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Nuova normativa di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D. Lvo 9 aprile 2008 n.81)

di - 5 Dicembre 2008
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Il D. Lgs. n. 81 del 2008, rimanendo fedele allo spirito della legge delega e pur non apportando peculiari innovazioni al testo sopra riportato, ha introdotto delle migliorie, sotto il profilo sia sostanziale sia letterale, che hanno consentito di evitare le contraddittorietà in cui si poteva incorrere in ragione della formulazione originaria.
In particolare, sotto il profilo della sanzione prevista al comma 1 dell’art. 25 – septies, vi era una evidente incongruità fra la lettera di tale disposizione (“si applica una sanzione pecuniaria non inferiore a mille quote”) e la previsione di cui all’art. 10 dell D. Lgs. n. 231 del 2001 (id est la norma generale che identifica la forbice entro la quale si riconosce la sanzione pecuniaria destinata agli enti) che individua proprio in mille il tetto massimo di quote che quest’ultima può raggiungere.
E’ evidente come il minimo della sanzione prevista per la responsabilità dell’ente in relazione ai reati di cui agli artt. 589 e 590, comma 3, c.p., venisse a coincidere con il tetto massimo fissato per la generalità delle sanzioni pecuniarie astrattamente irrogabili ai sensi del Decreto legislativo n. 231/2001.
La nuova formulazione dell’art. 25 – septies, ha introdotto, anzitutto, una diversificazione del regime sanzionatorio in virtù della diversa gravità dei delitti di omicidio e di lesioni ed ha, poi, con la nuova formulazione del comma 1, consentito di superare l’incongruenza sopra evidenziata, prevedendo (per la sola fattispecie di omicidio) una sanzione pecuniaria “in misura pari a 1.000 quote”.
Al comma secondo, poi, è stata effettivamente introdotta una previsione in termini di pena che consente una ulteriore graduazione della sanzione capace di far fronte alla varietà delle violazioni colpose che possono determinare l’evento di cui all’art. 589 c.p.
Sotto altro profilo, il nuovo art. 25 – septies, al primo comma, ha ulteriormente specificato il contenuto delle norme la cui violazione, seguita dall’evento lesivo tipizzato, risulta potenzialmente attributiva della responsabilità in capo alle persone giuridiche, mediante esplicito richiamo all’art. 55, comma 2, dello stesso decreto 231.
Quest’ultima norma, in realtà, è impropriamente indicata poiché la stessa non ha contenuto precettivo, in quanto contempla esclusivamente circostanze aggravanti delle contravvenzioni previste al comma 1 del medesimo articolo (omessa valutazione dei rischi ed omessa o incompleta valutazione del documento, nonché omessa nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione) e, tuttavia, l’indicazione delle specifiche violazioni colpose più duramente sanzionate, cui pure indirettamente si giunge attraverso il richiamo al citato comma 2, ha carattere innovativo oltre che, moderatamente, garantistico.
Va, in ogni caso, sottolineato che la violazione della norma di prevenzione rileva solo nella misura in cui la stessa assuma rilievo nella causazione dell’evento proprio del reato di omicidio colposo (o di lesioni), che rimane il vero reato – presupposto da cui può conseguire la responsabilità dell’ente.

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