Ralf Dahrendorf e la teoria delle chances di vita

La recente scomparsa di Ralf Dahrendorf crea un grande vuoto nel mondo di coloro che impegnano risorse intellettuali e morali per la difesa e lo sviluppo delle libertà individuali. Il suo contributo, profondo e costante, a tali fondamentali tematiche è stato decisivo. Lo ha sottolineato la stampa internazionale che lo ha ricordato “as a man who spent his life defining and defending liberty”[1]. Possiamo aggiungere che egli è stato – come vedremo ripercorrendo alcuni suoi passi – un grande interprete contemporaneo dei migliori valori dell’illuminismo e un grande democratico che – movendo dalle condivise constatazioni di Kant sulla natura umana caratterizzata da “insocievole socievolezza” (ungesellige Geselligkeit) – ha costantemente cercato strade e soluzioni per ampliare e diffondere le opportunità e le chances di vita.
Le riflessioni fondamentali di Dahrendorf sulla libertà e sulla storia possono essere, in prima approssimazione, così sintetizzate:
A) La libertà che ha rilevanza è la libertà che realizza chances di vita;
B) Le chances di vita sono costituite da un insieme di diritti civili e opportunità di benessere;
C) La storia può acquistare un senso se si sostanzia nello sviluppo e nella diffusione di chanches di vita sempre più ampie in favore di un numero crescente di persone;
D) Lo sviluppo e la diffusione delle chances di vita presuppongono la società aperta, la società che consente il tentativo, l’errore e il libero confronto su il pro e il contro di ogni decisione.
Approfondiremo tali assumptions attraverso una rilettura di passi fondamentali dell’opera di Dahrendorf. Possiamo partire da una prima definizione di carattere generale: “Le chances di vita sono la combinazione di diritti civili e opportunità di benessere” [2]. Questa complessità impone un approfondimento. “Le società moderne si trovano tipicamente davanti a due generi di compiti, spesso difficilmente conciliabili tra loro. In primo luogo esse devono trovare mezzi e strade per garantire ai loro membri certi diritti fondamentali di partecipazione o diritti civili. Fra questi, come minimo, l’uguaglianza davanti alla legge, e quindi l’eliminazione dei privilegi formali. Nelle società più evolute si aggiungono altri elementi a questa uguaglianza di base. Ed è prima di tutto la mobilitazione politica, spesso sotto forma di partecipazione politica (il suffragio universale, la libertà di coalizione). Un ulteriore elemento è più complicato; è l’affermazione di certi diritti civili di carattere sociale, cioè di un livello di benessere, al di sotto del quale nessuno deve poter cadere (…). Simili diritti civili costituiscono una quantità di Anrechte, come li chiameremo (benché altri termini sarebbero possibili, compresi quelli di “cittadinanza” o anche “democrazia” nel senso di Tocqueville) (…). In secondo luogo le società moderne devono trovare mezzi e strade per garantire ai loro membri uno standard di vita soddisfacente” [3]. In realtà tale combinazione di diritti a livello soggettivo ed oggettivo, a livello formale e a livello materiale, di garanzie giuridico-istituzionali e di “uguaglianza di opportunità” [4] fornisce alla offerta politica basata sulla teoria delle chances di vita una grande solidità nel tempo. “I diritti civili e le chances di vita sono il tema della storia a partire dalla rivoluzione americana e da quella francese. Al di là di ogni terminologia, è facile mostrare come questo livello fondamentale dei diritti civili ha tre colonne che possono essere descritte anche come gradini dello sviluppo. Il primo gradino riguarda proprio quei diritti e doveri di tutti che derivano dallo Stato di diritto e dall’eguaglianza davanti alla legge. I quali tuttavia divengono significativi per la maggioranza solo grazie a un secondo gradino dei diritti civili, il cui nocciolo consiste nelle chances politiche di partecipazione, e cioè nel suffragio universale e uguale nonché nei fori e nei mezzi dell’opinione pubblica. Ma anche i diritti politici rimangono formali. Solo il terzo gradino, quello della creazione e assicurazione di uno status sociale ed economico fondamentale dà una sostanza ad essi” [5].
Forma e sostanza devono essere prospetticamente coniugate così da assicurare agli individui material defence and protection: “L’uguaglianza davanti alla legge ha poco significato se non esiste suffragio universale e altre chances di partecipazione politica. Le chances di partecipazione rimangono una vuota promessa se le persone non hanno la posizione sociale ed economica, che le metta in condizione di giovarsi di quello che le leggi o costituzioni promettono loro. A poco a poco l’idea della cittadinanza è stata dotata di sostanza. Da essere una quantità formale di diritti la cittadinanza è diventata uno status, di cui fanno parte, oltre al diritto elettorale, un reddito decoroso e il diritto a condurre una vita civile, anche quando si è ammalati o vecchi o disoccupati” [6]. Di fronte al dramma della povertà e della disoccupazione, già nel 1987 Dahrendorf scriveva sul reddito minimo garantito: “(…) Tanto la nuova disoccupazione quanto la nuova povertà toccano questioni alle quali il reddito minimo darebbe una risposta tendenzialmente importante – e, a mio parere, giusta. Sono questioni attinenti alla legittimità delle comunità democratiche di oggi. Sono quindi questioni fondamentali (…). Nella costituzione in senso lato ricade anche il reddito minimo. Esso deve trovare riconoscimento come componente fondamentale dei diritti civili, poiché il suo senso sta nel fatto che segna una postazione di uscita, oltre la quale nessuno deve poter cadere” [7].

Naturalmente lo sviluppo prospettico sopra sintetizzato deve essere visto come un processo di lungo periodo con una avvertenza metodologica che viene posta con forza da Dahrendorf, memore del flagello del totalitarismo nel corso del XX secolo: “Diritti civili e chances di vita presuppongono entrambi la società aperta in cui nessuno può presumere di avere tutte le risposte o di poter dare risposte una volta per tutte” [8]. Ed ancora, sul concetto di società aperta: “Società aperte sono le società che consentono il tentativo e l’errore. Questa è la definizione più semplice del concetto (…). Com’è naturale, il concetto traduce la teoria della conoscenza di Popper applicata alle situazioni sociali, economiche e politiche. Noi non possiamo sapere, possiamo solo ipotizzare. Le nostre supposizioni possono essere false; in realtà il progresso del sapere consiste nel dimostrare la falsità delle supposizioni. Quello che dunque importa soprattutto è che la falsificazione rimanga possibile, che non sia impedita da dogmi o anche dagli interessi dei ceti dominanti della comunità scientifica. Noi non possiamo essere sicuri di come debba presentarsi la buona società, possiamo solo proporre dei progetti che vadano in quella direzione (…) la possibilità di dibattere il loro pro e contro è appunto ciò che il vivere in una società aperta assicura. La cosa davvero importante è dunque che rimanga possibile il cambiamento (…)” [9]. “Tutto il senso della società aperta sta nel fatto che non ci sia un’unica strada, e nemmeno due o anche tre, ma 101, cioè un grande numero indefinito e sconosciuto di strade percorribili” [10].
Al di là del metodo, va sottolineato che per Dahrendorf la concezione delle chances di vita assurge a teoria/filosofia della storia. Nel suo famoso saggio “La libertà che cambia” egli scrive: “Le chances di vita sono le impronte dell’esistenza umana nella società: definiscono fino a che punto gli individui possono svilupparsi (…). La particolare combinazione di opzioni e legami, di possibilità di scelta e di vincoli di cui sono costituite le chances di vita è ciò che ci consente di valutare il senso della storia. Ciò che è decisivo naturalmente non è questa combinazione, ma il fatto che possano esistere chances di vita nuove in senso stretto (…). Se questo genere di considerazioni significa qualcosa, la conseguenza almeno è che si rende possibile un senso della storia. Esso consisterebbe proprio nel creare più chances di vita per più uomini” [11]. E questo impegno per un allargamento e diffusione delle chances di vita anche con riferimento ai settori sociali attualmente deboli o marginali in Europa, negli altri paesi ricchi e nei paesi poveri, appare ancor più profondo e radicato negli scritti che riassumono alcune lezioni tenute da Dahrendorf a Essen tra la fine del 2001 e gli inizi del 2002. Riportiamo qui di seguito alcuni significativi passi della raccolta ” Libertà Attiva”:
“Io sono un incorreggibile illuminista, che perciò si trova bene nel secolo XVIII. La costituzione americana, la crescente prosperità delle nazioni dovuta alla mano invisibile del mercato, e la fuoriuscita dell’uomo dal suo colpevole stato di minorità servono da sprone per sempre nuovi tentativi, che non si fanno scoraggiare nemmeno dagli errori. Tentativi in che senso? Ebbene, in quello di contribuire a far sì che sempre maggiori chances di vita vengano create per un sempre maggior numero di persone (…) libertà attiva non significa naturalmente attività fine a se stessa. Il fine più alto è l’estensione delle chances di vita dei vincenti a tutti gli altri. La libertà non deve diventare un privilegio, il che significa che un principio della politica della libertà è quello di estendere a più persone, teoricamente a tutti gli uomini, i diritti e le offerte di cui già godiamo noi stessi. Ho già accennato che si tratta di un compito difficile. Per risolverlo non basta la beneficenza. Servono intuizione, fantasia, pazienza, tenacia e soprattutto sforzi incessanti per migliorare il benessere degli uomini. Ciò vale per gli esclusi dei paesi ricchi come per la grande maggioranza degli abitanti di quelli poveri”[12].
La riflessione di Dahrendorf non si discosta mai dalla concreta realtà e, soprattutto, non prescinde mai – come si è già accennato – dalla reale natura degli uomini: “(…) La libertà si realizza soltanto nella costituzione della libertà. La ‘non socievole socievolezza degli uomini’ (come Kant ha definito, meno bellicosamente, lo stato di natura di Hobbes) richiede istituzioni che rendano fecondi gli antagonismi avviandoli su binari ordinati. Ciò non implica che ci si debba continuamente affaccendare sulle istituzioni (…). Implica però che si creino leggi, norme che valgano nel senso pieno e che esercitino così quell’effetto associativo che è per noi il senso delle legature” [13]. Ed ancora: “Io penso in realtà che la diseguaglianza sia un elemento della libertà. Una società libera lascia molto spazio alle differenze tra gli uomini, e non solo a quelle di carattere, ma anche a quelle di grado. La diseguaglianza non è più compatibile con la libertà quando i privilegiati possono negare i diritti di partecipazione degli svantaggiati, ovvero quando gli svantaggiati restano nei fatti del tutto esclusi dalla partecipazione al processo sociale, economico e politico. A ciò esiste un solo rimedio, la dotazione elementare garantita a tutti” [14].
Sulla scorta della sua concezione dell’uomo e dei limiti che una società libera deve porre nei confronti della naturale creazione delle disuguaglianze Dahrendorf si interroga sulla storia e sul progresso.
In realtà, ad avviso di Dahrendorf, anche se la storia non è un piano degli eventi precostituito nell’ambito di un disegno universale, anche se la storia è un “processo fondamentalmente aperto” [15], non limitato da propensioni precostituite dell’uomo, è possibile ritenere legittime le seguenti assumptions: “Il progresso è possibile; il progresso del potenziale umano è reale; un certo progresso delle chances di vita umane è probabile” [16]. Il progresso è possibile, anzi probabile dunque; ma il nostro Autore si pone l’ulteriore quesito : “Esiste o meno un progresso della libertà?”. Ed ecco la risposta liberale e progressista tutta incentrata sul metodo: “In certo modo il compito della libertà è il medesimo in tutti i tempi: è quello della società aperta. Che ciò sia avvenuto d’un balzo o no, le possibilità della libertà formale sono certamente migliorate. Da un altro punto di vista, per quanto il compito della libertà possa essere identico a se stesso, il suo contenuto varia costantemente. Il suo compito consiste nell’allargare le opportunità di vita, nel cercare nuove possibilità. Non c’è nessuna libertà senza questa ricerca. Libertà significa che noi superiamo o eliminiamo qualunque ostacolo impedisca la crescita umana (…). Un progresso della libertà è dunque possibile” [17].

Dahrendorf è alla continua ricerca di miglioramenti e di ampliamenti delle chances di vita individuali in una ottica di continua verifica delle assumptions che, di volta in volta, si vengono a determinare, con un approccio metodologico che fa del dubbio elemento di filosofia politica. Dice Dahrendorf: “A Londra conobbi Karl Popper (…). L’incontro confermò e approfondì il mio desiderio di esercitare la sociologia, inclusa l’analisi della società nel suo complesso, come scienza dell’esperienza. Esso gettò altresì il seme di quella teoria politica del dubbio, che da allora è diventata il motivo caratteristico della mia riflessione” [18]. In altri scritti sul metodo popperiano Dahrendorf sottolinea quanto segue: “Una caratteristica dell’approccio popperiano ai problemi è di evitare ogni soluzione onnicomprensiva. Chiunque afferma di avere la risposta per ogni problema, in realtà non sa risponderne a nessuno: le soluzioni totali, lungi dal migliorare le cose, le aggravano” [19].
La continua attenzione di Dahrendorf nei confronti della evoluzione delle attività umane nel mondo provoca, come è naturale, preoccupazioni ed allarmi che però non cedono mai ad una logica rinunciataria o di difesa del privilegio. Egli è consapevole dei rischi potenziali che corrono le nostre società contemporanee e la sua reazione è sempre vitale e positiva: “Forse tutte le nostre conquiste verranno distrutte, da nemici esterni o dal potenziale suicida della nostra stessa attività. La distruzione dell’ambiente, il pericolo nucleare, l’odio dei perdenti sono degli esempi. Che la storia sia aperta è vero in più d’una direzione. Perché essa porti maggiori chances di vita a un sempre maggior numero di persone, noi dobbiamo fare qualcosa. Libertà significa sempre attività” [20].
Desideriamo sottolineare l’importanza dell’approccio metodologico che Dahrendorf ha delineato nell’ambito della teoria della chances di vita. Infatti il verificare se in una determinata situazione le chances di vita individuali evolvono o meno e se, successivamente, hanno ulteriori possibilità di sviluppo diventa criterio fondamentale di valutazione applicabile, in realtà, in via generale.
Pensiamo, per fare un esempio, ad una sua applicazione alla valutazione di determinati rapporti produttivi (che, come noto, sono costituiti da vari elementi quali la proprietà, il reddito distribuito, le condizioni di lavoro, la partecipazione ai processi decisionali di impresa, etc.). Si intuisce immediatamente che il metodo tracciato da Dahrendorf consente di cogliere il segno, la cifra, il potenziale di progresso o di regresso di quel determinato rapporto produttivo. Andremo infatti a verificare nel concreto se sussista o meno un potenziale di sviluppo e diffusione delle chances di vita degli individui operanti nell’ambito di quei determinati rapporti produttivi e, in ultima analisi, se vi siano possibilità di un reale sviluppo nel tempo dei livelli di produttività. Ciò costituisce solo un esempio della grande valenza e portata del metodo che Dahrendorf ha insegnato a tutti noi.
Concludiamo queste brevi considerazioni in onore di Ralf Dahrendorf richiamando alcuni suoi passi esemplari sul tema della libertà :
i)       “Chi vuole la libertà, deve volere che tutti i cittadini godano dei diritti civili; chi non vuole questo, perderà ben presto anche la libertà” [21].
ii)      “La bussola che ci deve indicare la direzione in questo paesaggio senza punti di riferimento è orientata sulla libertà. La libertà che io ho in mente è il tema della prima lezione. Non è una libertà intesa come situazione, vale a dire come pura possibilità di attuazione, bensì libertà che realizza chances di vita. Il mio tema generale è la libertà attiva” [22].
iii)     “Noi non siamo stati mai così bene, ma possiamo stare ancora meglio, noi e soprattutto coloro che non godono delle nostre chances di vita. Siamo quindi chiamati alla libertà attiva, perché può andare anche diversamente, e se restiamo inattivi, cresce il pericolo” [23].
Grande è il valore del magistero di Dahrendorf. Egli ci ha lasciato un metodo fondamentale, una chiave di lettura delle vicende umane incentrata sulla teoria delle chances di vita e sul concetto di società aperta in cui nessuno ha il potere di negare il diritto di altri al dubbio, alla libera verifica in contraddittorio, alla falsificazione della congettura iniziale e alla sua eventuale confutazione. Gli insegnamenti di questo grande maestro andranno approfonditi e sviluppati nel tempo. E’ questo il compito (sicuramente non facile) di coloro che intendono proseguire il lavoro di Dahrendorf: ciò avverrà nell’ambito dei contesti storici che via via si proporranno con le nuove criticità che verranno in evidenza e che già oggi destano preoccupazione ed allarme. Basti pensare alle continue ed estese violazioni dei principi democratici e del “rule of law“, ai rischi di anomia nel mondo globalizzato con fenomeni di disgregazione della legalità e di aree geografiche che sono al di fuori del “dominio del diritto”, alle minacce sempre più gravi ai livelli di sussistenza di molte popolazioni, ai rischi che si vanno prefigurando per i nostri equilibri ambientali così importanti per assicurare nel tempo lo sviluppo e la diffusione delle chances di vita individuali e la riproduzione del nostro modo di produzione, alle sofferenze umane che si registrano in molte parti del mondo dove, ancora oggi, sono negati i più elementari diritti civili e di partecipazione a donne e uomini anche attraverso azioni illegali e violente.

Note

1.  CFR. The Economist June 27th 2009 pg.98

2.  Ralf Dahrendorf – Per un nuovo liberalismo- Laterza, pg.182

3.  Ralf Dahrendorf – op. cit. – pg. 101

4.  Questa espressione viene utilizzata dal nostro Autore nel commentare, con affetto ed ammirazione, il pensiero di George Orwell, grande combattente contro il totalitarismo. Dahrendorf sintetizza così il suo giudizio su George Orwell” Le sue voglie egualitarie furono sempre frenate dalle convinzioni liberali”- CFR Ralf Dahrendorf – Erasmiani – Laterza, pg. 167

5.  Ralf Dahrendorf – Per un nuovo liberalismo – Laterza, pgg. 219-220

6.  Ralf Daherdorf – op. cit. pg. 124

7.  Ralf Dahrendorf – op. cit. pgg. 137 e 147

8.  Ralf Dahrendorf – op. cit. pg. 220

9.  Ralf Dahrendorf – La società riaperta – Laterza, pg. 197

10.  Ralf Dahrendorf – op. cit. pg. 198

11.  Ralf Dahrendorf – La libertà che cambia – Laterza, pgg. 16-17

12.  Ralf Dahrendorf – Libertà attiva – Laterza, pg. 11 e seguenti

13.  Ralf Dahrendorf – op. cit. pgg. 38-39

14.  Ralf Dahrendorf – op. cit. pg. 19

15.  Ralf Dahrendorf – La libertà che cambia- Laterza, pg. 15

16.  Ralf Dahrendorf – op. cit. pg.22

17.  Ralf Dahrendorf – op. cit. pg. 27 – 28

18.  Ralf Dahrendorf – Per un nuovo liberalismo – Laterza, pg. 39

19.  Ralf Dahrendorf – Quadrare il cerchio – ieri e oggi – Laterza, pg. 32

20.  Ralf Dahrendorf – Libertà attiva – Laterza, pgg. 11-12

21.  Ralf Dahrendorf – Per un nuovo liberalismo – Laterza, pg. 152

22.  Ralf Dahrendorf – Libertà attiva – Laterza, pg. VI

23.  Ralf Dahrendorf – op. cit. pg. 20