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Fiducia e mercati finanziari

di - 30 Gennaio 2009
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Parimenti interessante è accostare a queste teorie giuridiche quelle che hanno ricostruito i rapporti tra risparmiatori ed intermediari. Se la moneta bancaria è per definizione «fiduciaria», i rapporti di intermediazione finanziaria sono sovente costituiti come «rapporti fiduciari».

Sennonché il trust, da cui trae origine questo tipo di rapporto fiduciario (che si fonda sulla traduzione dell’espressione inglese nel suo senso generico, appunto come fiducia) è giuridicamente istituto originato in equity, che esprime la separazione della proprietà tra titolarità e godimento. In esso il rapporto tra il trustee ed il beneficiary va ben oltre quello di agenzia, né indica semplicemente patrimoni vincolati: si tratta di una condivisione di responsabilità nell’utilizzo del bene, rappresentata forse nel modo migliore e più incisivo dall’espressione «dual ownership». La “ownership” di qualcosa, fuori dal suo stretto significato giuridico di proprietà, significa molto di più di semplice possesso ed utilizzo di qualcosa, bensì paternità, responsabilità, impegno personale. E non è un caso che i diritti del beneficiary siano appunto sorti dalle corti in equity quale limite ai diritti at law del trustee che riceveva la titolarità del bene: l’essenza dell’istituto si fonda proprio sull’insita natura fiduciaria con cui avveniva il trasferimento, solo obbligo morale finché le corti non iniziarono a riconoscerlo quale obbligo giuridico. La fiducia risiede proprio nel fare affidamento sul vincolo anche se non imposto at law.

Eppure anche da queste premesse si è in parte allontanata la teoria giuridica attenta al mercato. E’ interessante, tra i possibili riferimenti, l’enorme corpus di dottrina che ancora oggi continua ad occuparsi della notissima sentenza Meinhard v. Salmon,[3] del lontano 1928, ove il giudice Cardozo espresse una definizione di obblighi fiduciari che si vuole distinguere dai rapporti che intercorrono tra investitori ed intermediari[4] o riassorbire nell’analisi economica del diritto[5]: «Molte forme di condotta che sono comunemente ammissibili e permissibili tra coloro che lavorano a stretto contatto, sono invece vietate tra coloro che sono uniti da un legame fiduciario. Un fiduciario è tenuto a qualcosa di più esigente della morale del mercato. Non solo l’onestà, ma il puntiglio dell’onore deve essere lo standard di condotta. … Solo in questo modo possiamo tenere il livello di condotta tra gli individui a un livello più alto rispetto al mero seguire la corrente della folla».[6]

La principale ragione del rifiuto sta nella convinzione che una ricostruzione su base fiduciaria che segua le logiche di Cardozo sia possibile solo in presenza di un rapporto individuale e personale. In un contesto spersonalizzato, la fiducia nell’integrità degli attori e conseguentemente nell’intero meccanismo va invece ricercata in paradigmi generali, regolazione e supervisione attraverso indici e standard comuni, codici di condotta che “internalizzino” l’obbligo altrimenti imposto, trasparenza che permetta una «informazione consapevole». Nella sostanza, la fiducia diviene funzionale all’efficienza del mercato: se l’investitore perde troppo tempo a verificare l’informazione perché non si fida, il mercato rallenta il suo corso.

Note

3.  Corte d’Appello di New York, 31 dicembre 1928, 249 N.Y. 458.

4.  Tra i più recenti, cfr. P. F. Hanrahan, Fiduciary Duty and the Market: Private Law and the Public Good, 2008

5.  Significativo anche il solo titolo dello scritto di N. L. Georgakopoulos, Meinhard v. Salmon and the Economics of Honor, 1998.

6.  In realtà il testo originale è semanticamente molto più ricco: «Many forms of conduct permissible in a workaday world for those acting at arm’s length, are forbidden to those bound by fiduciary ties. A trustee is held to something stricter than the morals of the marketplace. Not honesty alone, but the punctilio of an honor the most sensitive, is then the standard of behaviour. … Only thus has the level of conduct for fiduciaries been kept at a level higher than that trodden by the crowd» (464)

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