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La giustizia civile in Italia: perché così inefficiente?

di e - 12 Marzo 2009
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2. Dove ricercare le cause? – La durata dei procedimenti può essere vista schematicamente come risultante della interazione tra la domanda di giustizia (intesa come insieme delle controversie per la cui risoluzione ci si rivolge al sistema giudiziario) e l’offerta (intesa come capacità del sistema di produrre decisioni che definiscono le controversie). Pertanto, semplificando in modo estremo l’approccio, l’eccessiva durata dei procedimenti può derivare o da un “eccesso di domanda” di giustizia ovvero da una “insufficienza” dell’offerta. Più precisamente, da un lato, è possibile che la domanda di giustizia che arriva ai tribunali sia troppo elevata rispetto a quanto sarebbe astrattamente “ottimale”. Poiché essa deve essere interamente soddisfatta, si può produrre – in assenza di risorse che si adattano continuamente a tali esigenze – un “intasamento” degli uffici giudiziari. Si tratta quindi di valutare l’ammontare della domanda ed eventualmente individuarne le determinanti. Dall’altro è possibile che le risorse allocate (finanziarie, umane) siano inadeguate, organizzate in modo inefficiente (in termini di dimensione dei singoli uffici, di specializzazione, di utilizzo delle tecnologie, di “struttura del rito” utilizzato) o – nel caso di quelle umane – non ricevano incentivi corretti rispetto agli obiettivi di durata e qualità delle procedure. E’ evidente che tutti questi fattori possono coesistere e interagire reciprocamente[3].

3. Siamo troppo “litigiosi”? – E’ assai complesso stabilire quale sia la domanda di giustizia “fisiologica” di un sistema. Sotto il profilo quantitativo è possibile confrontare il numero di procedure avviate in media in un anno in paesi simili per grado di sviluppo (rapportandolo ad esempio alla popolazione): è quanto viene fatto nel rapporto Cepej (2008), che mostra come – nel confronto con 45 paesi membri del Consiglio d’Europa – solo Russia e Olanda presentino un indicatore di “domanda” superiore a quello italiano: in Italia vi sarebbero infatti (nel 2006) 4.809 nuovi casi ogni 100.000 abitanti, contro i 2.673 della Spagna, i 2.672 della Francia, i 1.342 della Germania.
Una domanda così elevata può dipendere da molteplici fattori; tra questi, oltre ai costi di accesso alla giustizia che presentano notevoli difficoltà di misurazione e di confronto internazionale, rilevano la qualità della legislazione sostanziale e processuale, l’uniformità degli orientamenti giurisprudenziali, gli incentivi delle parti e dei professionisti.
Con riguardo ai primi due aspetti, è noto che la capacità di risolvere amichevolmente le liti si riduce all’aumentare dell’incertezza delle parti in merito alla decisione che prevarrà in giudizio. Una eccessiva quantità e/o cattiva qualità delle leggi prodotte e una troppo elevata variabilità nella interpretazione delle leggi, in quanto fattori che generano incertezza, accrescono la probabilità del ricorso in tribunale. Le informazioni disponibili segnalano per l’Italia problemi legati ad una produzione eccessiva di leggi; a mutamenti troppo frequenti delle regole e alla disorganicità e farraginosità degli interventi. Alla fine del 2007 lo stock di leggi vigenti ammontava a 21.691 in Italia, 9.728 in Francia (fine 2006) e 4.547 in Germania; negli ultimi 10 anni la produzione legislativa in Italia è stata quasi il doppio di quella della Francia e circa tre volte quella della Spagna. Una indagine condotta su 10 testi unici legislativi approvati in Italia nel periodo 1990-2005 mostra come in media in ciascun anno più del 10 per cento degli articoli dei testi di legge sia stato modificato (abrogazione, modifica e aggiunta)‏. Indicazioni circa il grado di uniformità nella interpretazione del diritto possono ricavarsi dall’analisi del numero dei ricorsi e degli esiti dei procedimenti dinnanzi alla Corte di Cassazione. Il confronto tra Italia, Francia e Germania segnala che, a fronte di una stessa percentuale di decisioni di accoglimento delle ragioni del ricorrente, il grado di oscillazione della giurisprudenza nel nostro paese risulta maggiore a causa del numero più elevato di ricorsi che ogni anno la Corte è tenuta ad esaminare, anche in conseguenza della mancanza di un sistema di filtro all’accesso (nel 2007 i ricorsi sopravvenuti dinnanzi alla Corte di cassazione sono stati 32.278 in Italia, 18.232 in Francia e 3.404 in Germania).
Per quanto riguarda il comportamento dei professionisti, i fattori maggiormente rilevanti sono le caratteristiche del mercato (e in particolare il numero di professionisti) e la struttura dei compensi. Sotto il primo profilo, la letteratura economica segnala come in mercati caratterizzati da asimmetrie informative (come quello dei servizi legali) i benefici della concorrenza possono essere limitati dai tentativi dei professionisti di salvaguardare i propri redditi stimolando una domanda per i propri servizi in eccesso rispetto agli interessi dei clienti. Gli incentivi a indurre la domanda sono più forti quando la struttura dei compensi non dipende dal risultato della prestazione, ma è determinata sulla base del carico di lavoro svolto. Per l’Italia vi sono evidenze che questi fattori possano aver svolto un ruolo significativo. Il numero degli avvocati è notevolmente più elevato che negli altri principali paesi: nel 2006, essi erano 290 per 100.000 abitanti, un numero inferiore solo a quello della Grecia (in Francia erano 76, in Germania 168). Analisi econometriche condotte su dati provinciali per il periodo 2000-05 suggeriscono l’esistenza di un nesso causale positivo tra elevato numero di avvocati (in rapporto alla popolazione) e litigiosità. La modalità di determinazione dell’onorario degli avvocati nel nostro paese, basata sul numero di atti redatti e udienze svolte, contribuisce a rafforzare tali incentivi e, più in generale, favorisce comportamenti dilatori degli avvocati nei processi[4].

Note

3.  Un’analisi dell’interazione tra i diversi fattori è contenuta in M. Bianco, S. Giacomelli, C. Giorgiantonio, G. Palumbo, B. Szego (2007), La durata (eccessiva) dei procedimenti civili in Italia: offerta, domanda o rito?, Rivista di Politica Economica, settembre-ottobre.

4.  Per un’analisi, anche econometria, della domanda di giustizia, si veda il lavoro di A. Carmignani e S. Giacomelli (2009), Too many lawyers? Litigation in Italian civil courts, mimeo, Banca d’Italia; si vedano anche i lavori di D. Marchesi.

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