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Su un manoscritto giuridico del Mille

di - 4 Marzo 2009
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E, ancora, perché e come, il manoscritto giunga a Perugia; soprattutto perché vi si fermi. Infine, come mai (ma potrebbe esser casuale) di un’opera certamente circolata sia sopravvissuto, a quanto sappiamo, solo questo esemplare. Se la Biblioteca del Capitolo non avesse conservato il volume, se esso non fosse stato recuperato alla conoscenza, nulla sapremmo della Summa Perusina.
Con un gioco di fantasia piace costruire un legame tra la nostra Università in formazione e il manoscritto.

Ho detto essenzialmente di suggestioni che un’opera di questo tipo sollecita: dilatazione temporale, forza evocativa. Spero si possa esserne intrigati, come me. O se il coinvolgimento non sia per mia insufficienza riuscito, che funzioni invece in un ‘contatto a tu per tu’. L’avere a che fare con la storia, che antichi testi come il nostro consentono in concreto, attenua la presunzione di sentirci punto d’arrivo. Ci immerge in un continuum discontinuo, ove siamo solo momento di un percorso: che comincia ben prima di noi, che proseguirà ben dopo di noi.
Voglio chiudere sul contenuto giuridico della Summa, in poche battute.
Ricorro a una parola che mi piace: i «forensi». L’ha inventata Gino Gorla per designare gli avvocati come i giudici, i notai come i più modesti operatori del diritto. Se di tanti (la maggioranza) non è possibile conoscere l’individualità, trascurare di considerarne l’apporto alla edificazione del giuridico darebbe una ricostruzione falsata della realtà.
Vi metto accanto un’altra parola che pure mi piace molto: «esperienza giuridica». La usa Riccardo Orestano, che non l’ha inventata ma mutuandola da altri l’ha ricreata. Serve per parlare di diritto considerandone ogni profilo: norme scritte quanto consuetudine, quotidiano operare degli uomini in rapporto tra loro così come riflessione della scienza sul fenomeno. L’intento è non escludere aprioristicamente niente di quanto, in qualsiasi angolo della terra e in qualsiasi epoca, sia, o sia stato, considerato “diritto”.
La Summa Perusina è strumento che consente di indagare l’esperienza giuridica della sua epoca, per capire tramite quali vie si venisse forgiando: anche grazie ai forensi.
Per farmi meglio intendere, ricorro alla mozione ufficiale che ho ricordato all’inizio.
Che il Codex, epitomato dalla Summa, appartenga (cito) ai «testi che hanno dato l’orditura e lo stampo alla vita ordinata delle nazioni» spiega certamente la straordinaria importanza della Summa: che aiuta infatti a ricostruirlo.
Non meno importante, peraltro, è che il compendio in sé sia (torno a citare) «traccia di quello strato profondo della esperienza giuridica, su cui nella varietà dei linguaggi» (e delle popolazioni) «poggia la più ampia unità dell’Europa e del mondo». Aggiungo: “traccia” di quella “esperienza” proprio nel suo farsi.
Sulla necessità/inevitabilità di un continuo adeguamento del diritto (“di giorno in giorno”, «cottidie») che ne consenta/garantisca il sussistere si pronunciava con chiarezza già nel secondo secolo d.C. il giurista Pomponio, legandone il compito al suo ceto (a chiunque di esso: «aliquis iuris peritus»). A tramandarlo – Pomponius libro singulari enchiridii, D. 1.2.2.13, «quod constare non potest ius, nisi sit aliquis iuris peritus, per quem possit cottidie in melius produci» – è nel sesto secolo Giustiniano nel suo Digesto: con pari consapevolezza di una condicio humani iuris che si muove senza sosta e in cui “non c’è nulla che possa rimaner fermo per sempre” («semper in infinitum decurrit et nihil est in ea, quod stare perpetuo possit», Tanta 18), ma affidandone la gestione al potere imperiale.
È in questa chiave di divenire (muta il contesto, mutano i problemi, mutano le soluzioni) che credo occorra guardare al nostro manoscritto.
Con i travisamenti, gli errori, le scelte (o gli involontari abbandoni) rispetto al testo originario del Codex Iustinianus – che al compendio sono imputati, che certo ci sono – la Summa Perusina testimonia del diritto nella vita degli uomini.
Il passato: un bagaglio troppo pesante che impaccia l’accesso al futuro, come è stato detto? O – piuttosto – non qualcosa che ‘ci portiamo appresso’, ma che invece  ‘s  i  a  m  o’ ?

Dicembre 2008 – Gennaio 2009

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