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Una nuova economia per il diritto. Alcune riflessioni sulla legge

di - 5 Dicembre 2008
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8. Si può così tornare al tema da cui si sono prese le mosse: che cosa conduce ad osservare la legge e a tradurla in diritto? Sembra a noi che le riflessioni fin qui svolte possano condurre ad alcune considerazioni ulteriori.

La prima è certamente che si deve fare chiarezza su un punto pregiudiziale e sostanziale al tempo stesso. Quando si parla di “legge” e della sua esecuzione non si può fare riferimento alla legge come istituto generale, come cioè all’indistinto frutto della “funzione legislativa, esercitata collettivamente dalle due camere”, secondo le parole dell’art. 70 della nostra Costituzione. Legge è tanto l’atto, nato dall’esercizio della funzione legislativa da parte delle camere, con cui si approva il bilancio, quanto quello che ratifica un trattato internazionale o disciplina la cittadinanza o qualunque altra cosa. Per il discorso che si va facendo, le leggi devono essere considerate nella loro individualità, se così si può dire, in quanto cioè mirano a dettare uno specifico ordine nella comunità, disciplinando comportamenti concreti: per fare un esempio banale, quelle che disciplinano l’attività edificatoria e tutelano il patrimonio artistico – o pongono limiti di velocità. Straordinario rilievo hanno naturalmente le leggi penali: con esse infatti si vogliono ottenere certi comportamenti virtuosi prevedendo di punire con pene di ogni genere i comportamenti opposti.

La seconda considerazione deriva in un certo senso dalla prima. Non si può mai parlare genericamente di legge, neppure con riguardo a quelle che mirano a disciplinare comportamenti concreti. Ogni legge va vista nella sua specificità, nei risultati cui mira in un dato contesto normativo e di fatto. In relazione a questi n quadri di riferimento – a ciascuno di essi ed ai suoi protagonisti – si pone il problema di come la legge si trasformi in diritto, da regola di comportamento in comportamento regolato. Questo accade, si può ben dire, solo se si è radicato il convincimento che non si può vivere associati se una legge, due leggi, n leggi – per ciascuno le sue – non vengono osservate. Il modello ideale è l’anonimo cittadino tedesco che nel 1943 aveva disperatamente cercato l’ufficio postale presso cui pagare l’abbonamento alla radio, incapace di rassegnarsi al fatto che i bombardamenti lo avessero reso inadempiente di un’obbligazione che riteneva fondamentale.

La terza considerazione è che, da questo momento ideale (e logico) in poi, ogni riflessione deve essere empirica: deve cioè avere ben chiaro il risultato da perseguire, e studiare in concreto quali sono gli strumenti per perseguirlo di volta in volta. Merita riflettere brevemente su un paio di casi. Il primo è un esperimento fallito solo perché abbandonato. Qualche anno fa vennero concesse detrazioni fiscali a chi faceva lavori di manutenzione a casa propria, a qualunque titolo detenuta. Ad onta delle complesse procedure prescritte (previa comunicazione ad un certo ufficio, pagamento solo mediante bonifici, etc.), l’adesione fu vastissima. È pacifico che lo Stato abbia riscosso un po’ meno per Irpef e simili dai proprietari. Ma chi ha mai dedicato un minuto a pensare all’entità delle prestazioni pagate in nero che così erano venute alla luce e che alla luce sarebbero rimaste? Con tutto il rispetto per non sappiamo chi, una tipica miopia ha impedito che, grazie ad un beneficio personale, si instaurasse una consuetudine benefica.

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