L’azione risarcitoria (individuale e collettiva) nei confronti della P.A.: uno strumento (anche) per l’efficienza dell’azione amministrativa?

Sommario: 1. Premessa – 2. L’efficienza della Pubblica Amministrazione: rimedi Ex Ante e Ex Post – 3. Le riforme della Pubblica Amministrazione in alcuni paesi europei – 4. Le riforme in Italia.
Cristina Giorgiantonio [*]

1. Premessa

Negli ultimi dieci anni si è assistito ad un progressivo ampliamento dell’ambito della tutela risarcitoria nei confronti della pubblica amministrazione (P.A.). A partire dalla storica sentenza del 22 luglio 1999, n. 500, delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, sono stati numerosi gli interventi,sia sul piano regolamentare sia su quello giurisprudenziale, volti a consentire il ristoro del pregiudizio (eventualmente) subito dal privato a causa dell’illegittimità dell’azione amministrativa [1].

Quest’evoluzione sembra aver trovato un ulteriore tassello nell’art. 36 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito nella l. 6 agosto 2008, n. 133 che, nel motivare il rinvio dell’entrata in vigore della disciplina relativa all’azione collettiva risarcitoria (art. 140bis del Codice del consumo), si riferisce espressamente all’obiettivo di individuare e coordinare specifici strumenti di tutela risarcitoria collettiva (anche) nei confronti delle pubbliche amministrazioni[2].

Tale trend, se risponde certamente ad esigenze di giustizia sostanziale (distributiva), che impongono di assicurare adeguata tutela, anche sul versante risarcitorio, alle pretese dei singoli nei confronti dell’amministrazione, desta perplessità laddove (come pure sembra doversi desumere) le finalità siano (anche) quelle di migliorare l’efficienza del settore pubblico e la qualità dei servizi resi ai cittadini, attraverso l’efficaciadeterrente del rimedio ex post.

Non si dimentichi che, proprio in Italia, la recente esperienza della legge Pinto (l. 24 marzo 2001, n. 89) ha dimostrato come non sia sufficiente prevedere il risarcimento dei danni (nella specie, per l’eccessiva durata dei processi) per garantire un migliore funzionamento delle strutture. Infatti, anche dopo l’entrata in vigore della legge de qua, da un lato, la durata dei giudizi non ha subito riduzioni[3]; dall’altro, il contenzioso instaurato dai soggetti interessati ad ottenere la “riparazione” prevista dalla legge ha conosciuto un trend crescente, diventando una delle voci di spesa più significative (ed una delle cause principali di indebitamento) del Ministero della giustizia[4].

Nel prosieguo della trattazione si tenta, pertanto, di svolgere alcune riflessioni relative alle condizioni al ricorrere delle quali l’introduzione di rimedi ex post (individuali o collettivi) possa efficacemente perseguire tali (ulteriori) finalità. L’indagine è così articolata: nel secondo paragrafo si sintetizzano alcune delle indicazioni della teoria economica in tema di responsabilità civile e di efficienza delle pubbliche amministrazioni; nel terzo si forniscono prime indicazioni circa l’impiego di rimedi ex post (in particolare, azioni risarcitorie) e/o ex ante (incidenti sui processi organizzativi e sulla partecipazione dei cittadini all’azione amministrativa) come strumenti per migliorare la performance della P.A. in alcuni Paesi europei; nel quarto si delineano i tratti fondamentali delle riforme realizzate in Italia e le attuali tendenze de iure condendo.

* Banca d’Italia Servizio Studi di Struttura Economica e Finanziaria Divisione Economia e Diritto. Email: cristina.giorgiantonio@bancaditalia.it Le opinioni espresse sono di esclusiva responsabilità dell’autrice e non impegnano in alcun modo la Banca d’Italia.

2. L’efficienza della pubblica amministrazione: rimedi ex ante ed ex post.

I risultati raggiunti dalla letteratura economica mostrano come la tutela giurisdizionale (in particolare, risarcitoria) non sia da sola sufficiente ad arginare le disfunzioni dell’apparato amministrativo e a promuoverne l’efficienza, dovendo essa necessariamente accompagnarsi a riforme di carattere strutturale e organizzativo che incentivino ex ante l’adozione di pratiche virtuose da parte degli uffici pubblici.

Infatti, l’azione risarcitoria (specie se collettiva) può determinare effetti distorsivi, legati al fatto che gli obiettivi tradizionalmente sottesi all’istituto della responsabilità civile, come elaborati dalle teorie di Law & Economics[5], non sembrano, in linea generale, trovare piena rispondenza nel caso della P.A. In particolare, poiché l’azione amministrativa non ha obiettivi di conseguimento del profitto (almeno come tradizionalmente inteso), può risultare attenuata la portata deterrente del risarcimento[6].

Inoltre, in presenza di illeciti diffusi, il costo del risarcimento imposto alla P.A. finirebbe, comunque, per gravare sui cittadini, sotto forma di maggiori tasse o di minori erogazioni, piuttosto che sul bilancio dell’ente responsabile. Sicché anche la finalità di neutralizzazione dell’evento per i danneggiati resterebbe in parte frustrata, posto che anch’essi sopporterebbero pro rata il costo pubblico del risarcimento. Quest’ultimo aspetto assume particolare rilevanza proprio in presenza di strumenti di azione risarcitoria collettiva, ove l’entità dell’esposizione della P.A. rispetto a condotte plurioffensive, potrebbe avere significativi impatti sui bilanci dello Stato o delle amministrazioni locali, sì da ridurre i benefici del risarcimento.

Sotto altro profilo, una forte accentuazione della responsabilità civile del dipendente pubblico, se da un lato può costituire uno stimolo verso un più efficiente svolgimento delle funzioni pubbliche, dall’altro può addirittura scoraggiare condotte virtuose, potendo generare (ove non controbilanciata dall’introduzione di un sistema di premi sufficientemente generoso) eccessi di deterrenza dettati dal timore delle conseguenti responsabilità. Essa, inoltre, rischia di rimanere lettera morta a fronte di ritardi e disservizi direttamente riconducibili a disfunzioni di natura organizzativa, non imputabili come tali al singolo operatore (o comunque idonei ad affievolirne il coinvolgimento).

Anche e proprio in ragione dei limiti di un sistema di incentivi basato esclusivamente su rimedi di natura ex post, un recente filone di letteratura[7], sviluppando – seppur in chiave critica – alcune premesse del c.d. New Public Management (NPM)[8], sottolinea l’esigenza di rafforzare la tutela ex ante degli interessi dei cittadini, ridefinendo il ruolo della P.A. nei confronti di questi ultimi, favorendone l’acquisizione di un atteggiamento non più passivo, ma attivo e partecipativo rispetto alla organizzazione e alla fornitura di servizi pubblici.

Si auspica, in particolare: i) l’introduzione di adeguati meccanismi di voice e di estesi poteri informativi a favore dei consumatori/utenti della prestazione amministrativa; ii) l’orientamento ai risultati (anche attraverso l’introduzione di incentivi correlati alla performance); iii) l’acquisizione di livelli di adeguata professionalità da parte dei dipendenti pubblici; iv) un monitoraggio costante dell’attività, con controlli di qualità affidati ad organismi esterni o agenzie indipendenti (il cui funzionamento preveda il coinvolgimento dei cittadini); v) la creazione di sistemi di denuncia e di segnalazione prodromici all’adozione di meccanismi correttivi in caso di disservizi; vi) l’ampio ricorso all’e-government.

Tutto ciò dovrebbe costituire una spinta in direzione dell’efficienza, oltre che favorire una maggiore attenzione ai bisogni dei cittadini. In effetti, anche l’analisi empirica [9] ha da tempo messo in luce un significativo miglioramento della performance delle amministrazioni locali in connessione con il riconoscimento, in favore dei cittadini, di ampie garanzie di partecipazione procedimentale e incisivi poteri di denuncia di eventuali inefficienze. Studi più recenti[10] segnalano, infine, la considerevole entità delle economie realizzabili dalle pubbliche amministrazioni, in relazione al possesso di più elevati requisiti di professionalità da parte dei loro dipendenti.

3. Le riforme della pubblica amministrazione nei principali Paesi europei.

Le indicazioni provenienti dalla letteratura economica sembrano trovare conferma sia nelle iniziative esistenti a livello comunitario, sia nelle scelte di politica legislativa di altri Paesi europei, laddove i) la previsione dello strumento dell’azione risarcitoria (in particolare, di natura collettiva) come argine alle disfunzioni dell’apparato amministrativo ricorre in via del tutto marginale; ii) i miglioramenti nell’efficienza del settore pubblico e il rafforzamento della tutela dei cittadini tendono ad essere perseguiti con strumenti di altra natura, primariamente incidenti sull’organizzazione e lo svolgimento dell’attività amministrativa.

Il rimedio individuale, infatti, è essenzialmente preordinato al perseguimento di esigenze di giustizia sostanziale e – anche sulla scorta dell’orientamento comunitario[11] – ancorato a parametri specificamente individuati e circoscritti, quali i) la non esperibilità (incolpevole) di rimedi di altra natura (ad esempio, demolitoria); ii) l’illiceità del comportamento dell’istituzione; iii) l’esistenza di un danno effettivo e di un nesso di causalità fra tale danno e il comportamento dell’istituzione.

Inoltre, nonostante la (pur ampia) diffusione dello strumento della class action nei Paesi europei (si considerino, a titolo esemplificativo, la legge portoghese sulle acçao popular del 1995; il Group litigation inglese del 2000; la Ley de enjuiciamento civil spagnola del 2000; la Grupprattegang svedese del 2002; il Kapitalanleger-Musterverfahren tedesco del 2005, la Wet Collectiere Afwikkeling Massaschade olandese del 2005; la Ryhmäkannelaki finlandese del 2007), la legittimazione passiva dell’azione è comunque limitata, in via generale, ad enti privati, con l’esclusione dell’esperibilità del rimedio a tutela di pretese risarcitorie nei confronti della pubblica amministrazione[12].

Il confronto con le riforme della P.A. realizzate in Europa mostra (invece), da un lato, il ricorso a modelli e procedure organizzative basate sull’introduzione di incentivi legati alla performance, sull’adozione di standard qualitativi e sulla verifica del loro rispetto [13]; dall’altro, più di recente, l’introduzione di regole volte ad assicurare maggiore trasparenza nella performance delle singole pubbliche amministrazioni nei confronti dei cittadini, anche tramite migliori garanzie di partecipazione procedimentale, e la valorizzazione del c.d. e-government [14].

In tal senso, appare significativo il caso del Regno Unito, dove – a partire dai primi anni ’90 – è stato avviato un processo di riforma della pubblica amministrazione (relativo, in particolare, ai servizi pubblici locali), basato: i) sull’adozione di sistemi di controllo interno[15] e sul confronto nei modelli di gestione tra le varie pubbliche amministrazioni; ii) sull’adozione di incentivi legati alla performance e all’acquisizione di adeguati livelli di professionalità[16]; iii) sull’introduzione di un sistema di c.d. strategic management[17]; iv) sul riconoscimento di incentivi ai fornitori di pubblici servizi perché soddisfino le esigenze degli utenti e su una maggiore disclosure nei confronti del pubblico relativa alla performance. Negli ultimi anni, questi ultimi due obiettivi sono stati ritenuti prioritari dal Governo e perseguiti con particolare incisività[18].

Le riforme del settore pubblico realizzate nei Paesi scandinavi (in particolare, Svezia, Finlandia e Danimarca) – che si segnalano per elevati livelli di efficienza della pubblica amministrazione – sono state parimenti volte ad introdurre: i) sistemi di responsabilizzazione e di valutazione del personale legati al merito, ii) misure di semplificazione e modelli di egovernment; iii) maggiore trasparenza informativa e strumenti di contatto con i cittadini (quali Ombudsman per reclami e denunce)[19].

Anche la Germania ha attuato numerose riforme nel settore pubblico, assicurando la partecipazione dei cittadini alla vita amministrativa del Paese (anche attraverso la valorizzazione dello strumento dell’Ombudsman) e un ampio ricorso all’e-government [20] é, inoltre, diffuso il confronto nei modelli di gestione tra le varie pubbliche amministrazioni, con l’obiettivo di promuovere la diffusione di best practice di settore e di procedere all’armonizzazione di standard, riducendo (inoltre) i costi che le singole P.A. dovrebbero altrimenti sostenere per reperire le competenze necessarie e, nel medio periodo, favorendo la diffusione di tale know how[21]. In un’analoga direzione si sono rivolte le riforme realizzate nei Paesi Bassi, i)introducendo indicatori di performance; ii) rafforzando i controlli (interni ed esterni) nelle pubbliche amministrazioni; iii) valorizzando il ricorso a strumenti di e-government; iv) assicurando una maggiore trasparenza informativa per i cittadini relativamente alla performance delle pubbliche amministrazioni[22].

4. Le riforme in Italia

Diversamente, in Italia, il rafforzamento della tutela risarcitoria nei confronti della P.A. non sembra andare di pari passo rispetto a riforme di tipo strutturale e organizzativo, sufficientemente orientate al perseguimento ex ante dell’adozione di pratiche virtuose da parte degli uffici pubblici.

Ciò induce a valutare con cautela l’adeguatezza delle misure risarcitorie di recente proposte rispetto agli obiettivi di efficienza loro (esplicitamente) sottesi. Questo a prescindere, poi, dall’impatto che simili rimedi potrebbero avere sui conti pubblici, considerate le inefficienze che affliggono la nostra P.A.; nonché dall’aggravio di carico che essi potrebbero determinare per l’apparato giurisdizionale, in un contesto come quello italiano, caratterizzato da elevata litigiosità, con rischio di ulteriore ingolfamento e paralisi.

Infatti, nonostante le riforme realizzate dal legislatore italiano negli ultimi quindici anni abbiano introdotto misure sempre più orientate ad una gestione per risultati[23], mancano ancora significativi interventi sul piano dei modelli organizzativi, dei controlli della prestazione e della ridefinizione (in termini di reciproca cooperazione) dei rapporti con i cittadini-utenti[24].

Né appaiono dirimenti, in tal senso, le modifiche (di recente) recate con la l. 133/2008, che – seppure ispirate a logiche di maggiore efficienza hanno principalmente interessato le regole sulle assenze per malattia e la riduzione dei permessi sindacali e dei distacchi, eludendo (di fatto) gli aspetti sostanziali del problema.

Di maggiore interesse, sotto questo profilo, appaiono due disegni di legge (d’iniziativa governativa), attualmente all’esame del Parlamento: i) AS 1082, cit., contenente disposizioni (anche) in materia di efficienza dell’azione amministrativa; ii) AS 26 giugno 2008, n. 847 (Brunetta e Tremonti), approvato dal Senato (con modificazioni) il 18 dicembre 2008, contenente la delega al Governo finalizzata all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e all’efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e alla Corte dei conti.

In particolare, quest’ultimo si propone un complessivo riordino del pubblico impiego attraverso (tra l’altro): i) l’introduzione di sistemi interni ed esterni di valutazione del personale e delle strutture amministrative, finalizzati ad assicurare l’offerta di servizi conformi agli standard internazionali di qualità; ii) l’individuazione di indicatori di produttività correlati al rendimento individuale e al risultato conseguito dalle strutture[25]; iii) la previsione di forme di pubblicità e trasparenza degli indicatori e delle valutazioni; iv) la riforma della dirigenza pubblica, con specifico riferimento ai meccanismi di selezione, ai compiti e alle responsabilità; v) il coinvolgimento attivo dei cittadini, (anche) attraverso l’istituzione di meccanismi di denuncia e di segnalazione, finalizzati all’individuazione di disservizi.

Inoltre, dispone l’introduzione, per i casi (ad esempio) di violazione di standard qualitativi ed economici che comportino la lesione di interessi giuridicamente rilevanti per una pluralità di utenti o consumatori, di un’azione, individuale e collettiva, nei confronti della P.A. svincolata da un’ottica risarcitoria, che comporti: i) l’adeguata pubblicità del procedimento; ii) l’avvio delle procedure relative all’accertamento di eventuali responsabilità dirigenziali; iii) nei casi più gravi, il commissariamento della struttura.

Nonostante la valorizzazione della tutela ex ante dei cittadini e la condivisibilità di numerose misure, volte ad allinearci a quanto già realizzato con successo in altri ordinamenti europei, non mancano ancora una volta aspetti di criticità. Si tratta, in primo luogo, di disposizioni di delega legislativa che, al di là delle dichiarazioni di principio, dovranno in ogni caso scontare la concreta attuazione che sarà loro data dai decreti governativi. Inoltre, vi è il rischio di introdurre una forte parcellizzazione tra i vari comparti della P.A., applicandosi numerose norme al solo sistema delle amministrazioni centrali: il che contraddice la stessa volontà dichiaratamente espressa di elevare gli standard di servizio ai cittadini utenti, dato che la maggior parte dei servizi sono erogati dalle amministrazioni locali.

Ancora, la questione dell’aumento della produttività delle P.A. e della qualità del servizio da esse offerto sembra principalmente affrontata in relazione alle performance individuali, a discapito della (pure prevista) revisione dei modelli organizzativi, necessaria per una amministrazione moderna. Infine, non sembra adeguatamente esplorato l’aspetto delle politiche di formazione e degli incentivi all’acquisizione di più elevati livelli di professionalità da parte dei dipendenti pubblici, che pure sembrano giocare tanta parte nel miglioramento dei servizi all’utenza[26].

Se l’obiettivo è una maggiore efficacia dell’azione amministrativa, tali profili dovranno essere affrontati. Miglioramenti significativi potranno (in buona misura) discendere da interventi sinergici che, incidendo sull’efficienza ex ante, permettano di non rendere il ricorso al rimedio risarcitorio la regola, restituendogli la sua (naturale) connotazione residuale.

Materiali collegati:

Note

1. Cfr. la l. 21 luglio 2000, n. 205, con la quale, intervenendo sul processo amministrativo, è stata prevista (tra le altre cose) la possibilità per il giudice amministrativo di disporre, (se del caso) anche in forma specifica, il risarcimento del danno ingiustamente arrecato dalla P.A. (art. 7); C. Cost. 6 luglio 2004, n. 204, Foro it., 2004, I, 2594, con cui il Giudice delle leggi ha espressamente riconosciuto la rispondenza ai dettami costituzionali della possibilità accordata al giudice amministrativo di conoscere (anche) delle questioni relative all’eventuale risarcimento del danno.

2. Si segnala, inoltre, che è stato approvato dalla Camera (8 ottobre 2008) ed è attualmente all’esame del Senato un disegno di legge (AS 1082), che prevede una specifica disciplina in relazione al risarcimento (da parte delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative) del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento (art. 5). Cfr. Servizio Studi del Senato, Schede di lettura. Disegno di legge A.S. n. 1082 “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile”, Ottobre 2008, n. 50.

3. Cfr., M. BIANCO – S. GIACOMELLI – C. GIORGIANTONIO – G. PALUMBO – B. SZEGO, La durata (eccessiva) dei procedimenti civili in Italia: offerta, domand o rito?, in Rivista di politica economica 2007, anno XCVII, fasc. IX-X, 3.

4. Il contenzioso in materia è costato negli ultimi cinque anni circa 41,5 milioni di euro, di cui 17, nel solo 2006. Alla fine del 2006, lo stock di procedimenti in corso per l’equa riparazione per la violazione del termine ragionevole del processo è stato pari a 20.390 procedimenti. Nello stesso anno, i giudizi iscritti risultano pari a 20.560 procedimenti, con un incremento rispetto a quelli iscritti nel 2005 di circa il 70%. Cfr. Commissione Tecnica per la Finanza Pubblica, Rapporto intermedio sulla revisione della spesa, Dicembre 2007.

5. Tali teorie individuano due principali ragioni giustificative dell’istituto della responsabilità civile. Esso, da un lato, imponendo agli autori di condotte dannose di risarcire i danni subiti dalle vittime, alloca in capo agli stessi i costi sociali di tali condotte, così da promuovere livelli efficienti di investimento nell’adozione di misure di prevenzione (cfr. G. CALABRESI, The Costs of Accidents: A Legal and Economic Analysis, New Haven, 1972; S. SHAVELL, Economic Analysis of Accident Law, Cambridge, 1987). Dall’altro, mira a ripristinare l’originaria curva di utilità della persona danneggiata, trasferendo in capo al danneggiante le conseguenze patrimoniali dell’evento, sì da rendere la posizione della vittima indifferente rispetto alla realizzazione della condotta dannosa. V. R. COOTER U. MATTEI P. G. MONATERI R. PARDOLESI T. ULEN, Il mercato delle regole. Analisi economica del diritto civile, Bologna, 1999, 367); P. CIOCCA – I. MUSU (a cura di), Economia per il diritto, Torino, 2006, 159.

6. Cfr. J. LEVINSON, Making Government Pay: Market, Politics and the Allocation of Constitutional Costs, in U. Chi. L. Rev., 2000, vol. 67, 345355. Secondo l’Autore, “When the political cost of diverting public resources to loss prevention is sufficiently high, government will not make the investment even if when it is economically justified. As a result, tort liability cannot be expected to promote efficient governmental investment in loss prevention”. Sulla stessa linea, v. L. KAPLOW, Transition Policy: A Conceptual Framework, in J. Contemp. Legal Issues, 2003, vol. 161, 19295; E. J. MANDEREY, Efficiency Considerations of Compensating the Wrongfully Convicted, in Crim. L. Bull., 2005, vol. 41, 28789. Cfr., inoltre, D. C. MUELLER, Public Choice III, Cambridge, 2006, 359.

7. C.d. Open Government e Digital Era Governance. Cfr. OECD, Public Sector Modernisazation: Open Government, Policy Brief, 2005; P. DUNLEAVY H. MARGETTS S. BASTOW J. TINKLER, Digital Era Governance: IT Corporations, the State and EGovernment, Oxford, 2006; OECD, Towards Better Measurement of Government, Working paper, 2007.

8. Su cui cfr. A. GRAY – B. JENKINS, From public administration to public management: reassessing a revolution?, in Public Administration, 1995, vol. 73, 7599; P. W. INGRAHAM, Reinventing the American federal government: reform redux or real change, id., 1996, vol. 74, 453475; K. YOUNG, Reinventing local government? Some evidence assessed, id., 347367. Secondo tale filone di pensiero, la razionalizzazione del settore pubblico e la sua reimpostazione in chiave di efficienza richiedono primariamente di intervenire sugli aspetti organizzativi e gestionali, che a loro volta dovrebbero essere improntati quanto più possibile a canoni di tipo manageriale. Il modello proposto dalla Digital Era Governance, pur basandosi su alcune premesse proprie del NPM (relative – in particolare – alla necessità di una partecipazione attiva da parte dei cittadini alla vita amministrativa del Paese), se ne discosta per numerosi aspetti, in quanto: i) afferma la centralità del controllo statale su una serie di competenze ritenute strategiche (ad esempio, negli USA la sicurezza aeroportuale dopo l’11 settembre), attenuando in maniera significativa l’importanza dell’adozione di modelli mutuati dal settore privato; ii) sottolinea la necessità di un ampio ricorso all’e-government per migliorare la governance del settore pubblico

9. Cfr. J. M. KELLY D. SWINDELL, A Multiple_indicator Approach to Municipal Service Evaluation: Correlating Performance Measurement and Citizen Satisfaction across Jurisdictions, in Public Admnistration Review, 2002, vol. 62, 610-621.

10. Cfr. O. BANDIERA – A. PRAT – T. VALLETTI, How Much Public Money Is Wasted, and Why? Evidence from a Change in Procurement Law, in corso di pubblicazione su American Economic Review, 2008.

11. Cfr. Corte di Giustizia 1o aprile 1993, causa C25/91; 26 febbraio 1986, causa 175/84. Più di recente, Tribunale di primo grado 17 ottobre 2002,causa T180/00. V., anche, G. TESAURO, Diritto comunitario, Padova, 2005, 250 ss.

12. Cfr. A. GIORGETTI – V. VALLEFUOCO, Il contenzioso di massa in Italia, in Europa e nel mondo, Milano, 2008; Atti del Convegno, The Globalization of Class Actions, 1214 dicembre 2007, disponibili su www.law.stanford.edu.

13. Cfr. E. VIGODA, From Responsiveness to Collaboration: Governance, Citizens and the Next Generation of Public Administration, in Public Admnistration Review, 2002, vol. 62, 527540; L. RECASCINO WISE, Public Management Reform: Competing Drivers of Change, in Public Admnistration Review, 2002, vol. 62, 555-567.

14. Cfr. P. DUNLEAVY H. MARGETTS S. BASTOW J. TINKLER, op. cit.; OECD, Public Sector Modernization: Open Government, cit. Cfr., inoltre, lo studio Decentralisation and Accountability Study, Vienna University/EIPA 2006, che attribuisce un ruolo centrale proprio all’egovernment e alla trasparenza ai fini della modernizzazione del settore pubblico.

15. Fin dai primi anni ‘90 le amministrazioni locali inglesi devono fornire un serie di indicatori di performance al National Audit Office (cfr. D. GREILING, Performance Measurement – a driver for increasing the efficiency of public service?, Working Paper, 2005). Inoltre, nel 2001 è stata costituita la Prime Minister’s Delivery Unit (PMDU), nell’ambito del Dipartimento del Tesoro, con il compito di contribuire al miglioramento dei servizi pubblici attraverso l’individuazione dei principali fattori di criticità e di possibili correttivi. Essa riferisce al Primo Ministro e al Cancelliere congiuntamente, einteragisce con vari altri dipartimenti governativi (Salute, Lavori, Trasporti, ecc.: cfr. J. F. KELMAN, Organization Design and Frontline Service Improvement in Government: The Case of Performance Targets in the United Kingdom, Working Paper, 2006).

16. Cfr., per la Gran Bretagna, il Rapporto Efficiency in Civil Government Procurement, Luglio 1998.

17. Cfr. il British Local Government Act del 2000, che richiede a tutte le amministrazioni locali di predisporre strategie per promuovere e migliorare il benessere economico e sociale nelle loro aree e per contribuire allo sviluppo sostenibile nel Regno Unito.

18. Cfr. HM Treasury, Meeting the productivity challenge, Discussion Paper, 2003, che sottolinea, peraltro, l’importanza di una chiara strategia di lungo periodo, volta al perseguimento di obiettivi specifici, e dell’attribuzione di una maggiore autonomia ai fornitori di pubblici servizi, bilanciata dagli standard qualitativi da rispettare e da adeguati meccanismi di governance. Si segnala, inoltre, l’ampio ricorso al partenariato pubblico-privato (PPP).

19. Cfr. L. RECASCINO WISE, op. cit.; OECD, Public Sector Modernisazation: Open Government, cit.

20. Cfr. OECD, Public Sector Modernisazation: Open Government, cit.; Federal Republic of Germany. Public Administration Country Profile, February 2006.

21. Cfr. D. GREILING, op. cit.

22. Cfr. M. P. VAN DER HOEK, Accrual-Based Budgeting and Accounting in the Public Sector: the Dutch Experience, Working Paper, 2007; H. J. TER BOGT, New Public Management and management changes in Dutch local government: some recent experiences and future topics, Working Paper, 2006. Si segnala, inoltre, l’ampio ricorso al PPP.

23. In tale ottica vanno lette, oltre alla legge sul procedimento amministrativo (l. 7 agosto 1990, n. 241, in particolare artt. 4 e ss., che hanno introdotto la figura del responsabile del procedimento), la riforma degli enti locali (l. 8 giugno 1990, n. 142, ora d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267), la riforma del pubblico impiego (d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, ora d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165), la riforma sulla dirigenza pubblica (l. 15 luglio 2002, n. 145 che, modificando il d.lgs. 165/2001, ha affidato alla figura dirigenziale la gestione dell’attività pubblica, riservando agli amministratori solo le funzioni di indirizzo e di controllo, e ha introdotto forme di responsabilità di risultato con riflessi sulla carriera: cfr. art. 21).

24. Un primo passo, tuttavia non decisivo, nella direzione del miglioramento della qualità dei servizi nel rapporto con gli utenti è stato compiuto con le disposizioni relative alla Carta dei Servizi pubblici (cfr. Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 gennaio 1994; d.l. 11 gennaio 1995, n. 273; l. 15 marzo 1997, n. 59). Tra le principali critiche al funzionamento dell’istituto, vi è quella che sarebbero mancate negli anni successivi una regia ed un coordinamento delle iniziative dei diversi enti nei riguardi della Carta dei Servizi, nonché una valutazione dei risultati raggiunti ed un’adeguata informativa ai cittadini. Cfr. G. RAISS, Un sistema Quali à per la Pubblica Amministrazione, Quaderni AIPA, Novembre 2000, n. 5, 140.

25. Unita all’istituzione, in posizione autonoma e indipendente, di un organismo centrale, che operi in collaborazione con il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e con il Dipartimento della funzione pubblica, con compiti di validazione dei sistemi di valutazione delle singole P.A. edi indirizzo nell’esercizio della valutazione.

26. Cfr. O. BANDIERA – A. PRAT – T. VALLETTI, op. cit.