue: l’ordinanza di “inammissibilità” della domanda per mancanza del presupposto di monocraticità del tribunale.
Si è accennato che la violazione dell’art. 702-bis c.p.c. comporta l’obbligo del giudice designato, alla prima udienza, di dichiarare l’inammissibilità del ricorso con ordinanza non impugnabile, con conseguente possibilità di riproposizione della domanda nelle forme del rito ordinario.
La norma, come si è esattamente osservato [15], è solo apparentemente chiara, perché pone un duplice problema relativo, da un lato, al regime di impugnabilità dell’ordinanza e, dall’altro, alle conseguenze dell’errore sulla mancata declaratoria di inammissibilità.
Ci sembra che la dichiarazione di inammissibilità non sia altro che un rifiuto di accesso al rito semplificato, per mancanza del relativo presupposto, e che sia sottratta a qualsiasi rimedio impugnatorio, che darebbe luogo ad una fase processuale che avrebbe ad oggetto solo una questione di rito e che non potrebbe concludersi con una pronuncia di merito, né consentire, in mancanza di espressa previsione normativa, la rimessione al primo giudice [16].

Note

13.  Ci sembra che il rilievo officioso sia sempre necessario quando il giudice sia comunque tenuto a disporre la fissazione di una nuova udienza, ad esempio per la necessità di rinnovare la notificazione dell’atto introduttivo.

14.  Nello stesso senso g.f. ricci, La riforma del processo civile. Legge 18 giugno 2009, n. 69, Torino, 2009, 107.

15.  V. Luiso, op. cit., 3-4.

16.  Nel senso che l’ordinanza di inammissibilità è insuscettibile di controllo, analogamente a quanto accade per il decreto di cui all’art. 640 c.p.c. v. luiso, op. cit., 3.

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