A proposito di riforme della governance economica mondiale
(ed una piccola proposta che sposa il multilateralismo)

Il 2 aprile p.v. si riunirà nuovamente a Londra il G20, per un summit che dovrebbe dar inizio alla riforma della governance economica mondiale, secondo le linee guida che furono sommariamente tracciate nel summit di Washington del 15 novembre 2008, che ha segnato una sorta di rinascita del G20 allo scoppiare della crisi.[1] Non sarà in realtà che l’inizio dell’inizio, di cui per giunta ancora non si sa quasi nulla.[2] Si hanno solo alcune dichiarazioni di Capi di Stato che paiono auspicare non solo misure strettamente legate a strumenti di soluzione della crisi, ma anche alcune riforme sulla composizione dei vari Vertici (G-) e della governance delle cosiddette “Istituzioni di Bretton Woods”, ovvero Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale, in un quadro più o meno unitario. C’è poi la richiesta dei Capi di Stato dei paesi del centro e sud del continente africano di poter aver un ruolo all’interno del G20,[3] nonché di poter mettere seriamente in agenda non solo tematiche di natura finanziaria ma anche di natura commerciale e di gestione delle risorse naturali, ed infine le posizioni di 19 Stati dell’America Latina e delle ex-Repubbliche dell’Unione Sovietica che propongono entrambe nella sostanza un rafforzamento delle compagini regionali in seno al G20 quali portatrici di istanze comuni.[4]
Nel frattempo, sono tuttavia iniziati dibattiti e sono state lanciate le prime proposte da parte della società civile, per lo più di studiosi, ma anche da parte di alcuni che vivono concretamente e quotidianamente la realtà della governance economica mondiale. Le posizioni sono tra loro molto eterogenee, e rivelano convinzioni ed assunti di partenza spesso in conflitto. Tutti paiono concordi nel riconoscere che nei fatti il G7/G8 sia stato politicamente sostituito dal G20, con quindi un inevitabile allargamento della rappresentatività dei centri decisionali. Ma a parte questo, si identificano nella sostanza diverse letture del reale e diversi approcci di riforma, per la maggior parte di natura inter-governativa: dal rafforzamento ed allargamento del G20 quale luogo deputato alla discussione (ma non necessariamente all’assunzione) delle principali decisioni di natura economica, ad un radicale rinnovo del G7, che manterrebbe comunque l’originario ruolo di leadership, all’abbandono o per lo meno indebolimento di tali Vertici a favore di più o meno stabili accordi regionali di cooperazione eventualmente tra loro coordinati. Chi, all’opposto, va alla ricerca di parziali forme di governo sovranazionale immagina agenzie per la vigilanza internazionali, o tribunali internazionali per il fallimento, anche rispolverando idee oramai vecchie di decenni e tristemente abbandonate nei cassetti di qualche volonteroso. Certo, ovunque si trovano anche dichiarazioni relative alla riforma delle istituzioni di Bretton Woods, quale tassello inevitabilmente necessario, ma in qualche modo funzionale ad assetti di governance che dirigano dall’esterno tali istituzioni.

Ora, le cause dell’attuale crisi sono composite e molto complesse. Altrettanto composite ed articolate dovranno quindi essere, si immagina, le soluzioni attuabili. Soprattutto, i diversi problemi si collocano in linea di principio su (almeno) due piani differenti, sebbene strettamente collegati: quello dei comportamenti dei privati sui mercati e dei possibili controlli e limiti al loro agire, e quello delle variabili macroeconomiche e dei principi che debbono regolare i rapporti sia monetari che finanziari e commerciali tra Stati, cui si lega strettamente l’aspetto dello sviluppo e della condivisione delle risorse naturali.

In questo complesso ed ancora ben poco chiaro scenario, mi sentirei di spezzare una lancia a favore del multilateralismo e del recupero delle istituzioni di Bretton Woods. In un ben preciso significato “politico”: l’attuale crisi merita soluzioni immediate e di lungo periodo che ne risolvano le cause, sicuramente. Essa rappresenta tuttavia anche l’occasione politica di andare alla radice dei problemi e che possa far trovare il coraggio di affrontarli con soluzioni originali. E’ indubbio che ciò che è avvenuto e sta avvenendo tocca tutti, ha disvelato tutti i limiti ed anche le mistificazioni che in parte hanno fondato molte delle politiche piccole e grandi degli ultimi decenni, ha reso evidente che alcuni problemi non sono più assolutamente demandabili a future generazioni ignare. Ha dimostrato che sicuramente qualcosa non funziona, ma ha anche mostrato come “non si possa buttare via il bambino con l’acqua sporca” votandosi a soluzioni protezionistiche o comunque conservatrici.

Gli accordi di Bretton Woods del 1944 avevano ovviamente molti limiti, ed erano frutto di tempi che non esistono più. Inoltre, non credo che nessuno abbia una tale ingenuità da credere che il FMI, ed in qualche minor misura la Banca Mondiale siano campioni di rappresentatività, efficienza e accountability. Tuttavia, dopo la seconda guerra mondiale si fu capaci del coraggio del cambiamento ed il messaggio che ancora rimane valido di quell’esercizio è lo spirito con cui fu condotto, che produsse per lo meno l’intenzione del multilateralismo. Ai tempi di oggi, il messaggio che dovrebbe recuperarsi da allora è la capacità di lungimiranza, ed anche, se possibile, la consapevolezza da parte di chi ora tiene le redini del giuoco di saper collettivamente fare un passo indietro per farne due in avanti. O anche, brutalmente, per non trovarsi domani ad essere forzati a farne invece due, di passi indietro.

Attualmente, nonostante i descritti limiti e l’ovvia necessità di una radicale riforma, le istituzioni di Bretton Woods sono le uniche che rappresentano l’istituzionalizzazione del multilateralismo. Tutte le proposte di ampliare il G20 sono meritorie, ma restano proposte che rafforzano enti i cui membri si auto-nominano e non esprimono una effettiva rappresentatività. Enti la cui accountability si perde nell’assenza di meccanismi di decisione trasparenti. Piuttosto, ciò che è valido del metodo intergovernativo e del coagulare interessi comuni, rafforzandoli e rendendoli coerenti, tramite enti che siano espressione di aree politico-geografiche omogenee possono essere recuperati in seno ad un multilateralismo che dovrebbe restare l’impalcatura a sostegno della definizione di interessi e beni comuni.

Per riprendere e rivalutare questa forte, ma non si crede ingenua, idea di multilateralismo, alcuni studiosi ed esperti hanno formato il Gruppo di Lecce – dal luogo ove tale gruppo si è costituito – che per il momento ha prodotto il documento “Riformare la Governance Economica Mondiale – Una proposta per i Membri del G-20″,[5] ma che intende estendere le proprie analisi e proposte ad una pluralità di temi legati alla governance economica mondiale, anche in collaborazione con studiosi e centri di ricerca italiani e stranieri che condividano questa premessa di multilateralismo.

La proposta è sufficientemente dettagliata, poiché espressamente indirizzata ai membri del G20, che si assume intendano confrontarsi con proposte concrete e puntuali. Il suo spirito, tuttavia, è quello di rivalutare non i complessi e sicuramente poco efficienti meccanismi di decisione assembleare delle organizzazioni internazionali, ma di ripensare il Comitato Monetario e Finanziario Internazionale del FMI e parallelamente il Comitato per lo Sviluppo della Banca Mondiale e del FMI – comitati, si noti, ministeriali, e quindi che rappresentano la struttura più vicina in termini di organizzazione e funzioni allo strumento intergovernativo – quali fori primari di attuazione della cooperazione globale in materia di politiche finanziarie e di sviluppo, cui ricollegare qualsiasi altra forma di cooperazione e coordinamento in quei settori. Essi – a loro volta riformati rispetto all’attuale composizione e modus operandi -, pur conservando il loro carattere ministeriale, porterebbero il processo decisionale globale sulle questioni economiche internazionali all’interno della struttura istituzionale di Bretton Woods quale unico sistema universale esistente di relazioni economiche multilaterali. Senza dimenticare che le istituzioni di Bretton Woods non solo dispongono di staff formato da funzionari internazionali (invece che statali), ed hanno già collaudato strumenti di collaborazione non solo tra loro ma anche con l’OMC, entro la cui tradizione potrebbero intensificarsi le forme di coordinamento tra politiche monetarie, commerciali e di sviluppo.

I due Comitati Ministeriali, che oggi sono composti da 24 membri di cui molti rappresentano gruppi di paesi (a differenza dei vari G, ove ciascuno rappresenta se stesso) e che già avrebbero da Statuto potere di decisione sulle priorità strategiche e politiche delle due istituzioni (benché invece svuotati di tali funzioni dai diversi Gruppi, tra cui in primo luogo il G10), dovrebbero raccogliere le istanze che oggi trovano espressione nei vari Vertici e contemporaneamente riprendere il loro ruolo di organi-guida e di sorveglianza dei Consigli Direttivi delle due istituzioni. La proposta del Gruppo di Lecce contempla che ne siano modificati i criteri di partecipazione e di modus operandi in modo da aumentarne la rappresentatività e quindi la legittimità. La proposta prevede inoltre meccanismi di riforma a vantaggio di una maggior accountability dei Consigli Direttivi, che diverrebbero effettivi organi di gestione, espressione dell’organizzazione internazionale in quanto tale (cosa che oggi non è). La proposta contempla infine diversi meccanismi di voto e di rappresentanza per meglio riflettere gli attuali assetti dei rapporti economici mondiali e le istanze – ineludibili – dei paesi in via di sviluppo.

Ciascuna delle proposte nel suo insieme è ovviamente discutibile e migliorabile. L’intento era, d’altronde, sì quello di presentare una proposta concreta di riforma ai leader del G20, ma anche quello di aprire un dibattito sul tema rendendo esplicite le premesse di fondo, di un multilateralismo non utopico né ignaro delle esigenze di efficienza ed effettività dei meccanismi decisionali, ma fortemente sbilanciato a favore di inevitabili nuovi equilibri e nuove modalità di governance partendo da ciò che di positivo le istituzioni internazionali ci trasmettono.

Il Gruppo di Lecce si è per ora occupato di governance delle istituzioni di Bretton Woods, tralasciando invece le questioni degli strumenti e dei compiti delle due istituzioni, così come dei temi sostanziali delle scelte monetarie, finanziarie e dello sviluppo che esse dovrebbero attuare. Lo ha fatto perché crede che rafforzare la governance, e quindi la rappresentatività e la accountability, sia prerequisito perché tali istituzioni riacquisiscano centralità nell’economia mondiale. Inoltre, realizzare meccanismi efficaci e legittimi di governance potrà consentire alle due istituzioni ed ai loro membri di identificare strumenti e funzioni che possano meglio soddisfare sia i loro bisogni, sia le esigenze della modernità, ove metodi decentrati e flessibili possono essere perfettamente compatibili con una idea forte di multilateralismo.

Note

1.  Il G20 era in realtà formato, fin dalla sua creazione nel 1999, dai ministri delle finanze ed i governatori delle banche centrali dei paesi membri. Per la prima volta a novembre 2008 si sono riuniti i Capi di Stato e di Governo. Cfr. Declaration – Summit on Financial Markets and the World Economy – November 15, 2008.

2.  I lavori preparatori sono stati suddivisi in quattro macroaree, indicativamente relative a: i) miglioramento degli strumenti di regolazione e rafforzamento della trasparenza, ii) approfondimento della cooperazione internazionale e promozione dell’integrità dei mercati finanziari, iii) riforma del Fondo Monetario Internazionale, e iv) riforma della Banca Mondiale e altre banche multilaterali di sviluppo.

3.  Come noto, al momento solo il Sud Africa è rappresentato.

4.  Cfr. anche G20 Finance Ministers’ and Central Bank Governors’ Communiqué, March 14, 2009. Un summit dei paesi asiatici è previsto per Aprile successivamente a quello del G20.

5.  Il documento è in realtà in originale in inglese, è stato inviato a tutti i leader del G20, ai loro ministri delle finanze e governatori delle banche centrali, nonché ai membri del G24 ed alcuni siti che lo hanno ospitato. Esso può essere reperito anche nelle altre principali lingue straniere su www.isufi.unile.it. Il Gruppo di Lecce è infatti stato creato all’interno dell’ISUFI dell’Università del Salento.